I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì primo dicembre 2023
Top & Flop: i fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì primo dicembre 2023
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GENESIO ROCCA
Osare. Sempre e comunque. Andando lontano e seguendo i sogni attaccati al filo di un palloncino. Partendo da Casalvieri in provincia di Frosinone fino a bussare alla porta di un totem vivente della fotografia nazionale: Marco Lodola.
I suoi scatti sono stati al centro dell’esposizione nel Padiglione Italia della 53ma Biennale di Venezia, hanno immortalato le campagne di Ducati, Coca Cola, Harley Davidson, Illy caffè, Carlsberg, Valentino, Vivienne Westwood, Dior e Marvel. Sua la copertina del più celebre disco degli 883 ma ha messo mano anche alle immagini di Timoria, Ron, Gianluca Grignani e Jovanotti. Nei giorni scorsi la sua statua luminosa di Cicerone è stata inaugurata ad Arpino dal sindaco Vittorio Sgarbi.
Il fotografo neofuturista Marco Lodola è stato scelto per realizzare il calendario 2024 di Gemar, la più grande produttrice europea di palloncini ecosostenibili e che ha sede a Casalvieri (in provincia di Frosinone) dal 1884 con stabilimenti produttivi in vari Paesi d’Europa.
Il calendario Gemar è un appuntamento artistico che ogni anno sceglie un tema ed un artista al quale viene affidata la realizzazione attraverso figure costruite con i palloncini. Il lavoro è stato interamente realizzato a Lodolandia, a Pavia, nel mese di settembre ed ha visto all’opera i maestri Gemar (che hanno creato in presa diretta le cornici artistiche) in stretta sinergia con Marco Lodola.
È una scelta artistica. Con la quale dire che fare industria non significa solo produrre e fare fatturato. Ma se hai un senso sociale dell’impresa allora significa anche costruire un modello. Capace di proiettare la tua terra fuori da dove hai gli stabilimenti e dire al mondo che in Ciociaria ci sono eccellenze mondiali, capaci di raccogliere le sfide, affrontarle e vincerle. Non solo quelle legate ai costi di produzione ma soprattutto quelle legate alla sostenibilità, all’ambiente, alla definizione di nuovi materiali non inquinanti, nuove tecnologie capaci di risparmiare energia.
Genesio Rocca, l’uomo al timone della Gemar, sintetizza ogni anno tutto questo in 12 scatti. Che fanno il giro del mondo. Per dire che la Ciociaria è terra che vince le sfide anche inseguendo i sogni attaccati al filo di un palloncino.
L’eterno fascino di un sogno attaccato al filo.
MARTA FASCINA
“Let it be”, come cantavano i Beatles, “lascia che sia”, oppure Lady B, che ha lo stesso suono e magari anche lo stesso significato. Lo ha a contare che lei, la “signora Berlusconi” alias Marta Fascina, si è fatta carico di un lascito morale del fu Cav. Quale tra tanti? Tornare in Parlamento come aveva fatto un mese fa con l’aria di chi deve onorare un mandato etico-personale più che una mission pubblica?
No, non solo almeno: Marta Fascina si prenderà cura di una delle icone di Arcore e dell’arcorismo mainistream. Icona a quattro zampe, bianca e (legittimamente) coccolata più del Pil italiano. Trattasi siore e siòr di Dudù. Se lo erano chiesti in molti, che fine avesse fatto l’ultimo di una lunga schiatta di cani di Silvio Berlusconi a cui era stato dato il nome di Nino Manfredi nel film “Operazione San Gennaro”.
E i media hanno svelato l’arcano un mistero tanto grande che riforma del premierato e scontro con la magistratura scasatevi. Di Dudù si prenderà cura lei, Marta Fascina. Da AdnKronos si apprende che “il famoso barboncino bianco ha continuato a scorrazzare nel parco di Arcore, sotto la supervisione del personale domestico della magione brianzola”. C’era però un neo e neo grosso: Dudù non era citato nel testamento del Cav ed il mistero su chi avesse dovuto “badare alla sua salute e toeletta” si era infittito.
“Dal punto di vista giuridico, se gli animali non figurano nel lascito, alla morte del legittimo proprietario diventano parte integrante dell’asse ereditario”. Perciò “spetterebbe ai figli del Cavaliere l’incombenza di garantire il loro benessere, pena l’accusa di abbandono o maltrattamenti”. Invece sarà fascina a curare Dudù ad Arcore, o per il tempo in cui ad Arcore resterà lei stessa.
Fa un piacere immenso perché tantissimi di noi hanno il loro personale “Dudù” in casa e gli vogliono un bene dell’anima. Tuttavia andrebbe ridisegnato il concetto di “vita da cani”. Perché c’è cane e cane. Questo perché c’è umano ed umano.
L’amore è uguale, ma il modo di organizzarlo cambia, benedetto capitalismo.
Bau bau… (muti, povery).
FLOP
FABIO GROSSO
L’immagine della sconfitta non è quella enorme benda bianca sulla testa fino a coprire quasi un occhio. Non è il sangue rosso ancora fresco sul viso. L’immagine della sconfitta è racchiusa in una sequenza di numeri: 12 partite affrontate, 7 punti raccolti, una sola vittoria, 3 pareggi e 4 sconfitte. In sintesi: squadra ultima in classifica. Sta qui l’immagine della sconfitta di Fabio Grosso, vincitore di un campionato trionfale sulla panchina del Frosinone Calcio accompagnato di nuovo in Serie A e poi a distanza di mesi l’esatto opposto della graduatoria ma nel campionato francese sulla panca del Lione.
Ma la sconfitta non è di Fabio Grosso. Non è solo la sua, dal momento che l’allenatore è colpevole sempre e per definizione. E se vogliamo capire di chi è il vero flop allora dobbiamo partire da un presupposto. Che una verità unica non c’è. Subentrato in corsa a settembre, il mister non riesce ad avere continuità di risultati; poi resta coinvolto nell’aggressione di Marsiglia dove quasi perde un occhio e lo segna fuori con 12 punti di sutura ma anche dentro.
A fare flop è un modello di calcio sempre più disumano e da videogioco. Grosso a Frosinone ha centrato quello straordinario risultato (sul piano del gioco prima ancora che del risultato) perché intorno a lui è stato costruito un progetto. Che ha condiviso e sul quale ha contribuito. A Lione è arrivato in corsa, si è infilato in un progetto costruito da altri e per altri: la situazione è esattamente l’opposto di quella che aveva a Frosinone. Logico allora che lo fosse pure la posizione nella classifica.
Il presidente non è un uomo di calcio come Maurizio Stirpe che l’erba del rettangolo di gioco la respira da quando papà Benito lo portava al glorioso Matusa. Al Lione c’è un uomo d’affari americano John Textor. E come tutti quelli della sua specie pretende una sterzata immediata: come se un allenatore fosse una specie di mago Merlino che con la bacchetta magica rasserena uno spogliatoio e fa giocare da fuoriclasse dei ragazzi seppure di talento ma male assortiti.
L’esonero di Fabio Grosso dispiace umanamente per lui. Ma è la conferma che il calcio non è solo soldi. Anzi: è soprattutto anima e progetti. Che per prendere forma richiedono tempo.
En errore di calcolo Grosso.
TRE ITALIANI SU DIECI
Esordisce dicembre e con esso il picco della stagione influenzale ed un ritorno dei contagi Covid in mood endemia. E sì, ci sono tre italiani su dieci che non hanno ancora capito quanto sia importante il vaccino. Pare proprio che il Covid e quello che il Covid ha fatto al mondo ed all’Italia abbiano creato una cultura “debole”. Solo 24 ore fa Alessio D’Amato, ex assessore alla Salute della Pisana ai tempi della pandemia, ha ribadito il concetto.
Un sottofondo comportamentale magari prevalente ma non massivo, il che avrebbe avuto valore positivo se addosso ci fosse piovuto un raffreddore più gagliardo, non una pandemia. Lo spiega bene un report che l’azienda che Viatris ha commissionato a Iqvia. Cosa dice quell’indagine? Che l’83% della popolazione “sa che esiste la possibilità di vaccinarsi contro l’influenza ma soltanto il 28% ha fatto almeno una volta il vaccino antinfluenzale”.
Ci sono voluti alcuni mesi per arrivare a questo dato statistico consolidato. A far fede un campione di 1.000 persone adulte tra i 18 e i 59 anni. Cioè una fascia di popolazione “che, per età, è spesso responsabile non solo della decisione di vaccinare sé stessa, ma anche dei più fragili”. Di chi parliamo? Dei soliti, di quelli che subiscono decisioni terze non sempre sagge: bambini e anziani.
Ecco, come prima del Covid si sapeva e come “dopo “il Covid si sa solo a metà per essi il vaccino è fortemente raccomandato e gratuito“.
Lo ha spiegato, ribadito e sciorinato Antonio D’Avino, presidente nazionale della Federazione italiana medici pediatri (Fimp). “Noi pediatri di famiglia riteniamo che tutte le vaccinazioni siano assolutamente raccomandate, compresa quella antinfluenzale, che è importante venga promossa anche nelle classi cosiddette ‘sane’ e che venga accolta dalle famiglie”.
Con la speranza che quelle tre famiglie su dieci che ancora non hanno capito alla fine si rendano conto del fatto che la salute è un obiettivo da raggiungere e non uno stato da conservare.
Miopi anche dopo l’oculista.