Regionali sulle montagne russe dei sondaggi

Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania, Puglia: chi sta avanti, la percentuale degli indecisi, il tentativo di recuperare in extremis l’alleanza Pd-Cinque Stelle. Ma dopo l’election day bisognerà presentare il Recovery Found.

Gli ultimi sondaggi politici sono quelli dell’istituto Tecnè per l’agenzia Dire. Ed è su quelli che si sta concentrando l’attenzione di tutte le segreterie dei Partiti. Per capire come finirà, ma anche cosa potrebbe succedere dopo. Sono tra quelli che nelle ore scorse hanno portato una ventata di entusiasmo nel centrosinistra ed hanno spinto il senatore Bruno Astorre, Segretario Dem nel Lazio, a parlare di “aria di rimonta”. (leggi qui Regionali, aria di rimonta nel Centrosinistra).

Quella firma nel Veneto

LUCA ZAIA. FOTO © CAIO ROMANIELLO / IMAGOECONOMICA

L’unica regione in cui non sembra poterci essere storia è il Veneto: Luca Zaia sarebbe addirittura tra il 68% e il 72% di consensi, con un vantaggio del 50% sul candidato del centrosinistra. Insomma, un plebiscito. Luca Zaia ha gestito e sta gestendo molto bene l’emergenza Coronavirus nel Veneto. Ma se indubbiamente la sua vittoria gonfierebbe le vele della Lega, certo non si può dire che si tratta di un fedelissimo di Matteo Salvini. Anzi.

Infatti, nelle ore scorse ha dovuto ingoiare la firma messa proprio dal suo leader nazionale sotto al documento proposto da Giorgia Meloni: un patto anti inciuci per evitare che accada quanto avvenuto la volta scorsa, con la Lega che rompe il centrodestra e se ne va a governare con i Cinque Stelle. Soprattutto ribadisce “il sostegno di tutto il centrodestra al presidenzialismo, elemento fondamentale per rafforzare l’unità nazionale”.

È un calcio negli stinchi di Luca Zaia che meno di ventiquattrore prima di quella firma aveva detto “l’autonomia è il pilastro del centrodestra”. I sondaggi dei prossimi giorni diranno quanto quel documento peserà sulle Regionali del Veneto: certo un colpo alla credibilità interna di Zaia lo assestano.

In Liguria vincono gli indecisi

GIOVANNI TOTI. FOTO © SERGIO OLIVERIO / IMAGOECONOMICA

In Liguria invece i numeri cominciano ad essere diversi. Giovanni Toti (Cambiamo), esponente di centrodestra, ha ancora un vantaggio piuttosto netto, che oscilla tra il 51-55. Mentre  Ferruccio Sansa, appoggiato sia dal Movimento 5 Stelle che dal Partito Democratico, si fermerebbe al 39-43%.

Ma c’è l’incognita che il 40% circa di elettori si dice ancora indeciso. Cosa determina le loro perplessità? Fino dalla loro nascita i Cinque Stelle sono stati un movimento anti sistema, la loro essenza era la contrapposizione alla partitocrazia: vederli alleati, proprio con il Pd che era stato indicato come la fonte di tutti i mali e proprio nella culla del grillismo, genera una comprensibile confusione negli elettori chiamati a rispondere ai sondaggi.

Giovanni Toti cinque anni fa vinse con il 34% ed ora ha un’intera legislatura alle spalle: questo lascia presupporre che migliorerà quel risultato, ottenuto praticamente da illustre sconosciuto. Ma la massa degli indecisi è un elemento che potrebbe cambiare la situazione, anche se in un mese è difficile rimontare un simile svantaggio. In ogni caso Liguria e Veneto sono già governate dal centrodestra.

Sondaggi, la chiave in Toscana

EUGENIO GIANI E SUSANNA CECCARDI. FOTO © PAOLO LO DEBOLE / IMAGOECONOMICA

La Toscana è una delle regioni chiave, sulla quale Matteo Salvini ha investito e sulla quale sembra giocarsi la sua leadership politica in crisi: le ultime rilevazioni dei sondaggi Dire-Tecnè vedono Eugenio Giani del Pd al 44-48% contro Susanna Ceccardi della Lega, al 38,5%-42,5%.

Anche qui c’è da fare un approfondimento sugli indecisi. Sono pochi meno che in Liguria: più di un terzo degli elettori toscani intervistati non ha voluto indicare la propria preferenza oppure si è dichiarato ancora indeciso. Sono il 37% è un dato che si allinea quasi con quello registrato in Toscana alle scorse Europee: quella volta andarono alle urne appena due elettori su tre. Ed il distacco tra Pd e Lega fu di appena due punti scarsi.

Insomma: partita aperta, ma è pure evidente che la Toscana per il Pd è come l’Emilia Romagna. Perdere lì equivarrebbe ad una retrocessione in serie B per l’allenatore della Juventus.

Il dubbio delle Marche

Gian Mario Mercorelli, ago della bilancia nelle Marche

Le Marche sono la regione nella quale la nuova linea dettata da Rousseau ai 5 Stelle avrebbe potuto spalancare le porte ad un’alleanza con il Pd. Un patto che si sarebbe rivelato decisivo: per il risultato delle Regionali e per gli equilibri complessivi.

Al momento se ne fa nulla. Proprio nelle ore scorse il candidato grillino Gian Mario Mercorelli lo ha spiegato ad Open: «Se ci fosse stata una discussione articolata, su temi e questioni fondamentali per noi, magari si sarebbe anche potuto aprire un discorso. Ma andava fatto in altri momenti, in altri tempi, non ora che mancano tre giorni al deposito delle liste. Parlare di alleanze adesso fa un po’ sorridere».

Soprattutto, il candidato ha detto al quotidiano di Enrico Mentana dal momento della novità introdotta con il voto su Rousseau nessuno del M5S gli ha fatto pressioni per individuare un’intesa con il Centrosinistra del candidato Maurizio Mangialardi.

Nelle Marche è il candidato del centrodestra Francesco Acquaroli ad essere in vantaggio nei sondaggi. È al 43,5%-47,5%, mentre Maurizio Mangialardi del PD è al 36%-40%. Importante il risultato atteso dal candidato grillino, Mercorelli, che sarebbe al 12,5%-16,5%.

Ancora oggi, in un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, Giuseppe Conte auspica un accordo Pd-Cinque Stelle anche per le Marche. E allora la situazione cambierebbe. Conte ha detto “In Puglia e nelle Marche presentarsi divisi espone al rischio di sprecare una grande occasione“. Dalle file del Pd la risposta è stata “Conte ha ragione da vendere, le forze di governo si presentino insieme soprattutto in Regioni come le Marche che saranno determinanti per il risultato nazionale” ha detto il sindaco di Pesaro Matteo Ricci.

I dispetti in Puglia

RAFFAELE FITTO

In Campania, il vantaggio di Vincenzo De Luca, c’è: al momento, il candidato del Pd è dato al 42,5%-46,5%, mentre Caldoro, il candidato del centrodestra, sarebbe tra il 37%-41%.

Infine la Puglia, dove Michele Emiliano al momento sembra essere lontano da Raffaele Fitto, candidato del centrodestra. Il Movimento Cinque Stelle non ha un’alleanza con il Pd e Italia Viva di Matteo Renzi ha presentato Ivan Scalfarotto.

Secondo i sondaggi Fitto è al 40%-44%, Emiliano al 35%-39%, Laricchia del M5S al 13%-17%, Scalfarotto al 2,5%-6,5%. Significa che Emiliano è ancora in corsa, nonostante la presenza del candidato grillino e di quello renziano (un regalo di Matteo Renzi ad Emiliano, per pareggiare un vecchio conto).

Pure per la Puglia si sta lavorando all’unità del centrosinistra. Ma a tempo scaduto.

La candidata grillina Antonella Laricchia, come il suo collega pentastellato nelle Marche ha detto no ad un’intesa. “Più importanti dei miei vantaggi personali ci sono gli interessi dei pugliesi“.

Non solo sondaggi

GIUSEPPE CONTE

In ogni caso, la situazione di partenza è di 4 uscenti a 2 per il Pd, fino a pochi giorni fa si profilava un 5-1 per il centrodestra, ora c’è una gamma che va dal 4-2 (per il centrodestra) al 3-3.

Ma nel caso Pd e Cinque Stelle dovessero trovare l’accordo, allora potrebbe tornarsi al 4-2 (per il Pd) di partenza.

Nel frattempo il Governo trattiene il fiato. Anche perché, dopo le elezioni, dovrà presentare il progetto per accedere ai fondi del Revovery Found. La forza politica farà la differenza.