Una legge per i 100 anni di Latina ma si sono portati avanti: ne mancano 9

Un secolo del capoluogo pontino che però cadrà nel 2032 ma che già oggi indirizza gli spiriti della politica ad "appaltare" l'evento

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

A noi la storia importa molto. Nella storia incontri tutti, mentre nel presente incontri solo chi ti pare e se sei al potere solo chi ti fa comodo“. Lo diceva Marco Pannella, cioè un campione del pensiero liberale.

La metteva così. Ma il liberalismo con i suoi dubbi non ha breccia nella politica delle certezze ideologiche. Certezze che rendono gli estremi in fondo eguali (e adatti) ad evitare il confronto.

A Latina tra 9 anni, nel 2032, saranno 100 anni dalla fondazione della città. In modo previdente e metodico, il senatore Nicola Calandrini (FdI) si è messo avanti. Lo ha fatto presentando un disegno di legge che porta anche la firma di Claudio Fazzone (Forza Italia)  e il plauso del sottosegretario Claudio Durigon (Lega).

Bene, bravi, bisogna prepararsi sempre e per tempo ad un compleanno. Ma?

Celentano e la bonifica nel Medio Evo

Matilde Celentano

Il primo nodo viene dalla condivisione della storia: il sindaco di Latina Matilde Celentano nella presentazione del disegno di legge (si è tenuta al Civico Museo Cambellotti a Latina) ricorda una cosa. Che qui “già nel medioevo, tentarono la bonifica”. Interviene un ex sindaco di Latina Mario Romagnoli che è di cultura cattolico-liberale. E dice: “Anche i romani tentarono la bonifica”. E già c’è un problema, per tornare alla frase di Pannella, ma da quanto contano gli incontri?

Dal Medioevo o dai romani e i volsci, quelli de Le Ferriere con Satricum e la Mater Matuta? Difficile combattere con la Storia perchè ti resta attaccata. E questo per il passato. E il futuro?

Prende la parola un altro sindaco di Latina, Vincenzo Zaccheo (cultura destra nazionalista). E pone il problema: ma che città sarà la Latina del 2032?

La “Patria da edificare”, e da celebrare

Città universitaria, città delle acque, città della ricerca, città giardino? I nazionalisti italiani restano intimamente futuristi. Hanno bisogno di una “patria da edificare” e stridono i loro pensieri al banale presente che si ripete.

Certo i soldi contano (si prevede, ad approvazione, il finanziamento di un milione di euro l’anno). Ma ancora di più la coscienza di “investirli” in un progetto piuttosto che “consumarli” in effimeri mille rivoli di niente.

A noi della storia importa molto, dice Pannella. A Latina proprio perché la storia è “breve” e ciascuno ha la sua, dovremmo avere la fantasia di Moro di spostare nel futuro la convergenza di mille parallele. Ma se si fa per fare, se si fa non pensando, per uscire nel titolo del giornale e non di scrivere un poco di quello che sarà storia, tutto finisce qui.

Non bisogna mai fare per fare, ma sempre sapere cosa si fa.

Zaccheo, Romangoli e il fattore tempo

Vincenzo Zaccheo

Latina non ha bisogno di una torta di compleanno ma deve prima sapere chi sono gli invitati, e chi tra loro sa fare il pasticciere.

Vincenzo Zaccheo e Mario Romagnoli hanno posto il nodo centrale: il tempo. “Oggi avvertiamo la sensazione di vivere in un continuo presente, a causa dell’eccesso di informazione. Si tratta di una sensazione illusoria ma intensa, che elimina ogni prospettiva sul futuro e sul passato. Per uscirne dobbiamo imparare a riappropriarci del nostro tempo e del nostro spazio“.

E’ una citazione di Marc Augé (directeur d’études presso l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi). E’ stato intervistato al Festival della Filosofia di Modena 2017 – Le forme del creare. Un evento che parla di come l’uomo contemporaneo possa riappropriarsi del suo tempo, sfuggendo all’illusione di vivere in un eterno presente.

I conti della classe dirigente e il destino

Da una parte la volontà di essere in questo oggi per sempre che annulla gli anniversari. Perché è sempre un annioggiche accorcia ogni ieri a oggi e ogni domani allo stesso oggi.

Un liberale, Romagnoli, richiama l’esperienza lunga; un nazionalista, Zaccheo richiama una speranza lunga: la classe dirigente in carica schiaccia conti, contingenza ed affida al destino il resto.

Mi rendo conto che questo scritto non è a prova di stupido, ma se ritenti a leggerlo più volte anche il ferro si piega.