Il campo di lavanda intorno agli impianti A2A che qui spaventano

A Brescia un campo di lavanda intorno all'impianto A2A profuma la città. Ad Anagni si allarga il fronte del dibattito. In serata riunione delle opposizioni. Gli ambientalisti di Civis contestano molte delle inesattezze dette in Consiglio.

Un immenso tappeto viola, nel silenzio rotto soltanto dalle cicale. Le nuvole intorno lasciano sperare. “Ma non pioverà” dicono con la esperienza i contadini di Corte Due Luoghi, l’azienda agricola che si estende per ettari nella piana di Brescia. Sono loro ad avere realizzato quel tappeto di lavanda che fa sembrare questi terreni una succursale della Provenza. Colora i campi tutti intorno al termovalorizzatore che quei genera energia per le case e le fabbriche, riscalda con i suoi vapori migliaia di abitazioni facendo quello che non vollero fare i ciociari con l’impianto di San Vittore del Lazio. Rimasero alla caldaia a gas rifiutando il teleriscaldamento.

A realizzare e gestore quel termovalorizzatore è il colosso europeo A2A nel quale la maggioranza delle azioni sta in mano a Comune di Brescia e Comune di Milano. Uno scherzo da 13mila dipendenti e quasi 8 miliardi di fatturato. Qui natura ed evoluzione industriale vanno a braccetto.

La rabbia di Civis

Il consiglio comunale della scorsa settimana

Si potrebbe realizzare anche in provincia di Frosinone. Ne sono sicuri anche gli ambientalisti. Quelli di Civis, l’associazione di cittadini nata a Ferentino nel 2014 presso la Parrocchia di San Giuseppe e Sant’Ambrogio nella zona della Stazione. Duecento soci iscritti, un consiglio direttivo formato da sette persone.

Strutturati. Ci sono loro dietro l’annullamento di 4 autorizzazioni portate di fronte ai giudici del Tar. In 51 casi hanno fatto l’accesso agli atti amministrativi del settore Ambiente e presentato 34 memorie con osservazioni e relazioni. Sono loro ad avere vinto nel 2019 il bando nazionale del Servizio Civile nella Sezione “Conflitti Ambientali. Ci sono riusciti con il progetto sul Sin Bacino del fiume Sacco “Appennino Fragile”, realizzando fra l’altro il censimento di tutte le criticità ambientali nei Comuni di Anagni, Ferentino, Frosinone, Sgurgola, Ceccano; 14 incontri formativi con le scuole superiori sul SIN e sulle questioni ambientali.

Civis punta il dito contro il Consiglio comunale aperto tenuto la settimana scorsa ad Anagni per parlare dell’impianto con il quale ricavare metano bio dagli avanzi di cucina. Parla di “Occasione sprecata”: perché nella Sala della Ragione sono state dette un mucchio di inesattezze e ci sono state “troppe domande non fatte”. Contestano anche “gli inviti sbagliati”. Per loro “Il progetto è valido e rispetta le normative ambientali”. (Leggi qui Il metano si, la discarica no: la mossa di Natalia).

Ma cosa c’entra il progetto di Anagni con i campi di lavanda a Brescia? Vuole realizzarlo la stessa società: il colosso A2A. Direttamente, con il suo nome ed il suo logo, mettendoci la faccia.

Il progetto ed i punti deboli

Il bio digestore Mad
Civis fino a che punto conosce quel progetto?

Civis è intervenuta nel procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale per l’impianto di produzione di biometano di Anagni fin dal suo avvio nel 2017; lo conosce perfettamente.

Avete individuato delle criticità

Nelle osservazioni che presentammo nel 2018, rilevammo che il progetto aveva alcune criticità. Le quali le più importanti erano la distanza dagli stabilimenti a rischio d’incidente rilevante e la mancanza dell’indagine ambientale sul suolo, sottosuolo ed acque di falda. È fondamentale per verificare la presenza di eventuali contaminazioni.

Che fine hanno fatto quelle osservazioni?

Furono totalmente accolte dalla Regione. Che invitò la società proponente Energia Anagni srl (all’epoca posseduta per il 100% delle quote da Saxa Gres spa) ad integrare il progetto e modificarlo.

Energia Anagni ne ha preso atto?

Si, la società ha aggiornato i presidi tecnologici ed ambientali dell’impianto. Perciò, a nostro parere e per quel poco che conta, oggi il progetto è valido e la Valutazione positiva rilasciata dalla Regione Lazio è esente da mancanze.

Durante il consiglio comunale dell’altro giorno, alcune associazioni, non l’opposizione, hanno sostenuto che il progetto sia pericoloso per la salute

La società ha chiarito assetti, investimenti e finalità: ora Energia Anagni srl è controllata da A2A, uno dei player più importanti in Europa nella produzione di energia e recupero dei rifiuti. Restano in partnership in quota minoritaria la Saf SpA cioè la società formata da tutti i Comuni della Provincia di Frosinone e la Saxa Gres SpA. Chi sostiene che il progetto sia deleterio per ambiente e salute non ha portato un solo elemento a sostegno di quelle affermazioni. Non ha indicato una sola delle normative Ambientali e sanitaria che si ritengono violate e perché. Se non si portano questi elementi resta solo aria fritta come molta di quella che mercoledì scorso ha invaso la Sala della Ragione, altro che emissioni odorigene.

Conoscenze e pregiudizi

La linea dei bus a bio metano
Chi ha fritto l’aria?

I consiglieri comunali e molti degli altri intervenuti non sapevano che fine fanno la plastica, la carta, le lattine, il vetro e gli scarti alimentari delle loro tavole dopo che hanno collocato i mastelli davanti alla porta di casa. È imperdonabile. Era evidente che la maggior parte dei presenti non conosceva il funzionamento di un impianto di trattamento dei rifiuti come quello progettato ad Anagni, e pochi fra loro avranno visitato una discarica o un termovalorizzatore.

Cosa non sapevano?

La raccolta differenziata nella Provincia di Frosinone nel 2020 ha superato il 60%: i cittadini sono stati davvero bravi. La differenziata viene fatta per un fine: recuperare e riciclare i rifiuti. In questo modo si impedisce di consumare altre risorse ambientali, estrarre petrolio, tagliare i boschi, scavare le montagne, prosciugare fonti e fiumi… Ma la plastica, la carta, le lattine, il vetro, gli scarti alimentari (la frazione organica), non si riciclano da soli, per grazia divina. 

Vengono indirizzati ad impianti industriali che li triturano, li sciolgono, li impastano per diventare nuovi barattoli, nuove bottiglie, nuovi quaderni, nuovi oggetti e prodotti di uso quotidiano.

Gli scarti alimentari dei nostri pasti, gli sfalci dei nostri giardini, le potature nelle campagne, persino il taglio delle erbe che in questi giorni vengono rimosse lungo le nostre strade, costituisce oltre il 30% dell’intera raccolta differenziata. Anche tutta questa parte organica per legge deve essere recuperata: la produzione di biometano è un metodo efficiente ed efficace per farlo. Altrimenti non potrà che finire in discarica, in violazione delle leggi e generando danni ambientali.

Un momento del Consiglio comunale
Nel suo intervento, Legambiente ha spiegato bene che questo territorio ha paura per via dei gravi scempi ambientali fatti nel passato da chi ha gestito in maniera criminale

È la mancanza di impianti di trattamento dei rifiuti a favorire lo smaltimento criminale. Lo dice il Rapporto 2021 della Corte dei Conti che la vostra testata è stata l’unica a pubblicare. Quando lo smaltimento è un costo ci sarà sempre qualcuno che cercherà di evitare di pagarlo. Cercherà “scorciatoie” come quelle scoperte a Ceccano dal sindaco nei mesi scorsi dando la caccia all’origine dei cattivi odori. Bisogna dire con chiarezza che in provincia di Frosinone la maggior parte degli imprenditori vuole fare impresa senza violare la legge; a meno che anche su questo ci sia un pre-giudizio, come ha fatto notare con un ottimo intervento in Consiglio il sindacalista Mauro Piscitelli.

Ignoranza e bufale

Civis denuncia gravi inesattezze sostenute durante il Consiglio. Quali?

La prima “bufala” è quella secondo la quale i rifiuti non debbono uscire dall’ambito Provinciale. Invece, proprio perché la normativa prevede che le frazioni differenziate dei rifiuti devono essere sempre recuperate e riciclate e bisogna favorire questa attività, le stesse possono circolare liberamente su tutto il territorio nazionale. Tanto che la frazione organica dei nostri rifiuti oggi viene trasportata e recuperata in un impianto in Provincia di Padova. Lì ci fanno pagare una somma altissima che noi ci ritroviamo nella bolletta dei rifiuti. Coi nostri rifiuti ci fanno il bio metano. E se lo tengono loro.

Questo significa che non ha senso dire “l’impianto è troppo grande”: non esiste un limite legato al fabbisogno provinciale?

Esattamente.

L’altra inesattezza?

La seconda “bufala” è quella relativa al fatto che l’impianto di biogas vada collocato altrove. Il progetto lo colloca esattamente dove prevede la Legge. È dentro un’area industriale. Cioè dove stabilisce il Codice dell’Ambiente all’Art.196 comma 3; il Piano di Gestione dei Rifiuti del Lazio, conferma tale indicazione e ne fa un preciso obbligo. Perciò, l’impianto di produzione di biometano di Anagni, essendo collocato nell’area ASI rispetta la normativa; se fosse progettato in altro luogo la violerebbe.

La moratoria la volle Civis

Uno degli impianti A2A in Italia
Altro tema di discussione è la moratoria approvata dal Consiglio comunale il 30 marzo 2017 per dire no a tutti i nuovi impianti per la lavorazione dei rifiuti. Alla luce di tutti gli sviluppi tecnologici successivi è un suicidio: buona parte dell’industria del futuro si basa sull’economia circolare. Ha ancora senso quella moratoria?

All’epoca quella moratoria fu proposta da Civis e non solo al Comune di Anagni, ma anche a tutti i Comuni del nord della Provincia nei cui territori ricadevano le aree industriali. L’obiettivo però non è quello che hanno erroneamente rappresentato i Consiglieri comunali, strumentalizzando politicamente la ratio della delibera comunale.

Chiedevamo già all’epoca di puntare sull’economia circolare. Spiegando ai cittadini che il recupero e riciclo dei rifiuti è vantaggioso per tutti oltre che imposto dalle leggi. Nello stesso tempo, andavano cambiate alcune “regole del gioco”, ovvero modificare i Piani Regolatori, inclusi quelli dell’ASI, per selezionare e contingentare l’impiantistica che sarebbe stata realizzata sul nostro territorio, sviluppando quella dedicata al recupero e riciclo delle frazioni differenziate, ed opponendosi a quella per i rifiuti indifferenziati, per i quali ogni Provincia deve essere autosufficiente.

I pochi Comuni che hanno aderito alla proposta di Civis, fra i quali Anagni, hanno sì deliberato gli atti di indirizzo in tal senso, ma poi non hanno mai proceduto con quelle modifiche dei piani regolatori necessarie alla tutela del territorio, disattendendo quanto deliberato.

Ed ecco perché quanto affermato nel documento reso dai consiglieri di minoranza è una “bufala”: quella moratoria non si è mai concretizzata poiché la Giunta dell’epoca non ha mai dato corso all’atto d’indirizzo contenuto nella delibera del consiglio comunale, non ha mai voluto, in realtà, attuare la moratoria. Pretendere oggi dagli Uffici comunali e dal Sindaco il rispetto di quell’atto -rimasto sulla carta- è solamente una boutade politica.

L’inaugurazione del super impianto a Sant’Agata Bolognese
Legambiente ha evidenziato che su un impianto simile, progettato a Ferentino, c’è stato un parere negativo.

L’aneddoto è giusto ma i fatti non stanno così. Legambiente si riferiva al progetto presentato dalla società Rodesco a Ferentino. Contrariamente a quanto ricorda Legambiente, i due impianti sono tutt’altro che identici. Può ben dirlo Civis che contrastò la realizzazione di quell’impianto fin dall’inizio e fu costretta ad affrontare più di un giudizio avanti al TAR del Lazio per averne ragione. L’impianto progettato dalla Rodesco non era destinato alla produzione di biometano ma di compost e concimi ricavati dalla frazione organica dei rifiuti con un procedimento aerobico, e quindi con una sicura emissione odorigena di notevole entità, a differenza di quello di Anagni che basa la trasformazione del rifiuto su di un procedimento anaerobico.

Per queste ragioni, ed altre, la Regione Lazio valutò negativamente il progetto, completamente diverso da quello di Energia Anagni srl.

Le domande non fatte

Civis sostiene che non siano state fatte domande fondamentali. Ad esempio quali?

Andava chiesto al presidente Saf Lucio Migliorelli se è vero che con l’impianto di Anagni la tariffa per il trattamento della frazione organica di tutti i Comuni scenderà dagli oltre 150 €/ton di oggi, a circa 100 €/ton. Perché, se ciò fosse vero, equivarrebbe ad una diminuzione delle tariffe TARI e quindi ad un sicuro e diretto risparmio per tutti i cittadini.

Lucio Migliorelli

Inoltre, andava chiesto al presidente Migliorelli come la SAF spa intende utilizzare la parte di utili che le compete e che ricaverà dalla produzione di biometano. Infatti, mentre A2A e Saxa devono fare utili per remunerare l’investimento, la SAF spa ha un ruolo pubblico ed una mission diversa.

Nessuno ha domandato chi ha autorizzato l’impianto…

Non è stata fatta questa domanda perché avrebbe fatto crollare subito una serie di illazioni. Una delle associazioni ha fatto una palese insinuazione, lasciando intendere che anche sull’autorizzazione rilasciata ad Anagni potessero esserci delle opacità, in relazione all’inchiesta che ha portato alle dimissioni della dirigente del settore Ambiente. Ora, premesso che i promotori dell’impianto di Anagni non hanno bisogno di difensori d’ufficio, vale precisare che l’indagine della Procura di Roma riguarda appunto le discariche di Roccasecca e Monte Carnevale (Roma), e non altri impianti. E che il responsabile del procedimento dell’impianto di Anagni è un funzionario regionale diverso da quello indagato. È scritto a chiare lettere nell’atto.

Un’altra domanda non fatta riguarda l’ampliamento del termovalorizzatore di San Vittore del Lazio: come se Anagni servisse per distrarre l’attenzione.

Infatti è in calendario l’autorizzazione chiesta per ampliare l’impianto di San Vittore. Fuor di metafora: per compensare il deficit di fabbisogno venuto meno con la chiusura dei termovalorizzatori di Colleferro, si procede con l’ampliamento di San Vittore del Lazio; e anche in questo caso nel totale disinteresse delle associazioni della Valle del Sacco e dei sindaci dei Comuni dell’area nord della Provincia: altro chiaro esempio di “egoismo ambientalista”.

Le balle sull’inquinamento

Altro tema su cui non sono state fatte domande è l’affermazione del sindaco Daniele Natalia quando ha detto che in otto casi su otto non è stata trovata traccia dell’inquinamento che si sotiene abbia avvelenato la Valle del Sacco (Leggi qui Le balle sui veleni nella Valle del Sacco).

Senza perifrasi, ad oggi non esiste alcuno studio scientifico, validato da Enti terzi, che dimostri che nella Valle del Sacco vi è aumento delle patologie che causano decessi, in specie dei tumori, in percentuale maggiore alla media del Lazio e di quella nazionale; tantomeno esistono riscontri che tale preteso aumento, se esiste, sia direttamente connesso alla presenza degli inquinanti nelle matrici ambientali della Valle del Sacco.

Insomma, il dramma sanitario non c’è, ma permane l’elevato rischio che la presenza degli inquinanti possa compromettere lo stato della salute della popolazione.