L'insediamento del nuovo capo della Procura di Frosinone rompe gli schemi delle scenografie anticamorra degli anni '90. E mette al centro la domanda di Giustizia fatta dai cittadini. Che è ingiustizia quando i tempi sono troppo lunghi. O quando ci sono casi che gridano vendetta. Come quello di cui è stato vittima Antonio Bassolino
Accompagnato da tutto l’ossequio che il caso richiede, il nuovo procuratore della Repubblica Antonio Guerriero si è insediato ieri nel Palazzo di Giustizia di Frosinone. Nelle stesse ore calava in maniera definitiva il silenzio su una vicenda giudiziaria che si è sviluppata a pochi chilometri dalla Ciociaria: l’assoluzione numero 19 per Antonio Bassolino, già sindaco di Napoli, già governatore della Regione Campania, tra le intelligenze più acute nei Democratici di Sinistra.
È una vicenda che ha tratti molto simili a quella di un altro ex Governatore di Regione al confine con il Lazio. È quella vissuta da Ottaviano Del Turco, già presidente dell‘Abruzzo dopo essere stato una figura di riferimento per il sindacalismo nazionale.
La toga sulla politica
Sia lui che il suo collega della Campania hanno avuto la carriera politica interrotta dal sospetto. Le conseguenze sono state decisive per le sorti del Partito Democratico nazionale: si è trovato con due interlocutori in meno nel dibattito interno. Due voci che possedevano l’autorevolezza necessaria per condizionare il modo di essere e di pensare del Pd. Potevano, per fare un esempio, accelerare, rallentare o impedire l’esperienza renziana.
L’assoluzione numero 19 per Antonio Bassolino impone alcune riflessioni. La prima: l’ex Governatore non è un mariuolo, non ha a che fare con i malandrini, non ha commesso l’ombra d’un reato. Difficile raccontarlo meglio di come ha fatto in queste ore Piero Sansonetti su Il Riformista
Qualunque sia la logica che vogliamo usare, siamo di fronte a 19 errori giudiziari, tutti in fila e tutti a danno della stessa persona. Questa persona è l’esponente più importante della politica in Campania degli ultimi 30 anni almeno, ed è stato un protagonista di primissimo piano della politica nazionale. Come è possibile che vari Pm della Procura di Napoli commettano un numero così grande di errori professionali? Vi immaginate cosa capiterebbe al Cardarelli se un certo numero di medici sbagliassero diagnosi e cure per diciannove volte consecutive, nel giro di circa 20 anni, sullo stesso paziente? (…)
A rigor di logica, qui i casi sono due: o c’è stata una persecuzione, o il livello professionale di un buon numero di Pm napoletani è assolutamente al di sotto del minimo necessario. È impossibile trovare una terza via.
Quel prestigio minato
La recente assoluzione del giudice Bellomo, accusato di avere imposto un dress code sexy alle sue stagiste ha comunque sollevato un sipario poco edificante sul modo in cui avvengono i concorsi per selezionare coloro ai quali sono affidate le nostre libertà personali, i nostri beni, la nostra reputazione.
Altrettanto, la vicenda del presidente Luca Palamara ha illuminato un altro metodo molto poco virtuoso nella scelta dei magistrati da assegnare alle varie sedi.
La vicenda Bassolino come quella Bellomo ed il caso Palamara rischiano di minare in maniera definitiva il prestigio di uno dei tre poteri dello Stato: quello Giudiziario. Gli altri due, quello Esecutivo e quello Legislativo, provvedono quotidianamente già da soli a delegittimarsi e privarsi di decoro.
Il Paese deve avere punti di riferimento, lo Stato deve essere un punto di riferimento, i suoi poteri devono essere da esempio.
Non è un caso che il procuratore Antonio Guerriero, nel mettere piede in provincia di Frosinone, si sia lasciato andare ad un saluto del tutto privo di retorica anticamorrista e totalmente vuoto del concetto della terra di confine tra Roma e Napoli.
Niente retorica da ‘coppole storte’
Non è un magistrato piovuto in un posto del quale ha capito meno di niente.
Il fatto di non avere toccato quei due punti è l’indice invece che ha capito molto. Perché il fatto di vedere ancora oggi Frosinone (e più ancora Cassino) come terre di confine è un’immagine arcaica, rimasta ancorata agli anni Novanta, quando Tonino Baldassarra giocava ancora con le bbs e non aveva fondato quel colosso informatico chiamato Seeweb.
Il procuratore ha capito che con un clic oggi sposti intere navi di scorie da Gaeta a Singapore: altro che terra di confine.
Sa benissimo che le mafie di oggi non sono quelle di Gomorra: quello è teatro, rappresentazione cinematografica. Le mafie di oggi sono quelle che non si vedono, non si sentono, non sparano, non minacciano. Le mafie di oggi sono quelle che comprano: piazzando sul tavolo un pacco di milioni cash per acquisire un’azienda pulita e farne una lavatrice di capitali sporchi. Le mafie sono quelle che chiudono i rubinetti e non fanno più arrivare i capitali. E allora devi vendere, cedere a loro. (Leggi qui I protagonisti del giorno. Top e Flop del 17 novembre 2020).
Il silenzio imbarazzante
L’esordio del procuratore Guerriero, se parte da questi presupposti, è con i migliori auspici: ha ribaltato subito lo schema. A colpire invece è il silenzio dell’altro potere dello Stato: ci sono 7 parlamentari eletti sul territorio. Ce ne fosse uno che in questi anni abbia avuto il coraggio di toccare il secondo tema affrontato dal Consigliere Guerriero al suo arrivo: i tempi della Giustizia.
Il nuovo procuratore, al suo arrivo ha detto che la mission del suo Ufficio è
offrire giustizia ai cittadini, anche ai più deboli. (…) Non mi stancherò mai di dire che ogni fascicolo non è una pratica, ma innanzitutto un’istanza di giustizia che viene dal cittadino
Un fascicolo che langue per mesi, per anni, che viene portato avanti senza che ce ne siano gli elementi, come nel caso di Bassolino, non è Giustizia.
Il tempi sono maturi affinché si apra il dibattito su una riforma del sistema. Ma di 7 parlamentari non uno osa dirlo. Per paura di finire nel tritacarne. Come Bassolino.