Top e Flop, i protagonisti del giorno: giovedì 2 febbraio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 2 febbraio 2023.

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 2 febbraio 2023.

TOP

GIOVANBATTISTA FAZZOLARI

Giovanbattista Fazzolari (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Si può parlare secondo mission o secondo i fatti. In casi rari ma non rarissimi poi si può parlare andando in crasi di entrambe le cose, cioè prendendo lo stato dell’arte e lardellandolo con un po’ di lirica di bottega.

Il segreto come in tutte le cose sta nel non esagerare. Nel non cadere nella “ubris” tanto paventata dai greci della Grecia che contava davvero. E l’impressione pare quella per cui il Sottosegretario per l’Attuazione del Programma Giovanbattista Fazzolari non si sia “ubriacato” troppo (l’etimo della parola è esattamente quello).

Fazzolari è di Fratelli d’Italia, fisiologicamente votato alla sbornia autoincensante cioè, a contare sondaggi e carisma della leader. Eppure nel fare il sunto non ha esagerato. “I primi 100 giorni del governo Meloni sono stati nel complesso molto positivi e tutti gli indicatori lo confermano: dallo spread in discesa, alla borsa che sale, ai dati di crescita del Pil“.

Poi Fazzolari ha cercato una onesta sponda pop: “Ma quello che ci rende più fieri e l’alta fiducia di imprese e famiglie“. Giocando di fioretto il sottosegretario ha creato poi un’immagine non reale ma molto efficace, il che in politica è fondamentale: “Non siamo riusciti a raccontare bene le cose che abbiamo fatto, eravamo troppo impegnati a farle“. Aggiungendo “C’è stata distanza tra quello che si raccontava che avremmo voluto fare e quello che stavamo facendo“.

In chiosa giù di concretezza, come a sottolineare che le cose fatte ancora a metà sono tali solo perché la clessidra deve fare i suoi giri: “La priorità resta la questione energetica. Bisogna procedere spediti sull’efficientamento delle reti di trasmissioni dell’energia e della produzione domestica“. Vai di agonismo: “Questo Governo ha davanti a sé una gara lunga non i 100 metri. Verremo valutati nel 2027, non ora“.

Se c’era un modo migliore per nascondere le pecche ed esaltare i pregi qualcuno ce lo dica.

Sobrio.

VINCENZO FORMISANO

Vincenzo Formisano con Stefano Ricci di Kpmg

La cifra (quella stilistica, non quella numerica) è di chi ha l’abitudine di non accontentarsi ma preferisce volare alto per costruire. Realizzando non già piccoli dettagli ma interi nuovi scenari. Accade così se a casa vieni cresciuto a biberon e innovazione. Di più ancora se a reggere quel biberon con latte e Plasmon è un totem dell’imprenditoria come Donato Formisano, il liceale che studiava dentro un garage mentre aiutava le auto ad entrare ed uscire ma è diventato il presidente di una banca. E non una qualsiasi ma quella Banca Popolare del Cassinate che svetta ogni anno nelle classifiche elaborate dagli analisti di settore. (Leggi qui: Donato Formisano, il parcheggiatore che diventò banchiere dell’anno).

Solo se si possiede una cifra stilistica così può venire in mente di riunire i principali stakeholder del territorio: per chiedergli di definire insieme una strategia più strutturata di Bpc sui temi della sostenibilità.  Che è come allungarsi sul lettino dell’analista per un’ultimo giro di verifica prima di lanciarsi in una scelta importante. Come dire: signori, io vedo così il mondo ed intendo agire di conseguenza, ma voi come lo vedete?

Vincenzo Formisano

A quell’incontro sono stati invitati rappresentanti istituzionali, enti del terzo settore, ordini professionali, associazioni di categoria, giornalisti, comunicatori, fornitori, soci e dipendenti della banca. Qui va pigiato il pulsante con le due lineette verticali della Pausa. Ed aggiunto un elemento fondamentale: è dal 2016 che Bpc ha scelto di redigere ogni anno un Report di Sostenibilità. Cioè? Rendiconta non solo la propria attività economica ma anche tutto ciò che riguarda l’impatto sul territorio.

In pratica: accanto al tradizionale bilancio in cui spiega quanto è entrato, quanto è uscito, cosa resta ai soci, viene redatto un altro bilancio. Lì si spiega come ha inciso tutto questo sulla società in termini di sostenibilità, welfare, rapporto con gli stakeholders, responsabilità sociale di impresa. Ma anche di distribuzione della ricchezza sul territorio e attenzione al benessere della propria comunità di riferimento. 

Chiedere l’opinione degli stakeholder del territorio o se preferite organizzare un’attività di stakeholder engagement non era mai accaduto. Nè a questo né ad altri livelli. Perché significa mettersi a nudo, come sul lettino dell’analista. E mettersi in discussione. Quando hai il forziere pieno potresti avere l’arroganza di non farlo.

Vincenzo Formisano attuale presidente di Bpc, ha scelto di farlo: “È stato per noi un incontro particolarmente importante. Ha reso concreto e sistematico quello che da sempre è l’approccio della nostra banca: il dialogo e l’ascolto del territorio. Ascoltiamo le istanze e le richieste, ne facciamo tesoro”.

Un tesoro di stimoli da quale ricavare risposte concrete ed efficaci. 

Il banchiere umile che non è un umile banchiere.

FLOP

ALESSANDRA SARDELLITTI

Alessandra Sardellitti

Quando la convivenza è impossibile l’unica cosa che resta da fare sono le valigie. Ed andare via nel modo più civile concesso dai fatti. Ma anche se ci si separa con il pieno consenso di entrambi, salutandosi con un abbraccio ed una stretta di mano, il tutto resta una sconfitta. Per un progetto che non è stato realizzato, una strada che non si è riusciti a percorrere insieme, una difficoltà che non si è riusciti a superare. Nè con il confronto né con il dialogo. Vale nella vita, vale in politica.

Vale anche per l’avvocato Alessandra Sardellitti e per la sua separazione da Azione, il Partito politico fondato da Carlo Calenda ed al quale lei aveva aderito poco meno di un anno e mezzo fa. Si era iscritta dopo avere lasciato il Partito Democratico nel quale era consigliere comunale a Frosinone ed assessore in Provincia. (Leggi qui: Per Sardellitti è l’ora di… Azione).

Va via per coerenza. E con la chiarezza che le va riconosciuta. Non condivide la linea politica. Non si sente a suo agio in un Partito che ritiene naturale il dialogo con il mondo progressista. Mentre per lei Azione è basata sull’equidistanza dai poli: non a caso è assessore nella giunta comunale di Frosinone guidata dal sindaco Riccardo Mastrangeli, civico di estrazione leghista che ha contribuito ad eleggere.

Con lei sono andati via sei componenti della Direzione Provinciale: Annamaria Cinelli, Ketty Gazzetti, Marco Innocenzi, Milvia Morgia, Giuseppe Renna, Silvia Vinci. Sui quali viene evidenziato il ruolo avuto nell’elezione del sindaco: è un passaggio chiave perché non crea un problema di natura politica a Riccardo Mastrangeli, il quale potrà tenere in giunta l’avvocato Sardellitti in quanto è stato quel gruppo a votarlo più che il Partito.

Coerenza e chiarezza a parte, uscire da due Partiti in meno di un anno e mezzo impone una riflessione all’assessore. Domandandosi se siano i Partiti ad essere ormai superati nella loro concezione del rapporto con i dirigenti. Oppure se sia lei ad essere inadatta ad un Partito. Può prendersi del tempo: non c’è due senza tre; ma a sinistra è rimasto più nulla.

Coerente fallimento.

DINO GIARRUSSO

Dino Giarrusso

Le affinità elettive che Dino Giarrusso ha stanato con il Nazareno continuano a convincere molto nella sostanza e poco nella forma.

Perché molto nella sostanza? Perché cambiare idea è legittimo, a volte perfino giusto, e molto spesso non farlo è sintomo di tonta tenacità. Solo che questo, Giarrusso non lo sa: perché lui invece di braccia aperte o musi duri invoca bolli tondi. Non si spiegherebbero altrimenti i suoi marchiani errori di forma, quelli con i quali l’ex pentastellato sta cercando da giorni di “patentarsi” a sinistra per spiegare il suo passaggio al Pd.

Nel Ventennio se solo un tuo prozio era sansepolcrista, nel senso che magari a Piazza San Sepolcro lui quel giorno ci era caduto dalla bici, praticamente era fatta. Così come pure andavi a meta se eri uno zulu con ascendenti nella stirpe di Chaka o un miceneo con qualche biscugino di Eracle in albero genealogico.

Ecco, per Giarrusso ha funzionato il Crisma, l’Archetipo della sinistra italiana che deve asserire di esserlo proprio perché sinistra non lo è piu: Enrico Berlinguer, più strapazzato del pistacchio di Bronte.

Ha detto Giarrusso: “Capisco la rabbia ma sono di sinistra, sarò disciplinato, ho anche realizzato un cortometraggio su Enrico Berlinguer“. Un po’ come dire che puoi esfiltrare sciallo un ostaggio dal Myanmar perché tuo nonno ha fatto il militare a Cuneo. Poi, come tutti quelli che hanno Berlinguer come bollino di patente ha spiegato: “Mi piacciono le idee di Stefano Bonaccini, che non è centrista perché viene dal Pci“.

Ecco, diremmo proprio che Dino è pronto per il PD, se non sapessimo che per fortuna il PD è anche altro.

Sangue blu.