Marilena, la paleografa che ci ricorda quanto siamo europei

Una docente dell'Unicas scelta a Dublino per un incarico europeo. È paleografa. Di un ateneo che può vantare archeologi in Sudan, ricercatori nella Silicon Valley, oltre alle note eccellenze. Sottovalutate proprio dal territorio

La sua esistenza deve assomigliare molto a quella degli eretici circondati da chi non intende guardare nemmeno oltre il proprio naso. L’Italia è terra di analfabetismo funzionale e di ritorno: non sappiamo leggere, non capiamo quello che leggiamo e su questo siamo tra i primi in Europa. Ed in questo terreno di coltura così scarsamente fertile c’è lei, Marilena Maniaci che della scrittura ha fatto la sua ragione di vita. È paleografa e la insegna all’Università di Cassino.

Ma cos’è una paleografa? È una studiosa che indaga in maniera critica lo svolgimento della scrittura in tutte le sue manifestazioni; e lo fa al fine di leggerne, localizzarne e datarne i risultati, ricavare dal fenomeno grafico e dall’evoluzione dei segni gli elementi utili per la storia in generale e per la storia della cultura in particolare. Chiaro?

Sol per noctem d’Europa

Una delle sessioni dell’Enqa

È nel terreno della conoscenza che affonda le radici lo sviluppo. E nonostante gli analfabeti che vogliono essere tali la professoressa Marilena Maniaci lavorerà ora per assicurare che ci sia un’istruzione di qualità per chi vorrà invece uscire dal buio dell’ignoranza. Lo farà su scala europea. Perché a Dublino nelle ore scorse l’hanno eletta nel board dell’Enqa – European Association for Quality Assurance in Higher Education, cioè l’associazione europea per l’assicurazione della qualità nell’istruzione superiore. L’elezione è avvenuta nel corso dell’Assemblea generale in corso a Dublino. 

Marilena Maniaci è la prima rappresentante italiana ad essere nominata nel Board dell’Enqa il cui obiettivo è quello di contribuire al mantenimento e al miglioramento della qualità dell’istruzione superiore europea.

È la prima italiana. È dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale. Schiacciamo per un istante il pulsante con le due barrette e mettiamo in pausa.

Quel motore sottovalutato

Il rettore Marco Dell’Isola

Nel corso della riunione preparatoria degli Stati Generali in agenda per il 9 novembre prossimo a Frosinone, il magnifico rettore Marco Dell’Isola aveva rivendicato con orgoglio che «l’Università di Cassino non è solo ingegneria. Abbiamo eccellenze in ogni settore e facciamo ricerca in ogni campo». Un modo per far notare che si stava sottovalutando la grande potenzialità dell’Unicas come motore di sviluppo.

Eppure nella Silicon Valley negli Stati Uniti ha lavorato a lungo uno spin off dell’ateneo cassinate nella ricerca applicata alle onde dei modem che abbiamo in casa ed al loro impiego oltre che quello tradizionale. Nella Motor valley in Emilia Romagna sanno benissimo dove sta l’Unicas: lo si deve in parte ed E-lectra, lo spin off dell’Unicas detenuto al 54% dalla holding Faist fondata da Gianfranco Natali e per la restante parte anche dall’ingegnere elettrico e docente Giuseppe Tomasso. (Leggi qui: Il futuro è al litio e passa per Cassino).

Il sol per noctem che simboleggia l’Unicas si è spinto fino in Sudan, nel cimitero di El-Arab, alle pendici meridionali del Jebel Barkal. Lì ha scavato la missione archeologica dell’Università di Cassino diretta dalla professoressa Irene Liverani Vincentelli, titolare della cattedra di Egittologia nella stessa Università.

Cultura per la crescita

Dalla capacità di fare ricerca e cultura dipende anche molto del futuro industriale del Lazio Sud che da qualche ora ha saputo di essere ufficialmente fuori dalle Zes e dai loro benefici. (Leggi qui: Frosinone e Latina sono fuori dalla Zes).

L’esempio viene da Ivrea dove è rimasto l’unico polo tessile in Italia. Ha resistito perché non si è messo in competizione con l’Asia abbassando i prezzi ai lavoratori. Ma si sono trasformati in uno dei più avanzati centri di ricerca mondiali sui tessuti, lasciando alle fabbriche asiatiche la produzione. Pensate per un attimo alle camicie che si stirano da sole, ai pantaloni che non si macchiano, ai macchinari sempre più performanti e meno energivori per fare il prodotto. Tutto questo ha bisogno di ricerca.

Il problema è che Cassino deve combattere ogni anno con i numeri. Quelli di una visione che vede sempre più accentrata in grandi poli la diffusione del sapere: il rischio è di ritrovarsi assorbiti da Roma. Perdendo così molto del valore territoriale.

Cassino è un ateneo d’Europa. Non in senso geografico. Dallo scorso mese di settembre fa parte della rete europea EUTplusEuropean University of Technology, l’alleanza che mette insieme Cassino con altri otto atenei di altrettanti Paesi dell’Ue: Francia, Germania, Spagna, Irlanda, Bulgaria, Romania, Lettonia e Cipro. È una rete universitaria transnazionale tra università che condividono le strategie formative e promuovono i valori e l’identità dell’Europa. Gli studenti che dal prossimo anno si iscriveranno all’Università di Cassino potranno così accedere ad un campus di portata continentale.

Ma a riconoscercelo è un’assemblea che a Dublino sceglie una paleografa del territorio. E non il territorio.