Pd condannato all’irrilevanza. E i capi (anche locali) si nascondono

Il Pd si avvia a condannarsi all'irrilevanza politica. Il contesto ricorda quello della Dc ai tempi di Martinazzoli e dello smantellamento progressivo. Colpisce il silenzio. Soprattutto quello delle figure di riferimento sui territori

Il Partito Democratico così è condannato all’irrilevanza politica. Da giorni ormai si parla soltanto del tormentone del governo Lega-Movimento Cinque Stelle, della riabilitazione politica di Silvio Berlusconi che può spingere Forza Italia, della netta presa di posizione di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni nei confronti di Matteo Salvini. Nemmeno una parola sui Democrat.

Sabato 19 maggio c’è l’assemblea nazionale del Pd, in un clima surreale, con forti rischi di scissione. Proprio per questo c’è chi vorrebbe proporre un nuovo rinvio, che però assomiglierebbe ad una resa completa. In realtà si è rotto il blocco che Walter Veltroni aveva saldato all’inizio, quello tra ex Dc ed ex Pci. Maurizio Martina vorrebbe che fosse l’assemblea a scegliere il segretario, Matteo Renzi preferirebbe il congresso, le minoranze non si fidano e temono un colpo di mano per passare la reggenza da Martina a Matteo Orfini, Walter Veltroni fa un appello disperato (mai pensato di provare a tornare in campo?).

Sembra la situazione della Democrazia Cristiana di Mino Martinazzoli, quella che nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica passò da più del 30% al 10%, stretta nella morsa “o di qua o di là” di Silvio Berlusconi da una parte e di Achille Occhetto dall’altra.

Sorprende anche il silenzio tombale dei protagonisti locali, che per decenni o anni sono riusciti (con merito e legittimazione) a ricoprire ruoli importanti. Francesco De Angelis ha fatto il consigliere e l’assessore regionale, ora ricopre il ruolo di presidente dell’Asi. Possibile che non abbia nulla da dire sul suicidio politico di un Pd alla deriva? Non è più questione di scegliere tra Matteo Orfini e Nicola Zingaretti, il punto è contribuire a tirarsi fuori dall’angolo.

I consiglieri regionali Mauro Buschini e Sara Battisti davvero pensano che si tratti solo di “passare la nottata”?

Perfino gli ex parlamentari Francesco Scalia, Maria Spilabotte e Nazzareno Pilozzi dovrebbero far sentire la loro voce. Per non parlare dei sindaci, del presidente della Provincia Antonio Pompeo e di tutti gli altri.

La strategia di stare all’opposizione per avvantaggiarsi eventualmente dei disastri del prossimo governo (se ci sarà) rappresenta una condizione futura e incerta. È in questo momento che il Pd dovrebbe effettuare una svolta unitaria. Invece tutto lascerebbe pensare che da un lato Matteo Renzi stia pensando a dare vita ad un nuovo governo di stampo centrista (sul modello di Macron), dall’altro gli ex Ds soprattutto (ma pure centristi come Dario Franceschini) stanno già costruendo un Partito Democratico senza Matteo Renzi. Magari puntando su figure simbolo come Walter Veltroni ed Enrico Letta.

Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti appare intenzionato a provare a scendere in campo, a concorrere per la segreteria, a raccogliere le minoranze. Ma servono gesti forti, senza compromessi. Il momento è ora.

Domani è un altro giorno, quello dell’irrilevanza del Pd.

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