Salvini accelera “Province entro il 2024”. Cosa succede a Frosinone

Le parole pronunciate oggi dal vice premier Salvini. La "controriforma" della Delrio che al Governo tutti vogliono. Ed i possibili incastri sullo scenario ciociaro. Con Frosinone centrale

Roberta Di Domenico

Spifferi frusinati

Lo squillo di tromba per il ritorno delle Province viene suonato poco prima di mezzogiorno. Lo intona il vicepremier Matteo Salvini al termine di un incontro con i sindaci a Forte dei Marmi (Lucca). Tre frasi ed un effetto dirompente: “Mi chiedono di reintrodurre le Province. Io da segretario della Lega ne sono straconvinto. Le Province servono per scuole e strade ed è una battaglia che spero di portare al successo. Bisogna tornare all’elezione diretta, con le competenze, la scelta diretta dei cittadini”.

Basterebbe già questo. Però lascerebbe la puzza di populismo, come il soffritto che riempie l’aria e scatena l’acquolina ma a poi in padella c’è assolutamente niente. Invece no. Matteo Salvini questa volta va alla polpa della questione ed aggiunge altri due passaggi. Dice che bisogna mettere “i soldi perché altrimenti strade provinciali e scuole superiori, che devono essere gestite dalle Province, senza soldi e senza personale non hanno manutenzione“.

Poi lo scossone finale: “Se tornassero già nel 2024 sarebbe segnale di efficienza“.

Il progetto c’è

Palazzo Chigi

Il progetto di legge del Governo è di fatto la sintesi di tutte le proposte di legge sullo stesso tema presentate dai vari Partiti nel corso di questa legislatura. Ha un titolo. È “Nuova disciplina in materia di funzioni fondamentali, organi di governo e sistema elettorale delle Province e delle Città metropolitane e altre disposizione relative agli Enti Locali”.

Si compone di 15 articoli e prevede in sostanza il ritorno delle Province ad enti di primo livello. Cioè com’erano prima che ci mettessero mano Matteo Renzi Graziano Delrio trasformandole in quel Frankenstein che sono oggi: elette solo da sindaci e consiglieri, senza il voto dei cittadini, svuotate di competenze e di personale. Ma vive.

Sul ritorno al passato almeno per l’elezione del Presidente della Provincia e dei Consiglieri Provinciali, sono indicativi gli articoli 6 e 7 del testo. Prevedono “Il Presidente della Provincia è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente al consiglio provinciale. La circoscrizione elettorale coincide con il territorio provinciale.”

Bye bye Delrio, torna il suffragio universale

Graziano Delrio

Ed ancora. “Il Consiglio provinciale è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente al Presidente della Provincia”. E torna la politica. Rientra dalla porta principale attraverso un passaggio sull’elezione dei Consiglieri. Per loro: “La circoscrizione elettorale è ripartita in collegi plurinominali ai quali, di norma, è assegnato un numero di seggi non inferiore a tre e non superiore a otto“.

Significa che ogni area della provincia avrà i suoi Consiglieri a rappresentarla in Aula.

Oggi il mostro creato dalla Delrio prevede un Presidente di Provincia che sostanzialmente può fare quello che gli pare. A Frosinone Luca Di Stefano ha impiegato oltre sei mesi per assegnare le deleghe ai suoi Consiglieri. Potrebbe governare da solo. Non sono previsti gli assessori, non è prevista la Giunta.

Ora l’articolo 2 ‘Organi di governo delle Province’ prevede invece che gli organi di governo siano il Presidente della Provincia, la Giunta provinciale, il Consiglio provinciale. E fissa i compiti di ognuno.Il presidente della Provincia rappresenta l’ente, convoca e presiede la giunta, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti. Esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto. Il Presidente della Provincia nomina una giunta, con un numero massimo di quattro assessori. Di cui uno con funzioni di vicepresidente, nelle province con una popolazione sino a 500.000 abitanti.”

Dalla Commissione alle Camere, poi è fatta

L’Aula della Camera dei Deputati a Montecitorio

La legge è attualmente al vaglio della I Commissione del Senato. Potrebbe essere inviata alle Camere per la trasformazione definitiva in Legge dello Stato, entro l’anno. Nei mesi scorsi c’era stata una forte accelerazione, sia da parte del Governo che di tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione. Questo per avere al più presto approvata la Legge di nuova riforma delle Province. Poi c’è stato un rallentamento improvviso: perché il progetto di legge delle Province è diventato oggetto di contrattazione tra i Partiti.

Cosa contrattano? Si vorrebbe arrivare a legiferare anche il terzo mandato per i sindaci. È lo schema sul quale aveva lavorato fino alla fine dello scorso 2022 Antonio Pompeo, nella sua veste di Presidente dell’Unione Province del Lazio e relatore dell’Unione Province d’Italia. Lo schema era pronto e condiviso nella sostanza con tutti gli schieramenti. Prevedeva di estendere a 3 l’attuale limite di due mandati consecutivi per i sindaci dei Comuni più grandi. Oggi possono farlo solo i centri con meno di 5mila abitanti.

Come ti ricolloco il Sindaco in scadenza

Antonio Pompeo aveva individuato un problema che si pone ora per tutti. Un problema di “ricollocazione” per i sindaci giunti al compimento del secondo mandato e non più ricandidabili. Chiedono ai propri Partiti di essere “ricollocati” al rango superiore: in Regione o al Parlamento. Dove ora ci sono 350 posti in meno a causa dei tagli imposti da un referendum che nessuno voleva e nessuno ha avuto però il coraggio ci contrastare.

È accaduto così che le liste sono diventate una specie di corteo come quello di Vittorio Emanuele III in fuga a Brindisi. La domanda di poltrone è notevolmente superiore all’offerta. Invece con il terzo mandato per i sindaci i Partiti avrebbero un po’ di respiro e margini di manovra. Per questo la riforma delle Province e quella con il terzo mandato per i sindaci sono legate a doppio filo. Ed entrambi i testi, dopo la pausa estiva potrebbero avere una condivisione e soluzione da parte di tutte le forze politiche. Ed essere velocemente approvati dal Parlamento.

Dall’approvazione alla messa a terra concreta quanto passerà? Anche in questo caso è una questione di volontà. La bozza del testo prevede che “dall’entrata in vigore della legge il Governo avrà dodici mesi di tempo per disegnare i nuovi collegi plurinominali in cui le circoscrizioni elettorali delle Province saranno articolati”. Ma volendo fare in fretta si possono rispolverare gli stessi collegi nei quali erano divise le Province fino alla riforma che le ha trasformate.

E non solo. Si potrà andare al voto anche prima che l’esecutivo disegni i Collegi (o ripristini quelli che Delrio aveva soppresso). Le norme transitorie prevedono che si vada al voto con la nuova disciplina elettorale nel primo turno utile dopo la scadenza dei consigli provinciali in carica all’entrata in vigore della nuova legge. E i collegi? La norma transitoria dice che per partire si può considerare tutta la Provincia come un unico collegio.

Lo scenario possibile per Frosinone

L’Aula del Consiglio Provinciale di Frosinone

Cosa succederebbe a quel punto all’Amministrazione Provinciale di Frosinone? Dipende molto dal sistema elettorale. Se la Legge di riforma viene approvata entro l’anno e si andrà al voto con l’elezione diretta da parte dei cittadini, ci sarebbe una conta interna ad ogni singolo Partito. Tanto nella maggioranza, quanto nell’opposizione. Si tratterebbe di una elezione come quella per il Comune: dove ogni lista corre per conto proprio. E punta a far eleggere in Consiglio provinciale uno o più rappresentanti. Consigliere eletto che in caso di vittoria del suo candidato Presidente potrebbe anche fare l’assessore.

La Provincia di Frosinone sta subendo il crollo nel numero dei suoi abitanti: è scesa sotto il mezzo milione di ciociari. Al censimento del 2019 sono 489.083 cioè appena 10.917 sotto il tetto dei 500mila abitanti. Ed in questo caso la legge prevede che ci sia un massimo di 4 assessori. Ovviamente con relativo, legittimo, emolumento: cosa che la Delrio aveva cancellato, disponendo che presidente e consiglieri si assumessero i rischi quotidiani del governo provinciale per zero euro. Un assurdo giuridico che è stato cancellato al primo ricorso.

E qui si apre un mondo.

Assessori ciociari, si apre un mondo

Il presidente Luca Di Stefano con il Consiglio Provinciale

Con la nuova legge, per essere candidato al Consiglio provinciale non è necessario essere amministratore: non bisogna obbligatoriamente essere consigliere comunale o sindaco come invece è ora. Potrà candidarsi chiunque, senza nessun ruolo amministrativo. Per essere ancora più chiari e realisti del re: i Partiti o anche le liste civiche potrebbero candidare alla Provincia un assessore del Comune o eventualmente anche il primo dei non eletti. Oppure chiunque altro.

Questa prospettiva consentirebbe sia alle forze politiche che eventualmente anche al sindaco di soddisfare eventuali nuovi appetiti autunnali. Appetiti oggi solamente in stand by da parte di qualche consigliere insoddisfatto o malpancista. O anche di chi è rimasto fuori dal Consiglio Comunale e siede speranzoso in panchina. Potrebbe usare le candidature per riassestare la Giunta Comunale, ricalibrare la maggioranza e arrivare a fine consiliatura in tutta tranquillità e unità. O almeno questo sarebbe l’obiettivo.

Se invece si dovesse votare ancora con il sistema attuale sarebbe uno scenario del tutto diverso. Perché oggi votano solo gli amministratori comunali ed i sindaci. E possono essere candidati e poi eletti solo loro.

Il peso del loro voto è ponderato: cioè ha un valore ‘pesato’ sulla base di un coefficiente che tiene conto del numero di cittadini rappresentato da quel sindaco o quel consigliere. Quindi il peso specifico dei Consiglieri comunali di Frosinone e Cassino è il massimo: se votassero in maniera compatta eleggerebbero quasi da soli il presidente della Provincia. Se decidessero a tavolino chi deve fare il Consigliere provinciale, Frosinone e Cassino ne manderebbero ben 4 a Palazzo Iacobucci.

Così come avvenne nelle elezioni del 2019. Era sindaco Nicola Ottaviani con un’amministrazione di centrodestra: grazie ad una precisa strategia di squadra, sia nella maggioranza che nell’opposizione, il Capoluogo fece letteralmente cappotto. Riuscendo ad eleggere ben 4 consiglieri provinciali: Campioni e Guglielmi nella Lega; Sardellitti e Savo per il  Pd.

Il presupposto che manca: la condivisione

Oggi una operazione del genere non è più replicabile. Tanto nel centrodestra e tanto nel centrosinistra. Perché per arrivare a centrare l’obiettivo di eleggere 4 consiglieri provinciali ci deve essere totale unità e condivisione tra i Partiti e le liste civiche.

Nel centrodestra di Frosinone è difficile ipotizzare che Lega, Fdi, Forza Italia e le altre liste civiche decidano di convergere tutte su un paio di nomi sicuri tra gli attuali consiglieri comunali del capoluogo, da eleggere in Provincia. Quello che è accaduto con l’elezione del Presidente della Provincia Luca di Stefano e poi alla SAF è indicativo.

Lega e FdI, fuori dal perimetro del Comune capoluogo non saranno mai d’accordo. Su nulla. Discorso speculare nell’opposizione. Complicato, se non impossibile, in questo momento, mettere d’accordo Pd, Lista Marzi, Lista Marini, Polo Civico e Partito Socialista. E farlo per concordare tutti insieme una o più candidature certe, per farle entrare a piazza Gramsci da Consigliere provinciale. Più facile fare 6 al Superenalotto.

Il documento di forte denuncia politica nei confronti della maggioranza Mastrangeli, firmato qualche giorno fa, solo da Pd e Lista Marzi è fortemente indicativo di quale sintonia e senso di unità ci sia nell’opposizione consiliare di Frosinone in questo momento.

Qualunque sarà la forma di elezione del prossimo Consiglio provinciale, quella attuale o da parte dei cittadini, Frosinone e l’amministrazione comunale saranno comunque centrali e strategici. Per le strategie politiche di tutti i partiti. Nessuno escluso.