Agricoltura e proteste: quei politici diretti contro l’Ue, anzi “Coldiretti”

Il potere di chi con il potere non ci va mai completamente a scontro e la difficile battaglia per tutelare dimostranti ed esecutivo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Non è etero-direzione e no, non è neanche controllo – ci mancherebbe – di certo però è influenza, un po’ come le Compagnie marittime per la Venezia dei Dogi. L’influenza che nel corso degli anni un’organizzazione come Coldiretti ha saputo insufflare nelle rotte di molti esecutivi e dei sistemi complessi con cui si interfaccia sui temi di merito. Luciano Capone, alludendo ad un episodio di cui fu protagonista l’allora ministra per l’Agricoltura Nunzia De Girolamo, nei giorni scorsi ha tirato fuori un cameo sulfureo. “Se qualcuno, senza usare ricatti né violenza, riesce a far controllare i prosciutti su un tir a un ministro della Repubblica, allora vuol dire che può fargli fare quasi tutto”.

Ecco, quel “qualcuno” fu Coldiretti, che “arruolò” la ministra con tanto di pettorina gialla. E ancora: “La Confindustria può solo sognare di avere la stessa influenza sul ministero delle Imprese. Analogamente la Cgil sul ministero del Lavoro o Leonardo-Finmeccanica sul ministero della Difesa. Soprattutto perché (Coldiretti) prescinde dal singolo ministro e dallo schieramento politico a cui appartiene. Destra, sinistra o M5s non cambia”. Le battaglie buone ed in purezza non mancano, sia chiaro. Anzi, sono e restano il claim dell’associazione.

La battaglia buona nel Lazio di Granieri

Nel Lazio l’organizzazione è guidata da David Granieri, che qualche giorno fa e in ordine all’endorsement alle proteste agrarie in quel di Bruxelles, aveva postato roba belluina e sindacante. Questa: Mai più prezzi del latte al di sotto dei costi di produzione. E’ una battaglia che portiamo avanti da sempre e con importanti risultati, come la norma fortemente voluta da Coldiretti contro le pratiche sleali.

Il tema era importante, per certi versi cardinale. Le “violazioni della norma sulle pratiche sleali riscontrate dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità. E della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf), nei rapporti tra imprese nella filiera agroalimentare”.

Questo, spiega sempre il post, “relativamente ai contratti sul latte stipulati con gli allevatori italiani dalla multinazionale francese Lactalis, i cui rappresentanti saranno presto ascoltati al Ministero”. E Granieri ha promesso una lotta su più fronti, un impegno multitasking ma rigorosamente d’ambito. “Abbiamo iniziato con il latte ma siamo pronti ad agire su tutte le filiere per impedire altre pratiche sleali contro gli agricoltori”.

Dal latte arrivando a tutte le filiere

Quella sul latte è “una norma che prevede che i prezzi pagati ad agricoltori ed allevatori, non scendano mai sotto i costi di produzione, ma che la Coldiretti è stata la prima ed unica a voler applicare”.

Settembre era stato il mese di battaglia, per Coldiretti, che aveva denunciato la multinazionale transalpina. Si tratta di quella che ha inglobato i marchi italiani Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori e Nuova Castelli.

Perché quella denuncia? “Per aver modificato unilateralmente il contratto con gli allevatori fornitori di latte, diminuendo i prezzi riconosciuti e introducendo anche un nuovo indice (…). Collegato tra l’altro alle quotazioni del latte europeo non concordato e fortemente penalizzante per i produttori italiani, già fortemente penalizzati dal caro costi”.

Barricate e contraddizioni

(Foto: Christophe Archambault © Afp / Ansa)

Poi era arrivato il “cedimento” dell’Esecutivo su alcune richieste degli agricoltori e soprattutto sul ripristino dell’esenzione Irpef era stato un giubilare fiero del risultato raggiunto. Queste sono ore in cui l’esecutivo sta cercando di fermare gli “oltranzisti” che puntano al Circo Massimo. E con il cedimento era arrivata la sensazione nettissima che il Green Deal sia una chimera per gonzi, perché ogni volta che concretamente lo si prova ad applicare insorge una delle categorie di filiera concettuale.

Tutto questo, riportato senza tagli proprio per dire, certissimamente dire, che Coldiretti è mercanzia da barricata senza alcuna ombra di dubbio. Solo che ci sono state circostanze in cui questa sua palese mission è stata soggetta a letture più pignole. Con convergenze ed a volte contraddizioni.

Altre volte ancora l’organizzazione ha dato l’impressione di seguire vie genuine ma forse eccessivamente in appesament con quelle dei sistemi politici di vertice.

Green Deal in mood “Don Chisciotte”

Premessa: è evidente che non è affatto scontato che Coldiretti debba solo e soltanto dire-fare cose antitetiche alla “ragion di stato”, per essere a fuoco sulla sua mission. L’obiettivo è quello della tutela del mondo agricolo ed è target cristallino. Solo che qualche volta lo zelo nel perseguirlo, applicato dopo posizioni originariamente contrarie, sembra paro paro lo stesso zelo che sta nelle linee politiche di chi governa.

E quello per definizione è zelo partigiano, non necessariamente quindi compiutamente a servizio dell’utenza di base. L’esempio più lampante, e non poteva essere altrimenti, arriva dal “favoloso mondo di Lollo”.

Il favoloso mondo di Lollobrigida

Francesco Lollobrigida (Foto Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Come la Amelie dello splendido film il ministro dell’Agricoltura si passa i legumi tra le dita, ama la levità di intenti ed aggioga la pasta agli spazi siderali. Ed ha ingaggiato battaglia contro la carne coltivata, “sintetica” in lessico volgare. E Coldiretti ha seguito Lollobrigida nella crociata in maniera talmente fedele da cadere nelle stesse contraddizioni del ministro.

Ora, se il membro di un governo – che è pur sempre dotato di un imprinting politico ed identitario – fa una battaglia ideologica ed inutile transeat, come diceva Totò. Non che non abbia colpe, ma diciamo che in questo caso il fine politico di un ministro “primarolo” copre l’evidenza e un po’ la emenda.

Approvare una legge “che vieta una cosa già vietata e che diventerà inapplicabile non appena la carne coltivata verrà autorizzata dall’Efsa” è un giro di Peppe tipico della politica debole, avventizia e proclamante. Ora cambiamo piano di approccio e parliamo di Coldiretti. Cioè di un organismo tecnico collaudato, che dell’impalcatura di fattibilità delle questioni che ha in mission conosce ogni sfumatura.

La carne “sintetica” e il giro di Peppe

Giorgia Meloni con i granchi nella foto del ministro Lollobrigida

Come ha fatto l’associazione a seguire così diligentemente il ministro in una battaglia così inutile dall’alto di skill che quell’inutilità glie l’avrebbero dovuta far fiutare subito? Mettiamola meglio con un paragone iperbolico e surreale: è come se Maurizio Stirpe, come Confindustria, appoggiasse apertamente una battaglia contro le frese da bulloni per contrastare la deindustrializzazione.

Ma malgrado la Commissione europea abbia bocciato la norma italiana sulla carne “sintetica” per aver violato la procedura di notifica Codiretti non ha fatto un centimetro indietro dalla linea del fronte tracciata dal ministro meloniano.

Anche quando il povero Lollobrigida ci ha messo la pezza miserella di manifesto ideologico, proclamando che quella sua battaglia almeno è servita a “scuotere le coscienze”. Si può seguire così pervicacemente l’usta di una macchietta simile? Magari anche no, direbbero quelli studiati di social.

Le impronte digitali sul ciao all’esenzione Irpef

Il Foglio spiega: “A luglio 2022, in campagna elettorale, tutte le proposte della Coldiretti – tra cui il ‘no al cibo sintetico’ – sono state sottoscritte da tutti i leader politici, da Letta a Meloni, passando per Conte e Calenda. A prescindere da cosa hanno poi votato in Parlamento, prima delle elezioni nessuno se l’è sentita di rifiutarsi di firmare il pledge della Coldiretti”. La battaglia odierna è quella di puntare ad ottenere più sussidi per gli agricoltori, benebenissimo, ma serve un preambolo cardinale.

Proprio la legge di Bilancio varata dal governo Meloni aveva abolito l’esenzione Irpef per gli agricoltori, quindi ha disposto che dovessero pagare di più. Chiaro no? Ecco perché il modo con cui l’associazione ha fatto da sparring all’Esecutivo per delocalizzare l’ordine del problema e puntare alla giugulare solo Bruxelles resta motivo di riflessione.

Prandini che piace tanto a FdI

Ettore Prandini (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Su cosa? Su alcuni rumors che Il Foglio riporta: quelli cioè per cui per il presidente nazionale Ettore Prandini sia in lizza ed agenda di FdI per le Europee di giugno. Le voci non bastano ovviamente, ma c’è una contraddizione forte su cui quanto meno riflettere. Coldiretti si è schierata contro quella stessa politica comunitaria sul mondo agricolo che a suo tempo sostenne. Cosa è cambiato? La relazione interna sulla Pac 2023-2027 non mente.

“Sotto il profilo ambientale viene chiesto di accelerare ulteriormente lo sforzo verso la riduzione della chimica in agricoltura e degli antimicrobici negli allevamenti. Insomma, il Green Deal prima piaceva ed in punto di documenti ufficiali, ora non più o comunque molto meno.

Abbastanza meno da proiettare un film, per ora di fantapolitica: quello in cui, come diceva Zavattini citando Dino Segre “Pitigrilli”, “si nasce incendiari e si muore pompieri”. O, nel caso di Coldiretti, magari il contrario.