Indiscreto. Il pranzo romano di Mario e Zicchieri. E poi…

Spifferi romani e non solo. Il pranzo di Abbruzzese a Roma. Quanto rende l'opposizione a Giorgia. Le bancarelle di Virginia. E lo stadio di Calenda

Spifferi romani e non solo. Il pranzo di Mario Abbruzzese e Francesco Zicchieri a Roma. Quanto rende l’opposizione a Giorgia. Le bancarelle di Virginia. E lo stadio di Calenda. (Leggi qui le altre puntate)

Tutti con Mario a tavola da Maxela

Tutti assieme appassionatamente: attovagliati all’ombra del Pantheon in piazza Navona a Roma. Lo chef è quello del Maxela, il palato è quello di tre esponenti della Lega regionale anche se qualcuno, con molta malizia, assicura che sul Carroccio, ma in incognito, ci stia pure il quarto commensale.

Mario Abbruzzese a pranzo con Francesco Zicchieri e Guido D’Amico

Procediamo con ordine. All’ora di pranzo, al numero 10 di via delle Coppelle, si sono accomodati il deputato Francesco Zicchieri (componente del cerchio di Salvini, responsabile per il radicamento del Partito nel centro Sud); il consigliere regionale del Carroccio Pasquale Ciacciarelli (presidente della Commissione Cultura nonostante sia all’opposizione); il presidente nazionale di ConfimpreseItalia Guido D’Amico (fresco di niet alla vice presidenza della Camera di Commercio Latina – Frosinone, in cambio però si è preso le deleghe strategiche). E il quarto? È il già onorevole Mario Abbruzzese (coordinatore regionale di Cambiamo dopo un glorioso passato nelle file di Forza Italia che lo ha portato ad essere il Presidente del Consiglio Regionale del Lazio durante la gestione Polverini).

Già questa è una notizia. Perché le cronache cassinati assicurano che i due si detestino. Una vulgata vuole che sia stato proprio Zicchieri a premere il bottone che ha fatto crollare l’amministrazione comunale di Cassino creata da Abbruzzese e guidata dal sindaco Carlo Maria D’Alessandro. Se sia andata davvero così lo sanno solo loro, sicuro è che i due non si detestino: almeno a giudicare dal pranzo insieme e dai sorrisi rilassati nell’attesa dell’antipasto.

Non è stato un incontro casuale. Hanno parlato di economia circolare, della delega alla Transizione Ecologica ottenuta da D’Amico, delle candidature a Sora e Alatri.

Ma Mario Abbruzzese, il quarto commensale, è un leghista onorario o… Cambiamo?

Quanto rende l’opposizione

Niente ministeri né sottosegretari. D’accordo, è il prezzo da pagare alla coerenza, perché Fratelli d’Italia di stare al governo con Pd e M5S non ci pensa proprio, anche se il premier si chiama Mario Draghi, al quale non farà mancare – dice la Meloni – il proprio sostegno in termini di idee, proposte, responsabilità in parlamento. Ma dall’opposizione. E non è detto che qualcosa non renda questa posizioni.

In termini di consenso, certo. Ma pure di poltrone. Nell’inevitabile giro di riorganizzazione delle presidenze di Commissione (Forza Italia e Lega ora sono maggioranza e reclamano posti), il Copasir, la commissione di controllo sui servizi segreti, spetta, ad esempio all’opposizione. E il neosottosegretario leghista Raffaele Volpi, che la presiede dovrà presto lasciarla. E l’opposizione è ormai formata solo da FdI e dai cespugli della sinistra, con Adolfo Urso in rampa di lancio per andare a ricoprire una posizione strategica.

C’è poi la Vigilanza Rai, presieduta dal forzista Albert Barachini. Ma FI ora è maggioranza… e anche in questo caso la presidenza della commissione potrebbe andare a un esponente di Fratelli d’Italia.

Ma c’è un’altra partita che interessa particolarmente a Giorgia Meloni e riguarda sempre la Rai. Ma la Vigilanza non c’entra niente: la posta in gioco è la presidenza di viale Mazzini. Con Giampaolo Rossi in pole position.

La strategia della Raggi oltre la Bolkenstein

A bando, e subito, tutte le concessioni dei venditori ambulanti. Virginia Raggi non vuole fare sconti, nonostante il Decreto Rilancio, approvato dal governo e convertito dal Parlamento, preveda il rinnovo automatico fino al 2032 di tutte le concessioni. Una norma in contrasto con la direttiva comunitaria Bolkenstein e lesiva della concorrenza.

Così la sindaca di Roma ha deciso di non rispettarla, forte di un parere dell’Antitrust. Polemiche a non finire. Può un sindaco disapplicare una legge dello Stato? Eventualmente spetterebbe all’Ue rilevare l’infrazione. Ma la strategia della Raggi è chiara: vero che il commercio ambulante fa vivere dodicimila famiglie, ma è anche vero che in campagna elettorale la sindaca, ricandidata ma senza ancora il via libera di Rousseau, ha bisogno di far presa sui temi cari all’elettorato grillino. La legalità è un odi questi.

Virginia Raggi (Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Basta con i signori del commercio, basta con le grandi famiglie che da decenni monopolizzano il settore e impediscono a chiunque di entrare – tuona la sindaca. Così avanti con la messa a bando. Nonostante in Assemblea Capitolina si litighi, con tutte le forze politiche che invitano la prima cittadina alla prudenza e nonostante un mozione del 2016 impegni proprio la sindaca a escludere il commercio ambulante dall’applicazione della Direttiva Bolkenstein.

La Raggi va avanti, il disegno è chiaro: puntare sempre di più sui temi cari ai 5 Stelle. Anche perché Virginia sa bene che l’ingresso del M5S nella giunta regionale di Zingaretti potrebbe essere il preludio ad un accordo Pd-5 Stelle anche su Roma e a quel punto tutto si rimescolerebbe. Rousseau o non Rousseau. Sarà anche per questo che da giorni i suoi fedelissimi si spellano le mani per applaudire l’ascesa di Giuseppe Conte alla guida del Movimento.

Calenda riempie lo stadio

La Roma non costruirà lo stadio a Tor di Valle. La famiglia Friedkin, nuova proprietaria, ha detto chiaramente che rinuncia al progetto. Anni e anni buttati nel cestino. Colpa del Covid – si spiega – e di un progetto non più realizzabile, perché quel complesso prevedeva numerose edificazioni a uso ufficio, ma con la pandemia nessuno può prevedere come sarà l’organizzazione del lavoro e dei posti di lavoro quando l’emergenza sarà finita.

Carlo Calenda. Foto © Marco Cremonesi / Imagoeconomica

Così si riparte da capo, con la Roma che vedrà presto la sindaca per proporre un nuovo progetto su una nuova area, pare la Togliatti o Testaccio, suolo sacro alla causa giallorossa.

Ma dietro la rinuncia c’è – per Calenda – la dimostrazione dell’incapacità della Raggi e della giunta M5S. E non si capisce cosa andranno a dire i Friedekin in Campidoglio senza sapere chi sarà tra qualche mese il nuovo sindaco. Di certo, con il Pd silente e assente ingiustificato, gonfia le vele di Calenda, che si appresta a cavalcare la vicenda stadio in campagna elettorale.

A proposito, a Montecitorio gira voce che le amministrative si terranno il 19-20 settembre (ballottaggi il 3-4 ottobre).