Top e Flop, i protagonisti del giorno: 26 maggio 2021

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

FRANCESCO DE ANGELIS

Francesco De Angelis

A grandi passi verso la costituzione del Consorzio industriale regionale unico, del quale è già commissario, aspettando di diventare presidente. Nelle ore scorse c’è stato il via libera anche delle commissioni regionali Bilancio e Attività Produttive.

Ma il punto vero è politico. Molto semplice: Francesco De Angelis è sulla breccia da oltre 40 anni, da protagonista. In qualunque tipo di Partito: nel Pci dei duri e puri (è stato segretario provinciale), nel Pds dei visionari, nei Ds progressisti, nel Pd di Governo e basta. Ma soprattutto ha costantemente raccolto risultati, anche quando la Sinistra ha perso.

Perfino in un momento come questo, dopo le dimissioni da segretario di Nicola Zingaretti, dopo il vespaio di polemiche generato dalla vicenda dei concorsi, dopo i passi falsi di Enrico Letta e di Andrea Orlando, dopo l’inevitabile tramonto di Goffredo Bettini. Segno che ci mette del suo, segno che prescinde dai contesti, segno che ha un patrimonio di affidabilità che nessuno può  in alcun modo mettere in dubbio.

Se la squadra vince, sei bravo e fortunato. Se la squadra è a metà classifica e tu vinci, vuol dire che sei un fuoriclasse.

Immortale.

CLAUDIO DURIGON

Claudio Durigon (Foto: Vincenzo Livieri / Imagoeconomica)

Nell’intervista rilasciata a Ciociaria Oggi il sottosegretario di Stato al Mef e coordinatore regionale della Lega ha trasmesso la sensazione di avere idee chiare e pieno controllo della situazione. Nessuna polemica nei confronti di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia, ma rivendicazione della leadership della Lega e di Matteo Salvini. E assoluta certezza che nessuno “strapperà” nella maggioranza che sostiene il Governo di salvezza nazionale presieduto da Mario Draghi. (Leggi qui Durigon di lotta e di governo: no alle Primarie, si al Consorzio)

Ma Durigon ha lanciato dei messaggi molti forti perfino sul piano locale. Primo: bene la Camera di Commercio del Basso Lazio, volano per far crescere le province di Frosinone e di Latina. Secondo: ottime le prospettive del Consorzio industriale regionale unico, a condizione che le competenze locali vengano salvaguardate. Terzo: a Latina il centrodestra deve presentarsi unito e coinvolgere Vincenzo Zaccheo. Quarto: a Frosinone meglio evitare le primarie, perché rischiano di indebolire il futuro candidato sindaco. Anche se è evidente che qualora Nicola Ottaviani dovesse insistere, allora si discuterebbe seriamente.

Intanto però tutti concentrati sulle elezioni di Roma. In una parola: Claudio Durigon preferisce sottolineare le cose positive del proprio campo. Non polemizzare nel campo altrui.

Costruttore di gioco.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte. Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica

Nei sondaggi sul gradimento dei leader politici, effettuati da alcuni istituti specializzati, è addirittura davanti a Mario Draghi. Nel campo del virtuale è il numero uno e forse beneficia ancora dell’onda lunga delle conferenze stampa a reti unificate nei mesi dell’impatto iniziale della pandemia.

Poi però quando si passa sul piano sostanziale, si scopre che Giuseppe Conte sta incontrando delle difficoltà insormontabili a prendersi i Cinque Stelle. L’unica cosa che è riuscito a fare è quella di allinearsi al diktat della sindaca di Roma Virginia Raggi sulla ricandidatura a Roma. Contribuendo a far tramontare l’ipotesi di discesa in campo di Nicola Zingaretti, cioè di quello che più di tutti lo ha difeso e blindato nel suo secondo Governo.

Con Beppe Grillo impegnato su altri fronti, nei Cinque Stelle si rivedono l’attivismo sornione di Luigi Di Maio, il movimentismo barricadiero di Paola Taverna, le eterne incertezze di Alessandro Di Battista (che pure è uscito). Ma non c’è traccia dell’impostazione di Giuseppe Conte. E neppure della strategia di comunicazione di Rocco Casalino.

Impalpabile.

DARIO FRANCESCHINI

Dario Franceschini

Il profilo Quirinalizio ce l’ha: centrista, moderato, cattolico, doroteo, capo corrente. Il suo nome circola per la massima carica del Paese, quella di presidente della Repubblica. Il problema però è che in questo momento nel Pd ci sarebbe bisogno di scelte più chiare, forti e nette.

Il segretario Enrico Letta, pur tra diversi passi falsi, sta cercando di dare al Partito una linea identitaria sui valori: ddl Zan, immigrazione, patrimonialina. Mentre l’ex segretario Nicola Zingaretti prova a dare una prospettiva di sinistra in un contesto democristiano. Mentre Base Riformista ha iniziato a fare sul serio.

Il ministro della cultura Dario Franceschini è troppo preoccupato a non sbilanciarsi su nulla. Ma in questo modo non  prende posizione. E’ come quelli che cercano di non scontentare nessuno ma in questa maniera finiscono con lo scontentare tutti. Per provare a giocarsi una carta vera per il Colle ha prima bisogno che il Partito Democratico faccia sentire il suo peso nel Governo Draghi. Altrimenti al Quirinale andrà dritto Mario Draghi. E lui resterà ministro ancora per un po’. Con il rischio di un futuro da capo corrente.

Eterno secondo.