Il Dio che Meloni vuole proteggere come il panda: per indole e strategia

La premier rilancia il vecchio slogan a tre da Budapest: perché ci ha sempre creduto e perché crederci oggi è utile per le Europee

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

È più o meno dall’estate scorsa che Giorgia Meloni non nominava con pignoleria di trittico Dio, Patria e Famiglia. Il dato è politico prima ancora che di traino ideale. Le Europee si avvicinano e da parte della premier c’è da recuperare una base identitaria lasciata indietro a contare i gagliardetti ed a strofinarsi nervosa le celtiche tatuate sugli avambracci. Almeno fino al prossimo giro d’urna.

Draghiana quanto basta e sovranista quando serve Meloni è quindi tornata su un loop antico ma sempre moderno, centrale e funzionale al contempo. Lo ha dovuto fare per non scontentare nessuno tra le due sponde del fiume Ue che intende guadare nel 2024. E per raccogliere più messe possibile nei due campi su cui va di vomere.

Anche la Lega si attrezza, con il Crocifisso a scuola

Matteo Salvini (Foto: Alexandros Michailidis © Imagoeconomica)

Il claim della fede e dei suoi totem non è solo roba del bigoncio di Meloni: proprio nelle stesse ora in cui la premier rimetteva Dio al centro delle priorità concettuali la Lega salviniana toglieva la polvere al tema del crocifisso nella aule. Insomma, Dio è tornato ad essere quello che è sempre stato per un certo destra centro. Una specie di panda da salvare dall’estinzione e dai pericoli di un agnosticismo imperante che, guarda caso, abita proprio e per lo più nei petti di chi il destro centra non lo vota.

Dobbiamo dirlo altrimenti si scadrebbe nella disonestà: specie nel caso della Meloni a muovere i suoi intenti non è solo il funzionalismo. Fratelli d’Italia è e resta un Partito di basi cattoliche solidissime grazie ad un battage che ha sempre messo l’acquasantiera accanto al labaro. L’impalcatura è alla Ossian, quasi norrena, ma la polpa è quella per cui se non ti attacchi ad un collante cristiano lo stesso concetto di “valori” ti viene meno.

Perciò rischi di morire prima ancora di aver fatto cose in attesa della morte. Morte che per i cristiani sarà pure trapasso, ma vuoi mettere fare tante cose mentre ci arrivi? Nel corso degli ultimi anni però la struttura fideistica e di consenso della destra è finita “sotto attacco”. E ci è finita proprio ad opera di quella parte da cui ci si aspettava solo carezze paterne. Il “nemico” è fuori dal Vaticano, ma lì oggi c’è chi non vede più nemici, quindi è un guaio.

Frosinone e il “nuovo corso”, come con con Zuppi

(Foto © Stefano Strani)

Chiuso il severo ciclo ratzingeriano con Meloni e Fdi partitucolo di opposizione pieno di buone intenzioni ma povero di consensi era arrivato Bergoglio. E con Papa Francesco aveva prima fatto capolino, per poi esondare, un’idea della Chiesa “sovvertita”. Idea che sembrava pronta a scippare la titolarità laica del concetto di Dio a quei Partiti che lo avevano arruolato come Colla Suprema della loro integrità. E nel tempo quella semenza di tolleranza, quel new deal etico aveva messo radici.

In provincia di Frosinone un vescovo come Ambrogio Spreafico celebra San Lorenzo. E spiega che “egli ci mostra che vivere da cristiani implica l’impegno a costruire un mondo in cui si possa vivere insieme nella differenza di ognuno.

E Matteo Zuppi, verolano di origine, Arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, è il nuovo nuncio di una nuova sensibilità ecclesiastica. Vola in Ucraina al posto di chi ne avrebbe delega, è a Pechino per ricucire l’inquieta geopolitica di questi mesi.

Ma soprattutto è figura in cui si condensa la nuove veste fiduciaria e prog di una Chiesa che non presta più l’idea di Dio a chi lo vorrebbe usare come setaccio. Come discrimine tra ciò che salva il mondo e ciò che del mondo è la parte da redimere, ma comunque spuria. La neo tolleranza di oggi ha spinto perciò le pedine del domino.

Neo tolleranza: Bergoglio spariglia tutto

Matteo Zuppi (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Ed i Partiti come quello della Meloni e la Meloni per prima, la sola a saper cogliere queste sottigliezze (e non se ne abbia il suo stato maggiore evanescente), a capire che è tempo di tornare ad una nuova narrazione.

Lo fanno tutti, da sempre. Dalle aberrazioni del “Deus vult” ed al Got mit uns di epoche buie al “croce su croce” della “migliore” Dc.

Dio non è certo una burba nei fogli matricolari degli eserciti che se lo sono messi in casa. Ma con lei, con Meloni, si vede di più. Troppa opposizione per troppo tempo e poi, tutta in una volta, la maggioranza. E i bizantinismi connessi.

Per mesi Giorgia Meloni ha dovuto abdicare dai capisaldi della mistica politica da cui proviene. Ma soprattutto, abdicando da essi, ha messo in fondo all’agenda politica quei punti del programma e quelle architravi ideali che per i militati di destra sono Bibbia, Vangelo e Parola. Ed ha messo in angolo la “sua gente”. Un solo modo di concepire la famiglia, un certo modo di concepire la Patria. E poi l’unico modo di avere Dio tra le proprie fila.

Il palco perfetto per dirlo: casa Orban

Giorgia Meloni e Vktor Orban

Cioè usandolo come camola per far allamare un elettorato che tra qualche mese tornerà ad essere decisivo. Ovviamente serviva un contesto e proprio quello ha un po’ esacerbato la faccenda. Tornare al concetto primigenio di un Dio per il quale ti metti i galloni va fatto dove l’eco di quella campagna di arruolamento è forte. E cosa c’è di più forte, tattico e potenzialmente strategico di Casa Orban?

Bisogna “difendere Dio”. Meloni, che è ruffiana di grana finissima perché parla di cose eticamente importanti a cui lei per prima ha fatto callo benevolo, lo ha detto al Budapest Demographic Summit. Ed avendo di fronte la mole molossa di Viktor Orbán. Ora però, appurato che Dio va difeso e che dire che va difeso serve anche per i consensi Ue, resta da stabilire da cosa Dio debba essere difeso. Da cosa o da chi.

Il Foglio riporta una risposta tranchant di Massimo Cacciari, che da filosofo e filosofo di sinistra sembrava la persona più adatta a rispondere. Cacciari però non è uno che cade nei trappoloni. E soprattutto non è tipo che si presti a prestare gli strumenti della sua professionalità alle epifanie pop della politica ortolana di destra centro.

Cacciari: “Mi prende per il culo?”

Massimo Cacciari (Foto: Paolo Lo Debole / Imagoeconomica)

Perciò ha liquidato il tutto con un “ma mi prende per il culo? Vuole che mi metta a commentare la teologia della Meloni?. Poi però un po’ l’ha spiegata, perché in ogni filosofo abitano un vanesio ed un docente. “Gli uomini sono ormai diventati del tutto inetti al pensiero di Dio”.

Quindi qualcosa peppia e come sempre Meloni quella cosa l’ha fiutata, anticipata e messa a giogaia. Sia del suo personalissimo “amarcord” formativo che dei suoi bisogni elettorali a medio termine.

Il sunto è che la premier non ha lanciato una nuova quanto anacronistica crociata. Però ha intuito benissimo che il solo accennarvi, in un universo mediatico globalizzato, era manna. Perché le sue frasi sarebbero state riprese ed analizzate dai centomila esegeti con i calli da tastiera, poi metabolizzate blande dalla parte mediana della società.

L’obiettivo e chi non sa di esserlo

Ma soprattutto perché, dopo questo trascurabile screening ontologico che anche qui azzardiamo, le sue frasi sarebbero andate a fare il nido nella coscienza basica di milioni di analfabeti funzionali. Non perché avere una certa idea di Dio sia da analfabeti, sia chiaro, la Fede non è cosa su cui celiare, neanche anche da parte di chi non ce l’ha. Ma perché per moltissimi analfabeti intruppati il solo evocare Dio significa richiamare un dovere. Quello di dimostrare che “hai capito” pur non avendo capito una ceppa, e fare la tua parte per difenderlo, quello che non hai capito.

Come? Ma ovvio, votando chi Dio se lo è messo a capo dei reggimenti. In una guerra che non esiste ma in una competizione che esisterà e come. E che tra qualche mese sarà talmente polarizzata che votare per Ecr, Ppr e identità sarà come andare a bastonare il Feroce Saladino.

Quello che alla fine e dopo Hattin, si dimostrò molto più tollerante dei crociati che erano arrivati a punirlo in quanto diverso. Nel nome di Dio. Ma questo gli analfabeti non lo sanno, perciò è trascurabile, perché libertà e voto sono un diritto automatico, non certo una conquista acquisita. E per le Europee non servono lettori, ma elettori. E Giorgia, che per questo ha imparato ad amare la democrazia, lo sa.