Si ribalta il ribaltone: il pasticciaccio azzurro (di C. Trento)

In Regione il centrodestra resta schiacciato sotto alla sua mozione di sfiducia. In Provincia sparisce di fronte al nuovo piano industriale Saf. È tempo di riflessione se si vuole evitare l'estinzione

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

Le mozioni di sfiducia non si annunciano. Si presentano, magari con le firme raccolte davanti ad un notaio. E poi si votano, se proprio non si vuole scegliere l’opzione delle dimissioni di massa.

Alla Regione Lazio il centrodestra ci ha provato e per diversi giorni il centrosinistra ha trattenuto il respiro. (leggi qui Zingaretti vola, l’opposizione si schianta: la Mozione di sfiducia finisce in farsa)

Perché in effetti l’iniziativa poteva andare a dama. Alla fine però Enrico Cavallari, eletto con la Lega e poi uscito dal gruppo, ha deciso di continuare a reggere il Patto d’aula con Nicola Zingaretti.

Ma al di là dei numeri risicati della legislatura dell’anatra zoppa, la sostanza politica è venuta fuori. Il Movimento Cinque Stelle ha votato la mozione di sfiducia per far emergere le contraddizioni del centrodestra. A pagare il prezzo più salato è stata Forza Italia.

Scintille tra il senatore e coordinatore regionale Claudio Fazzone e il capogruppo Antonello Aurigemma, a sua volta sfiduciato dal consigliere Laura Cartaginese. Il tutto nel Lazio, la regione di Antonio Tajani, che è vicepresidente nazionale di Forza Italia. Oltre che presidente del Parlamento europeo.

Già quando si era trattato di scegliere il candidato alla presidenza della Regione erano emerse le titubanze e le spaccature negli “azzurri”. Adesso la storia si è ripetuta e per Tajani è l’ennesimo campanello d’allarme, che non può continuare ad ignorare.

Pure Claudio Fazzone deve riflettere, specialmente sul fatto che alla fine il gruppo di Forza Italia ha voluto essere ugualmente presente in aula, anche quando è apparso chiaro che non ci sarebbero stati i numeri. Il coordinatore regionale aveva dato altri suggerimenti.

Ma più in generale in Forza Italia i mal di pancia, i malumori e i dubbi non mancano. A nessun livello. Perché non si capisce bene cosa succederà. Non soltanto in vista delle Europee, ma pure sul versante della gestione politica interna. Quali sono le prospettive insomma. Non è pensabile che il Partito continui sempre e soltanto a confidare in Silvio Berlusconi. C’è una politica delle alleanze da definire, ci sono strategie da attuare. Invocare genericamente il campo dei moderati o l’Altra Italia alla fine diventa un mero esercizio dialettico.

 

Il partito di Renzi e il canto delle sirene

Si fanno sempre più pressanti le voci di un nuovo partito di Matteo Renzi, che da tempo guarda oltre il Pd. Una formazione diversa, alla quale sbirciano con attenzione anche diversi esponenti di Forza Italia.

Secondo indiscrezioni Renzi avrebbe avuto un lungo colloquio perfino con Paolo Romani. Il punto è che tra gli “azzurri” più di qualcuno sta valutando seriamente un’iniziativa del genere. Quanto è successo sulla mozione di sfiducia alla Regione Lazio sarà tema di approfondimento. Anche da parte di un esponente del calibro di Claudio Fazzone.

Per il resto, nel centrodestra regionale esce politicamente indebolita pure la figura di Stefano Parisi, che peraltro fu candidato all’ultimo “tuffo” dopo mesi di sterile braccio di ferro interno alla coalizione. Con il tira e molla sull’allora sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi.

La Lega ha deciso di non provare neppure a “recuperare” Enrico Cavallari. Una mossa che sembra funzionale ai futuri assetti della coalizione nel Lazio. Matteo Salvini potrebbe lanciare un’opa sul “centrodestra che verrà” nel prossimo futuro. Tenendo presente però il radicamento di Fratelli d’Italia sul territorio laziale.

 

Centrodestra in frantumi anche sulla Saf

Oltre ogni previsione. Il via libera al nuovo piano industriale della Saf è avvenuto con 50 voti favorevoli su 58 presenti. Un solo contrario, il Comune di Roccasecca. E sette astensioni: Frosinone, Cassino, Ceccano, Sora, Colfelice, Pastena e San Vittore del Lazio. (leggi qui Ecco perché il nuovo piano industriale Saf è stato approvato)

Si è proseguito sull’onda lunga dell’accordo sulla definizione delle tariffe: Però ancora una volta il centrodestra è andato avanti in ordine sparso. Considerando, per esempio, che Anagni, Pontecorvo e San Giovanni Incarico hanno votato sì al Piano industriale.

Parliamo in ogni caso di un’operazione importante, con un investimento di 12,5 milioni di euro per l’adeguamento dell’impianto di Colfelice. E di altri 20 milioni di euro per la valorizzazione della frazione organica da rifiuto differenziato.

Sul piano politico, però, il centrodestra ne esce a pezzi. Come sempre più spesso accade, specialmente negli enti intermedi. Qualcuno ha chiesto conto dei “franchi tiratori” che hanno impallinato Tommaso Ciccone nella corsa alla presidenza della Provincia? La realtà è che lo schema della coalizione non tiene più, nemmeno in Ciociaria. È venuta meno la leadership di Forza Italia. Lega e Fratelli d’Italia hanno chiesto un cambio di passo.

Non ci sono state risposte. A questo punto servirebbero iniziative concrete però. Altrimenti continueranno ad arrivare solo sconfitte.

 

Schiuma nel Sacco La forza dell’indignazione

Quattro volte in un mese. Quattro schiumate bianche nel fiume Sacco, provocate, come ormai appare chiaro, da sostanze tensioattive. Un’emergenza ambientale di livello nazionale.

Da troppi anni però. Una situazione inquietante e pericolosa, che continua ad affliggere una parte vitale della nostra provincia. Per non parlare dei livelli di inquinamento, della “puzza” che ammorba soprattutto Ceccano. Sono in corso delle indagini. Adesso le condizioni per fare chiarezza una volta per tutte ci sono.

Il prefetto Ignazio Portelli ha detto la sua in modo forte. C’è l’interessamento del ministro dell’ambiente Sergio Costa. L’onorevole Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, è intervenuta con determinazione.

Il senatore Massimo Ruspandini (FdI) ha ribadito che intende andare fino in fondo. E tutti gli “attori” sono in campo. Ora o mai più quindi. I controlli a tappeto e la mobilitazione vanno benissimo. È un fatto di serietà, oltre che di giustizia. Perché sulla salute dei cittadini non si può scherzare.

L’ondata di indignazione, anche nazionale, può rappresentare il propellente decisivo per chiudere il cerchio. E i giochi. Senza sconti.

 

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