Salvini e Di Maio soli al comando, i parlamentari locali informati sempre dopo

Il leader della Lega davanti alla scelta: o accetta la mediazione su Savona o si vota a fine luglio. E non in autunno. Salvini temporeggia. Di Maio sulla graticola. Ed i locali? Nessuno viene consultato. I Gruppi non votano la linea. Decidono tutto i leader

Luigi Di Maio è stato contestato ieri sera nel corso della riunione dei gruppi parlamentari del Movimento Cinque Stelle, sia perché secondo più di qualcuno in questi 88 giorni di trattativa sarebbe stato politicamente “incartato” dal leader leghista Matteo Salvini, sia per una scarsa condivisione con gli alleati delle strategie adottate.

Strategie peraltro ondivaghe: accordo con il Pd, no meglio con la Lega. Impeachment del Presidente della Repubblica, non ritiriamo tutto. Paolo Savona all’economia, no meglio spostarlo ad un altro ministero. Una linea politica forse anche pragmatica ma sicuramente poco penta stellata.

Negli ambienti grillini si narra che Alessandro Di Battista, appena partito per gli Usa, abbia una valigia pronta per l’imbarco con destinazione Italia al Jfk di New York. È evidente che Di Maio non vuole tornare alle urne perché teme di essere asfaltato dalla Lega e di perdere la leadership. Per restare capo ha bisogno che il Governo nasca.

 

Matteo Salvini, al contrario, sta soffiando sul fuoco delle polemiche, vede solo le elezioni anticipate, è diventato lui il titolare dei due forni (centrodestra o Cinque Stelle), ha isolato Silvio Berlusconi portando Giorgia Meloni dalla sua parte.

Eppure, anche lui ieri sera ha dovuto tener conto delle rimostranze della base leghista e perfino del Cardinale Richelieu del dio Po, Giancarlo Giorgetti. Il messaggio che gli è arrivato è quello di provare a far partire davvero il governo.

Vedremo quello che succederà, ma se Salvini si smarcherà ancora una volta, allora sarà chiaro che non intende assumersi ora la responsabilità del governo, che ha “fregato” i Cinque Stelle e che medita di tornare a capo del centrodestra.

Un messaggio politico che però potrebbe frenare l’avanzata nei sondaggi. Perché un leader le responsabilità se le assume, non le rifugge.

Anche perché in gioco ci sono davvero il futuro, i risparmi, il lavoro, le speranze degli italiani.

Quello che Di Maio e Salvini hanno avuto in comune in questi 88 giorni è l’assoluta “solitudine”. Nel senso che hanno fatto e disfatto loro, scelto e sbagliato loro. Non è che non hanno coinvolto la base, è che non hanno coinvolgo neppure i gruppi parlamentari.

Ieri sera Francesco Zicchieri, vicecapogruppo della Lega era a Frosinone con Domenico Fagiolo, ma non sapeva quali fossero le reali strategie salviniane. Neppure il deputato Francesca Gerardi e il senatore Gianfranco Rufa ne erano a conoscenza.
Stesso discorso per i Cinque Stelle: Luca Frusone, Ilaria Fontana ed Enrica Segneri, come i loro colleghi, sono sempre stati informati dopo di quello che era successo.

Nulla di nuovo, perché Silvio Berlusconi e Matteo Renzi accentrano perfino la decisione sulla disposizione delle sedie. Ma Forza Italia e Pd sono partiti vecchi.

Lega e Cinque Stelle parlano di governo del cambiamento e di centralità dei cittadini. Ma Salvini e Di Maio decidono tutto loro. Finché la ruota gira…

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