Zingaretti vola, l’opposizione si schianta: la Mozione di sfiducia finisce in farsa

La Mozione di Sfiducia contro Nicola Zingaretti raccoglie appena 22 voti. E ne regala uno al Governatore. Catastrofe per il centrodestra. Inutile l'intervento di Grillo. La replica di Lombardi. Parisi è un naufrago. Sfiducia per Aurigemma. L'affondo di Cangemi. Il realismo di Pirozzi. Il riconoscimento a Buschini

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Una catastrofe peggiore del previsto per il Centrodestra. Un successo oltre il prevedibile per Nicola Zingaretti. La Mozione di Sfiducia che doveva disarcionarlo non è passata. A nulla sono serviti gli anatemi di Beppe Grillo.

Il Governatore incassa 26 voti, per lui ha votato anche il consigliere di Forza Italia Laura Cartaginese che ha sfiduciato invece il capogruppo Aurigemma. L’opposizione non è riuscita a raggranellare più di 22 voti.

Alla fine, come previsto, Nicola Zingaretti ne è uscito rafforzato.

 

Presenti & Assenti

L’opposizione c’è tutta. O quasi. In aula c’è l’intero il gruppo del Movimento 5 Stelle. Il contrordine impartito nella notte da Beppe Grillo (leggi qui Te la do io la sfiducia. Grillo “terrorizzato” da Zingaretti) ha scavalcato la capogruppo Roberta Lombardi. Che giovedì aveva invitato il centrodestra a ritirare una mozione ormai diventata inutile per via della posizione contraria alla sfiducia annunciata dal consigliere indipendente Enrico Cavallari (leggi qui Crolla la Mozione contro Zingaretti: Cavallari dice no, Forza Italia fa retromarcia, Lombardi “Buffonata”).

C’è in blocco Forza Italia, lacerata dalle polemiche delle ore corse tra il Coordinatore Regionale Claudio Fazzone ed il capogruppo Antonello Aurigemma. (leggi qui Scontro Aurigemma – Fazzone: «Gli avevo detto di portare subito le firme. Ora è inutile»).

Poi tutti gli altri, allineati e coperti. Manca l’indipendente Enrico Cavallari e senza di lui non ci sono i numeri per approvare la mozione. Manca anche il consigliere di Forza Italia Pasquale Ciacciarelli, impegnato ad Edimburgo in una missione culturale.

 

Aspettiamo Pasquale

Il voto di Ciacciarelli rimetterebbe in bilico la votazione. Così Fabrizio Ghera (capogruppo di Fratelli d’Italia), Orlando Tripodi (capogruppo della Lega), Massimiliano Maselli (capogruppo di Noi con l’Italia)  con i consiglieri Giancarlo RighiniRoberta Angelilli firmano un documento.

Chiedono al Presidente d’Aula Daniele Leodori di rinviare la seduta. Vogliono aspettare il rientro di Pasquale Ciacciarelli dalla Scozia. Accusano Leodori di avere convocato la seduta di oggi senza rispettare il Regolamento che prevede almeno quarantott’ore di preavviso.

Il presidente dell’Aula del Consiglio è una sfinge. Quando hanno finto di rimproverargli le sue presunte mancanze, le rimanda al mittente ad una ad una.

«Al momento della convocazione della seduta la presidenza non sapeva dell’assenza del consigliere Pasquale Ciacciarelli. Ci è stato comunicato solo giovedì 29 alle ore 21 (cioè sette ore dopo la convocazione del Consiglio, avvenuta quello stesso giorno alle ore 14). In quella nota mi si pregava di tenere conto che dal 29 novembre a 3 dicembre sarebbe stato impegnato all’estero per attività istituzionali al Consolato italiano».

 

Un trucco chiamato Ciacciarelli

Molti pensano che la missione di Ciacciarelli sia stata la garanzia nascosta. L’asso regalato da Forza Italia per far vincere la partita a Nicola Zingaretti. O meglio: non farla vincere agli avversari di Forza Italia.

Perché un dato è stato chiaro da subito: in caso di ritorno alle urne Forza Italia si troverà in una posizione di debolezza, schiacciata dalla Lega con FdI; forse costretta a cedere la candidatura a Giorgia Meloni e diventando sempre più marginale nella coalizione. A che scopo allora cambiare gli equilibri attuali, nei quali governa le commissioni Sanità e Cultura?

L’importante è che non ci siano impronte digitali. Pasquale Ciacciarelli da Edimburgo ufficialmente strepita e protesta. Daniele Leodori da Roma assicura che «l’Ufficio di Presidenza non ha autorizzato alcuna missione ufficiale da parte di Ciacciarelli, che per questo non potrà chiedere eventuali rimborsi proprio perché non autorizzata».

 

Tutti indossano la maschera

La realtà è che nella posizione di Forza Italia ci sono un po’ tutti. Nessuno voleva questa Mozione di Sfiducia, nata con ben altri scopi e sfuggita dalle mani solo quando i big nazionali l’hanno scippata al livello regionale. Per azzoppare Nicola Zingaretti in piena corsa verso la Segreteria Nazionale Pd. (leggi qui I numeri ora ci sono, i big ordinano: «Buttate giù Zingaretti»:)

Nella seduta di oggi in tanti stanno recitando. Buona parte di ciò che è andato in scena oggi alla Pisana è stato solo Teatro della politica. In parte di buon livello, nulla di più.

A strappare la maschera di molti dei protagonisti è stato proprio Daniele Leodori. Lo ha fatto rispondendo alla contestazione di avere convocato in fretta e furia la riunione per votare, senza rispettare le 48 ore di preavviso.

«Hanno una disciplina chiara e precisa, lo statuto prevede una eccezione che è quella ‘salvo accordo di tutti i gruppi’. Nel corso della riunione dei Capigruppo che ha fissato questa seduta nessuno ha sollevato la necessità di posticipare per osservare le 48 ore. Ma addirittura mi è stato chiesto di anticipare. Non voglio alimentare polemiche ma nemmeno essere bersaglio di polemiche che non merito».

Tana per tutti. Già la maschera. Da ora si recita a soggetto.

 

Il naufrago Parisi

Stefano Parisi è un naufrago. La mozione di sfiducia destinata a finire in fuffa lo ha isolato, mettendo a nudo la sua mancanza di politica. (leggi qui La Mozione Zingaretti manda in macerie il centrodestra).

In aula tiene un discorso che è l’autocritica di uno sconfitto, «L’opera di sotterfugio che è stata fatta comunque indebolirà la Giunta di Zingaretti. Vedo tante facce soddisfatte per l’assenza di Pasquale Ciacciarelli, ma veramente volete andare avanti con i sotterfugi?»

Il mancato presidente della Regione Lazio, buttato nella mischia ad una decina di giorni dalla scadenza proprio per non dargli possibilità di vittoria, comincia a rendersi conto d’essere stato usato.

«Se Zingaretti oggi dovesse avere la fiducia, finalmente ci sarà chiarezza fra di noi, alla vigilia della legge di bilancio».

Ora ha la situazione chiara.

 

Frattura Forza Italia

La mozione di sfiducia fatta al buio apre la resa dei conti all’interno di Forza Italia. Il capogruppo Antonello Aurigemma ha rischiato di far saltare la baracca, appoggiando una mozione che doveva servire solo a stanare Giuseppe Cangemi ed impedirgli di diventare Coordinatore di Forza Italia a Roma. (leggi qui)

Il modo in cui l’ha gestita ha indispettito il Coordinatore Regionale Claudio Fazzone. I due sono quasi ai ferri corti. (leggi qui Scontro Aurigemma – Fazzone: «Gli avevo detto di portare subito le firme. Ora è inutile»)

La resa dei conti inizia subito, in Aula. prima del voto. Il consigliere Laura Cartaginese si alza ed annuncia il suo no al voto di sfiducia che è anche la sfiducia al suo Capogruppo: «Io sono forzista da 20 anni e con immenso dolore annuncio che il mio capogruppo non mi rappresenterà più».

Mette a nudo le ipocrisie della Mozione. Rivela «Sono basita per il metodo utilizzato dai colleghi di opposizione senza condividere nulla. Anche noi, gli esclusi, avremmo potuto dire qualcosa e dare il nostro contributo: per questo non ho firmato la sfiducia. Anche perché dopo nove mesi sarebbe solo un danno grave per la nostra Regione».

 

Ipocrisie azzurre

Zingaretti da marzo sta governando coinvolgendo anche le opposizioni: le urne gli hanno consegnato una Regione con un presidente e con tre minoranze (centrosinistra, centrodestra, Cinque Stelle). Laura Cartaginese lo dice con chiarezza mettendo tutti a nudo. Rivendicando coerenza. «Condivido la proposta del collega Pino Simeone di lasciare subito le Presidenze di Commissione e solo in quel momento, contestualmente, presentare la mozione. cosi’ avrebbe avuto un significato».

La consigliera azzurra ha ricordato che «Zingaretti poteva essere mandato a casa dopo una manciata di giorni da suo insediamento e invece prima i cinque stelle e poi il patto d’aula…».

Poi assesta il colpo di grazia al coordinatore Stefano Parisi: «Mi spiace che il portavoce del centrodestra non abbia preventivamente verificato la fattibilità di questa mozione, come ha detto il coordinatore Claudio Fazzone, che si è rivelata solo una perdita di tempo».

 

Benvenuti al teatro

Nelle file del Movimento 5 Stelle la capogruppo Roberta Lombardi deve gestire le bordate notturne arrivate da Beppe Grillo. (leggi qui Te la do io la sfiducia. Grillo “terrorizzato” da Zingaretti) .

Lo fa togliendosi un po’ di sassolini dagli stivali. «Dò il benvenuto al presidente Zingaretti al gran teatro della Pisana, questa mattina rappresentiamo il matinee ‘Molto rumore per nulla’, con il thriller relativo all’assenza del consigliere Ciacciarelli».

Il capogruppo pentastellato denuncia che il Centrodestra non aveva la minima intenzione di buttare giù Zingaretti. Perché «la mozione non è stata condivisa col Movimento Cinque Stelle. Aveva motivazioni politicamente risibili. Perché sono vere ma questo non ha impedito ai cittadini del Lazio di scegliere Zingaretti come presidente. Noi dobbiamo rispettare questa volontà e fare di tutto affinché, fino a quando ci sarà dato di stare qui, ogni parte politica porti quanta più parte del proprio programma alla sua realizzazione».

Quello di Roberta Lombardi è un bombardamento a tappeto su un centrodestra che sperava di mettere in difficoltà il M5S.

 

La risposta a Grillo

«Quella mozione serviva a stanare il Cinque stelle e noi abbiamo detto ‘ci siamo’. A quel punto è scattato il panico. Ci avete pregato di riflettere ricordando che 8 su 10 di noi sono al secondo mandato e se ne sarebbero tornati a casa. Cavallari ora passerà all’incasso a sinistra adesso ma anche a destra per avere salvato le poltrone dei colleghi. Sappiamo come andrà a finire, i giochi sono apparecchiati, noi non ci prestiamo a questo teatrino. Noi annunciamo già il nostro voto positivo alla mozione di sfiducia. Votiamo si’ per sgombrare ogni alibi a questo ridicolo centrodestra».

È una risposta a Beppe Grillo. Con quelle frasi Roberta Lombardi gli ricorda che nonostante il MoVimento non abbia vinto le elezioni nel Lazio sta incidendo. Ha portato a casa la legge sui Riders, ha ottenuto la chiusura dei Tmb sui rifiuti per passare alla Circular economy, ha scritto parte della nuova legge sul Diritto allo Studio. Sta ottenendo per Roma più cose di quante ne sia riuscite ad avere Virginia Raggi.

Nei fatti, dimostra che Beppe Grillo non sa niente del Lazio. E forse ne sa ancora meno di politica.

 

Realismo montanaro

Sergio Pirozzi porta in aula la sua concretezza di montanaro. L’ex sindaco di Amatrice non digerisce i giochetti della politica. «Per sfiduciare un presidente servono i numeri, altrimenti diventa una dimostrazione plastica e apparente di immagine».

Fa esempi calcistici per arrivare a concludere «ma ditemi voi come si fa ad arrivare ad avere 26 consiglieri, al netto degli assenti? Se vogliamo fare una mozione di sfiducia, si mettano seduti insieme Cinque Stelle, centrodestra e Pirozzi e mettano nero su bianco i programmi alternativi alla giunta Zingaretti».

Lo Scarpone rivela che era giusta l’analisi fatta fino dall’inizio da Alessioporcu.it. (leggi qui La finta mozione di sfiducia contro Nicola Zingaretti) «All’inizio – ha spiegato Pirozzi riferendosi alla mozione – era partita per gioco, poi si era incastrata e nessuno sapeva che fare. Se avrò il tempo di votare, voterò, tanto non ci sono i numeri. Vado in Puglia per raccontare a quella terra che Regione Lazio all’unanimità ha votato una legge sulla prevenzione sismica».

Pirozzi non voterà. Dopo poco saluta e va in aeroporto per andare a Brindisi.

 

Un pezzo di torta per la Lega

La Lega scopre solo adesso di avere preso un palo a tutta velocità. La mozione di sfiducia non farà cadere Zingaretti, non interromperà la sua corsa verso la Segreteria Nazionale Pd. A loro non porterà niente. E ancora una volta chi si è rivelato centrale è stato il loro ex consigliere Enrico Cavallari: uno che la politica sa benissimo dove sta di casa, avendo governato Roma con Gianni Alemanno sindaco.

Il capogruppo della Lega Orlando Tripodi dice un’ovvietà dietro l’altra. Prima su tutte: «Cavallari non ha e non avrà alcun ruolo dentro la Lega».

Dove vuole andare a parare lo si scopre nelle frasi successive. «A questo punto andranno riviste le presidenze delle commissioni, tutti si devono dimettere e rimettere a posto quelle che sono di maggioranza e quelle che sono di opposizione».

Non si accorge che dal dramma si è passati alla farsa: sta per votare la mozione di sfiducia al Governatore e nello stesso tempo reclama le presidenze di Commissione. Si sconfina nel ridicolo se si pensa che sono le stesse alle quali ha rinunciato qualche mese fa, determinando la rottura e l’uscita di Cavallari. Il quale gli faceva notare che non ci stavano capendo granché.

 

Veleni su Fazzone e Lombardi

Per Orlando Tripodi comunque qualche effetto politico questa mozione l’ha prodotto: «Una sfiducia a Claudio Fazzone, visto che dice una cosa ma i consiglieri di Forza Italia sono qui. Anche Roberta Lombardi è stata sfiduciata dal partito, visto che aveva detto che il gruppo non sarebbe stato in aula e invece é qui, dopo le parole di Di Maio e Grillo».

 

Ce n’è anche per Francesco De Angelis. A citarlo è il capogruppo di Forza Italia Antonello Aurigemma che non sfiora minimamente la sua situazione claudicante ma accusa Zingaretti di costruire la sua scalata al Pd attraverso la Regione Lazio.

«Ho visto l’emendamento per unificare i consorzi industriali e che ha consentito all’onorevole De Angelis di avere la presidenza e abbiamo visto De Angelis passare dal sostegno a un candidato di Renzi a Zingaretti. Pretendiamo che voi governiate la Regione. Ribadiamo il voto di sfiducia».

 

Siete dei cacasotto

L’altro uomo messo nel mirino era Giuseppe Cangemi, il fuoriuscito da Forza Italia che da indipendente ha appoggiato il governo regionale.

«Annuncio da subito il mio voto a favore della mozione di sfiducia. È in linea con quello che era stato dichiarato durante il patto d’Aula. Quel patto ha permesso di fare ragionamenti che non hanno tenuto ferma la Regione. Spero però che dopo questo voto qualche porta resti chiusa verso chi da una parte mostra i muscoli e dall’altra spera di andare all’incasso».

Rivela che la Mozione però era tutta una fuffa.

«Voterò nonostante nessuno mi abbia chiesto di farlo. Non mi ha chiamato nessuno, ne’ per firmare ne’ per condividere documenti. La voto perché non mi faccio fare le analisi del sangue sul mio essere di centrodestra da nessuno. Parisi non mi rappresenta, non è il mio leader, rappresenta se stesso o chi vuole lui ma non rappresenta la mia storia politica. Quando militavo a destra Parisi stava a sinistra. Le elezioni non me le ha fatte perdere Pirozzi ma Parisi. Non accetto lezioni da nessuno».

 

Pure lui mette in centrodestra in braghe di tela. Dicendo che nel momento in cui Cavallari ha annunciato la sua legittima decisione «sono usciti tutti i muscoli qui dentro ma per una settimana la gente qui se l’e’ fatta sotto».

Per l’esponente forzista, dunque, «è stata una mozione non convinta, un bluff, la prova per qualcuno di dimostrare che esiste. Qualcuno che si è voluto ritagliare un po’ di spazio sulle agenzie, fare vedere che governa qualche processo interno e cercare qualche spaziuccio in un centrodestra nuovo che spero sia riorganizzato».

Cangemi è un fiume in piena. «Io non sono uscito da Forza Italia ma dal gruppo, qualcuno mi caccerà da Forza Italia? Forse, ma non certo Parisi».

 

Silenzio, parla Buschini

Arriva il turno della maggioranza. Tocca al capogruppo Mauro Buschini. È stato lui a tessere la rete che ha tenuto a casa il voto di Enrico Cavallari (e forse ha spedito in Scozia Pasquale Ciacciarelli, mandato in Puglia Sergio Pirozzi…).

Ha parlato a nome di tutta la maggioranza. Intervento di grande passione: a tratti sembrava di sentire Francesco De Angelis che parlava nel corpo di Mauro Buschini.

Ha parlato di amministrazione, risultati, politica, condivisione… mai una frecciata velenosa, toni alti. Non è chiaro se se ne sia reso conto: ma ha parlato da leader.

Se n’è reso conto Nicola Zingaretti. Che al termine ha riservato a Buschini un riconoscimento d’altri tempi: ha rinunciato a parlare.

 

Ai voti

Si passa ai voti. Il Consiglio Regionale respinge la mozione di sfiducia. I favorevoli sono stati solo 22 contro una maggioranza compatta di 26 voti.

Assenti Sergio Pirozzi, Enrico Cavallari, Pasquale Ciacciarelli. Laura Cartaginese di Forza Italia ha votato contro la sfiducia.

«La cosa peggiore che poteva accadere oggi per la vita dei cittadini del Lazio sarebbe stata la conclusione della legislatura alla vigilia della sessione di bilancio» ha commentato il governatore  Nicola Zingaretti.

«La mozione era un atto legittimo ma un rischio serio per la vita di questa comunità e per questo sono contento che il Consiglio l’abbia respinta. Ho compreso poco i motivi e la credibilità’ di questo passaggio per come si era proposto. Sono stato in silenzio per la legittimità delle dinamiche consiliari».

La mozione di sfiducia ha ottenuto 26 voti contrari, un dato politico di grandissima novità perché il 26esimo voto è arrivato da un consigliere di Forza Italia.

«Si e’ determinata una novità politica molto significativa che stabilizza e rafforza il lavoro del patto d’aula e apre scenari di sviluppo ancora più forti della nostra iniziativa amministrativa».