Poggio al Calore, vent’anni di attesa ma li è valsi tutti

Nunc est Bibendum torna in irpinia per raccontarvi una giornata alla scoperta di nuove aziende e cosa vuol dire fare enoturismo. Ecco, Attilio Colucci è uno di quelli che lo ha capito benissimo.

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

La mattinata inizia bene: fermata sulla Caianello-Benevento e colazione con cappuccino e sfogliatella calda. Del resto ci aspetta una giornata durissima ed è quindi doveroso prepararsi bene.

La combriccola è sempre la stessa: enoappassionati, sommelier assortiti. (instagram e facebook ungrappolodivino sempre presente!) E povere compagne che ci sopportano e fanno finta di essere interessate. Ma in cuor loro pensano che è domenica e che potevano stare al mare. La vita è un compromesso, la prossima volta si va in spiaggia, oggi si beve! (vabbè che noi si beve anche in spiaggia…). (Leggi qui i tour di Marco Stanzione).

L’azienda agricola Poggio al Calore

Superato il Sannio e le distese di vigneti del Taburno ecco che ci accoglie l’Irpinia, territorio che ogni appassionato di vini dovrebbe visitare più volte possibile. Le aziende vitivinicole sono tantissime e la qualità è davvero elevata. Facile passare per queste zone e beccare una grande azienda.

Oggi però voglio parlarvi di un nome ancora sconosciuto al “grande pubblico” che però a mio avviso promette veramente bene.

Siamo a Luogosano, vicinissimi a Taurasi e ci dirigiamo verso l’azienda Poggio al Calore. Attività con una storia che inizia quasi vent’anni fa ma che si trova a fare la prima vendemmia solo nel 2019.

Attilio e la sfida dei primi acini

I vigneti irpini della zona di Taurasi

«Lo stabile dove ora c’è la cantina l’ho fatto costruire agli inizi degli anni 2000. L’intento già allora era quello di fare vini, poi alcune difficoltà logistiche non ci hanno permesso di andare avanti. L’azienda è stata rilevata da altri proprietari e solo all’inizio del 2019 l’abbiamo ripresa. Con l’intento stavolta di dar vita all’attività che abbiamo sempre voluto fare».

Così Attilio Colucci ci introduce nel mondo di Poggio al Calore, ci porta in giro per le vigne e parla di passato e futuro. «La prima vendemmia è stata una sorta di sfida per noi. Tanta era la voglia di ricominciare e di rimetterci in gioco che non abbiamo voluto aspettare. Abbiamo imbottigliato subito la 2019. Tutto impostato su un’agricoltura biologica e, ovviamente, sulle tipicità del territorio, per noi fondamentali».

L’aspetto che più mi ha colpito di Poggio al Calore è la progettualità verso la vinificazione e l’enoturismo. Di fronte la cantina c’è l’agriturismo La Contrada di Michele Pacilio, socio di Attilio. Gli eno appassionati possono passare una giornata intera per le vigne. E godere di bellissimi panorami, degustare ottimi vini e mangiare tipicità locali. Noi poi ci buttiamo a capofitto su giornate come queste, il nostro mare è giallo paglierino!

I vini, la coppia d’assi del 2019

La botti dell’azienda Poggio al Calore

Torniamo seri. Dopo il giro per le vigne Attilio ci ospita in una sala, dove ci attende una degustazione con i fiocchi. Allestimento con quattro calici, snack per abbinamento ed una sommelier a disposizione. Sommelier che ci spiega e ci racconta cosa andremo ad assaggiare.

Poggio al Calore ha iniziato la sua avventura con i vitigni autoctoni e non poteva essere altrimenti. Ma altri progetti sono in cantiere, per ora ci limitiamo ad assaggiare i risultati della prima vendemmia 2019. Mi hanno colpito due vini in particolare: Aglianico IGP Re e Asja Coda di Volpe IGP

Re Aglianico IGP, il cucciolo buono

Aglianico in purezza qui nella sua versione più diretta e minimale. Spesso, soprattutto qui in zona Taurasi, siamo abituati a prendere in considerazione l’Aglianico come un vino giustamente complesso. Complesso e con diversi anni già sul groppone.

Gli amanti di questo vino sanno benissimo però che può essere ottimo anche da “cucciolo”. Re è proprio questo, un Aglianico puro, profumato, agile ed essenziale. Rosso rubino con lievi venature porpora, al naso more e lamponi, in bocca denota già un buon corpo. Con tannino vivido ed una buona acidità. Equilibrio e bevibilità sono garantite.

Asja Coda di Volpe IGP, il gran giallo
Un calice del meraviglioso ‘Coda di Volpe’

Asja è la coda di volpe che vorrei sempre assaggiare, fresca, tagliente, minerale. Un bel colore paglierino, naso floreale ed agrumato, mela e pesca fanno capolino dopo qualche minuto. Questo quando diminuisce un po’ la temperatura. Al palato spicca una notevole acidità ma riesce ad essere anche morbido e concentrato. Diretto e schietto, equilibrato e discreta persistenza.

Dopo la degustazione, come detto, ci aspetta il pranzo in agriturismo. Lì continuiamo a bere i vini dell’azienda abbinandoli con le tipicità locali sapientemente cucinate dalla famiglia di Michele. Salumi e formaggi locali, primi fatti con pasta fatta in casa, funghi e patate del territorio e carni selezionate. Pietanze semplici ma legate indissolubilmente all’ Irpinia. Ideali per un percorso enogastronomico a chilometro zero nel vero senso della parola.

Se ne sono accorti anche molti astanti che non avevano affatto l’accento del sud Italia. E che dopo aver mangiato e bevuto se ne andavano con le bottiglie della cantina! Filiera completa.

Poggio al Calore è solo all’inizio del suo viaggio ma le basi sono più che buone. Degustazioni fatte come si deve, possibilità di mangiare di fronte la cantina e vini che abbiamo bevuto con piacere. L’esordio è in giacca e cravatta ma forse tra qualche anno Poggio al Calore metterà lo smoking.

Consiglio di bere i vini di Poggio al Calore con I Heard it through the grapevine di Marvin Gaye in sottofondo.