La strategia di Zingaretti per evitare la trappola delle dimissioni

Zingaretti convoca i capigruppo: la data del voto si sceglie insieme. È una mossa strategica, tutt'altro che alla Ponzio Pilato. Ecco perché

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

Nessuna trappola, nessun attraversamento delle Forche Caudine: la via scelta da Nicola Zingaretti per portare la sua Regione Lazio alle elezioni è quella tracciata dallo Statuto. Doveva essere il percorso più logico: si è trasformato in una strada piena di insidie.

La giacca gli è diventata più larga di due taglie: gliel’hanno tirata tanto da destra quanto da sinistra. Per convincerlo a sbaraccare il prima possibile e portare il Lazio alle urne il più vicino che si potesse alle votazioni Politiche del 25 settembre, per sfruttarne il vento. Anzi no, il più lontano possibile: per consentire al dibattito nazionale di evaporare ed aprire quello regionale, costruito su basi completamente diverse. Dipende dal fronte: via subito, via più tardi che si può.

Come nel suo stile, Nicola Zingaretti è sfuggito dalle mani di chiunque tentasse di stringerlo. Ha convocato i Capigruppo e deciderà insieme a tutti loro in quale data la regione Lazio tornerà alle urne.

La via dello Statuto

La Regione Lazio durante il primo governo Zingaretti ha riformato il suo Statuto. Ha introdotto nel 2017 un criterio con il quale stabilire in modo certo il periodo entro il quale tenere le elezioni.

Con quella riforma ha tagliato il numero dei Consiglieri, stabilito la parità di genere, imposto ai sindaci delle grandi città di dimettersi se vogliono candidarsi alla regione. Ma soprattutto ha fissato un termine: le elezioni devono tenersi entro 90 giorni dalle dimissioni o dalla scadenza (a seconda dei casi) del governatore uscente. (Leggi qui: Via il listino: la riforma elettorale nel Lazio è legge).

Il che, sfruttato bene, consentirebbe a Nicola Zingaretti di avere un margine molto ampio nel quale scegliere. Se si fosse dimesso il giorno in cui ha accettato la candidatura oggi saremmo nel pieno della campagna elettorale anche per le Regionali; se si dimettesse il giorno dell’elezione in Parlamento si voterebbe a ridosso di Natale; se aspettasse la prima seduta parlamentare si voterebbe entro fine gennaio; ma se aspettasse che la Commissione per le Elezioni gli contestasse la sua incompatibilità invitandolo a scegliere tra Parlamento e Regione, si voterebbe a fine febbraio cioè a ridosso della scadenza naturale del mandato.

Proprio per questo hanno iniziato a tirarlo per la giacca, da un lato e dall’altro. E proprio per questo lui ha scelto di convocare i Capigruppo per fissare la data del voto tutti insieme: maggioranza ed opposizione.

La mossa strategica

Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi

Non è una mossa alla Ponzio Pilato. Anzi, rappresenta l’esatto contrario. Fissando adesso la data delle elezioni Regionali, senza i risultati delle Politiche che si terranno il 25 settembre, ognuno verrà chiamato a fare il proprio gioco.

È vero che al Partito Democratico conviene prendere tempo. Perché deve verificare che Pd uscirà dalle urne del 25 settembre e comprendere quali sono i nuovi rapporti di forza disegnati dal passaggio dell’onda del voto. Allo stesso tempo è vero che anche al Movimento 5 Stelle occorrerà un po’ di tempo: per leggere il suo risultato nel Lazio e verificare se è ancora compatibile con la linea del dialogo confermata nelle settimane scorse dall’assessore Roberta Lombardi; che si è detta favorevole alla prosecuzione di una collaborazione come quella costruita in questa Legislatura giunta agli sgoccioli.

Il tempo sarà necessario al polo centrista di Calenda e Renzi: per verificare quanta differenza ci sarà tra i sondaggi ed il voto reale. E come sostanziarlo alle Regionali. Potrebbero decidere di confermare il Modello Lazio costruito da Nicola Zingaretti ma potrebbero anche decidere di non formare l’alleanza, proseguendo nella rotta tracciata su scala nazionale in queste elezioni. I numeri saranno fondamentali.

I movimenti degli Stati Maggiori

Giuseppe Conte

Gli Stati Maggiori nazionali sono già all’opera. Giuseppe Conte ha lanciato segnali chiari in direzione dell’area Pd di Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini: quelli che l’avrebbero voluto come federatore dei progressisti. Non a caso nelle ore scorse ha detto di conoscere bene Bettini definendolo “una persona che ha cercato di articolare una prospettiva politica e molto generosamente ha lavorato in questa direzione”.

È evidente che subito dopo il voto partirà il confronto per ricostruire il dialogo con l’ala sinistra del Pd. Tanto quanto Dario Franceschini e Bruno Astorre lavoreranno per costruire un analogo asse con il fronte di Matteo Renzi e Carlo Calenda.

Che in chiave Regionali del Lazio significa puntare a ricostruire il Campo Larghissimo generato da Zingaretti in questi cinque anni. La perdita anche di uno solo dei componenti farebbe saltare la coalizioni mettendo la vittoria nelle mani del centrodestra. La convinzione è che quella nel Lazio sia una partita del tutto diversa da quella delle Politiche: perché il voto diretto del candidato e delle politiche locali è un’altra storia come hanno dimostrato nelle settimane scorse le elezioni bis a Latina, rivinte dal sindaco Progressista Damiano Coletta.

Anche a destra serve tempo

Proprio per questo anche al Centrodestra occorre tempo. Per studiare lo scenario che verrà a determinarsi all’interno della coalizione subito dopo il voto del 25 settembre.

I sondaggi dicono che Fratelli d’Italia sta fagocitando Lega e Forza Italia, riducendoli a termini molto più piccoli di quelli attuali: il che potrebbe avere conseguenze sui rapporti futuri. Inoltre la situazione economica del Paese è a ridosso del collasso: la riduzione del gas dalla Russia, le scelte di non venderci energia né dalla Francia né dalla Germania possono essere un colpo mortale per l’Italia uccidendo il suo tessuto industriale. E trasformandoci in una specie di Eurodisney dove venire a fare le vacanze.

Questo imporrà scelte coraggiose al futuro governo. E quelle scelte potrebbero creare sacche di discussione sulle Regionali. Alle quali appare chiaro che il candidato governatore dovrà esprimerlo Fratelli d’Italia. Ma non sono sopite le legittime aspirazioni d’una parte di Forza Italia.

Il Lazio ha dimostrato in questi anni d’essere una Regione strategica. È per questo che occorrerà una figura esperta e capace politicamente. La stagione dei volti televisivi, capaci di catturare consenso potrebbe subire uno stop. Ma i nomi politicamente più strutturati ora sono sulla via per Camera e Senato.

Proprio per questo, anche al centrodestra conviene prendere tempo. E Nicola Zingaretti lo ha capito. È per questo che ha convocato i Capigruppo.