Il modello del centrodestra di Cassino è di sinistra, come quello in foto a Narni

O vincitori e timorosi assieme o sconfitti e tranquilli ognuno per sé: la lezione sarda e lo scenario a parti invertite sulla Città Martire

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

O vincere collegialmente, tutti affratellati dall’obiettivo, o prenderle ciascuno per il suo e rammaricarsi del fatto che non ci si messi in team. “Capito mi hai?”. E che poi sia team con storia ed appetiti diversi poco cale, perché sia chiaro: in democrazia rappresentativa superare le differenze è molto meno doloroso che rammaricarsi sul fatto di averle seguite con troppa tigna. Da questo punto di vista il modello Cassino fa scuola e richiama per di più un paradosso a due facce storiche.

Quella di un centrosinistra che si unì in crasi tra Pd e Movimento Cinquestelle, come ha fatto in Sardegna. E con un successo strategico che va oltre i meri numeri sul filo di lana. Poi quella di una città in cui la necessità di approntare una squadra compatta e cangura sulle differenze ideologiche potrebbe partorire un risultato finalmente premiale.

Entrambi gli spot sono umbri, perché il primo è quello che rievoca la famosa foto di Narni ed il secondo è quello di Perugia, città dove per il futuro voto amministrativo si stanno cementando alleanze di campo larghissimo. In mezzo ci stanno, tronfi, il caso Sardegna e il “vento che è cambiato” secondo Giuseppe Conte ed Elly Schlein.

Fare squadra all’ombra dell’abazia

Ecco, Cassino rappresenta un paradosso esattamente perché lì si sta procedendo a schieramenti invertiti. Cioè con il centro destra che ha fatto di necessità virtù e massa critica per battere Enzo Salera, che invece rappresenta un centro sinistra compatto assai. E più granitico di quanto i suoi borbottii ultimi non facessero presagire. A dirla tutta: mai vista in città una falange più compatta durante il voto in Aula; al punto che la stessa Barbara Di Rollo, presidente del Consiglio Comunale poco allineata con il suo sindaco, mai ha fatto mancare il proprio voto favorevole.

Per le elezioni amministrative 2024 nella Città Martire si è arrivati ad una soluzione funzionale. Per la quale c’è un candidato civico, con pedigree politico scarsino ma con tanto entusiasmo. Ed attorno a lui, Arturo Buongiovanni, gravitano buona parte del civismo d’area ed i tre grandi partiti della coalizione di governo: Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia.

È uno consapevole dello scenario sul quale confrontarsi. Per cui evita accuratamente il tema delle opere (Salera verrà ricordato per quelle) e tenta di spostare i riflettori su altri temi. Non è un caso che nelle ore scorse abbia rimproverato il suo avversario per il suo «modo di fare politica ancorato a dinamiche e a logiche del passato alla quali evidentemente è ancora affezionato. Io voglio guardare avanti e invito Salera a sedersi con noi al tavolo del futuro per lasciarsi alle spalle queste tossiche dinamiche del passato che hanno impedito a Cassino di vivere un dibattito sano, aperto, plurale e costruttivo. Diversamente, resteremo impantanati in una palude arcaica».

Buongiovanni, l’uomo-mastice

Al di là dei contenuti e delle schermaglie di territorio. Quella del partito guidato a livello provinciale dal deputato ceccanese Massimo Ruspandini è stata un scelta sofferta ma saggia. Evitare cioè di far pesare la massa del Partito egemone a livello nazionale per favorire un affastellamento di forze. Tante e tali da rendere competitiva la tornata elettorale contro un “colosso” come il sindaco uscente. Esattamente come non ha fatto la Giorgia Meloni isolana con Paolo Truzzu.

Cosa spiega, e senza neanche tanti sofismi, il caso Cassino? Che vincere in purezza identitaria non è di questo mondo, non in Italia e non oggi. Idem dicasi per Veroli, dove pure si voterà per il Comune. E dove ogni formazione politica si è strappata via una libbra di caratterizzazione per aggregare quante più forze possibili con un’impalcatura di civismo debordante.

Lì, in casella ernica, Lega, Fratelli d’Italia per parte ed azzurri andrebbero, secondo gli ultimi aggiornamenti media, a spalleggiare la candidatura di Germano Caperna. Che è un esponente di Italia Viva ma che oggi funziona più come addensante civico. E sul fronte avverso le istanze del Partito Democratico e di personaggi-chiave del calibro di Francesca Cerquozzi ed Assunta Parente basculano tra primarie e liste laiche. Insomma, se c’è un sunto è quello che Claudio Cerasa ha messo a fuoco con acume su Il Foglio che dirige.

Da Veroli a dovunque si voglia vincere

Francesca Cerquozzi

Quello di fare le pulci agli altri partiti è un vezzo sportivo che ci si può permettere in politica estera o in momenti di stasi, ma quando l’usta del consenso chiama, anzi, grida, lì è meglio strusciarsi. E portare a casa un risultato di squadra, perché se le prendi non le avrai prese solo tu ed hai un parafulmine su cui scaricare strali.

Esattamente come non ha voluto fare la Giorgia Meloni isolana con Matteo Salvini. A cui poteva addebitare un eventuale stop se solo gli avessi fatto sciogliere le briglie al suo Christan Solinas. E se poi invece vinci alla fine ti passerà ogni acidità di stomaco verso i sodali a tempo, perché comunque ed intanto hai vinto. Come Giuseppe Conte che oggi con Elly Schlein ci andrebbe pure a fare pilates.

Il senso è molto in modalità Kierkegaard: “Aut aut”. Cioè e messa più papale: “O di qua o di là”. Spiega Cerasa: “Quando sul terreno di gioco i tasselli del mosaico si vanno a comporre non si può non dire, persino urlare, bene: benvenuti nella realtà”. L’esempio è appunto Perugia, “dove improvvisamente le opposizioni, tutte o quasi, si sono guardate negli occhi. E hanno deciso, nonostante tutto, nonostante le incompatibilità, nonostante i litigi, nonostante le distanze.

Come in Sardegna. Dove invece in un primo momento centro sinistra ed anche destra centro si sono spaccati e spiaccicati ognuno addosso alle sue istanze di bottega. Solinas contro Truzzu. Soru contro Todde e Todde contro chi non voleva riesumare il campo largo tra dem e pentastellati. Il segreto sta tutto nel sapere federare i bisogni e gli scopi, ovviamente limando le incompatibilità più aspre.

Il rospo in pancia a Massimo e Pasquale

Massimo Ruspandini

Tornando ad esempio a Cassino non possono non saltare all’occhio le gigantesche proporzioni del rospo che ha dovuto ingoiare Massimo Ruspandini per Fdi nei confronti di Pasquale Ciacciarelli per la Lega. E viceversa, sia chiaro. I due Partiti sono divaricati come mai prima anche a livello nazionale e (con)correre per un unico candidato è stato innanzitutto un capolavoro di arti zen.

Cerasa avvisa che “l’Umbria, lo sappiamo, non è forse la regione più fortunata per costruire campi larghi. E tutti ricorderete i risultati negativi che ottenne la famosa alleanza costruita a Narni nel 2019. Quella tra il Pd di Nicola Zingaretti, il M5s di Luigi Di Maio e di Giuseppe Conte e la sinistra di Roberto Speranza.

Il vero test è quello della governabilità

Giuseppe Conte, Alessandra Todde e Elly Schlein (Foto: Fabio Murri © Ansa)

Ma il senso è un altro ed è quello della possibilità che alleanze strutturate e ben calibrate alla fine possano anche preservare il momento secondo al test d’urna. Quello che è più a rischio: la governabilità una volta che le bocce di sciampagna sono state riposte.

Ed è lì che in Italia dovremmo fare tutti i conti con una realtà elementare. La democrazia è così e non la cambi. Perché indica tutte le possibili vie per giungere ad un risultato ma implica la maturità di governare le alchimie che lo hanno prodotto. Prima ancora che governare i cittadini che fattualmente quel risultato lo hanno determinato.

Perché dovunque c’è un avversario da sconfiggere c’è da mettere in preventivo una sconfitta buona. Quella delle incomunicabilità tra chi ci prova, a vincere. Vincere e magari, riposti i flutes in cristalliera, tramutare la vittoria in risultati per la collettività.