Da Cernobbio a Frosinone, per parlare dell’Italia che fa acqua

La dispersione idrica e il report di A2A, con l'Anbi Lazio che ha messo il tema anche in agenda degli Stati Generali di Frosinone

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

I dati li conosciamo da tempo e non sono dati tranquillizzanti: l’Italia fa acqua da tutte le parti e le province di Frosinone e Latina occupano un posto d’onere in questa hit emorragica. Per ovviare alla carenza idrica ed alla drastica carenza di azioni sistemiche per arginare la falla servono due cose. Bisogna tenere più acqua in conduttura ed avviare una seria politica di regimentazione.

Ma la dispersione non c’è solo da fonte meteo a invaso. No, la dispersione è forte anche nella catena di controllo, dal governo centrale fino alle Anbi, che sono gli avamposti della battaglia. E’ una dispersione di intenti, di idee, di occasioni e di messa a terra di risorse. Il Pnrr pare essere diventato il “salvadanaio ecumenico” per risolvere ogni grana nazionale e l’Italia di grane ne ha troppe, perfino di un forziere così grosso.

Bisognava fare il punto e lanciare una strategia e quella strategia arriva dal Forum di Cernobbio e passa anche per Frosinone e Latina.

A2A traccia la rotta, idrica ed energetica

I lavori dei consorzi di Bonifica del Lazio per aumentare la capacità di contenimento dell’acqua

Partiamo dal generale, anzi da un report. Lo ha realizzato The European house – Ambrosetti in collaborazione con A2A e sulla coperta spicca la dicitura: “Acqua: azioni e investimenti per l’energia, le persone e i territori”. Che significa al di là del lessico da conclave? Che servono soldi, tanti e mirati, per un Paese che ogni anno si perde una quantità d’acqua pari a tre volte il lago di Bolsena. Quanti soldi? Un pacchetto di investimenti da 48 miliardi di euro in dieci anni per “superare l’emergenza idrica”.

Ma non basta, quello è un concetto truce, motivazionale ma generico. Bisogna “recuperare acqua per le esigenze di famiglie, agricoltura e industria e rilanciare lo sviluppo dell’idroelettrico. C’è un sotto piano economico importantissimo. L’idroelettrico è la sola fonte rinnovabile programmabile, “asset strategico per la sicurezza energetica del Paese”.

Dunque, il preambolo è grosso e va ben oltre la politica in piccineria di tenere i rubinetti aperti per quando il meteo si fa sparagnino con l’acqua o di tenere le ruspe pronte per quando sempre il meteo rovescia l’iradiddio sulla terra. No, serve roba più strategica e corposa.

Mazzoncini e Tavazzi indicano la via

Renato Mazzoncini. Foto Imagoeconomica / Sergio Oliverio

La prima parte della strada l’ha disegnata ed indicata l’amministratore delegato di A2A, Renato Mazzoncini. Con lui – come spiega Ansa – anche il responsabile scenari e intelligence di The European house – Ambrosetti, Lorenzo Tavazzi. Il ciclo dell’acqua è una cartina tornasole della situazione italiana che è sempre in piena emergenza idrica, al di là delle contingenze di stagionalità che sono effetto, non causa del fenomeno. Che piova tantissimo o che il Po diventi marana il dato è sempre quello: noi all’acqua non abbiamo saputo mettere le briglie buone che ne fanno una risorsa vera, un’alleata, invece che una chimera addirittura una nemica.

Nel 2022 l’Italia ha avuto a disposizione un 31% in meno di risorsa disponibile rispetto all’anno precedente. Vanno attuati correttivi immediati e poi allargata la strategia. Lo scopo è “recuperare 9,5 miliardi di metri cubi d’acqua (oltre un terzo di quella consumata in un anno nel nostro Paese) investendo su riuso, riduzione delle perdite e dei consumi e recupero dell’acqua piovana”. E sull’idroelettrico?

Ci sono azioni da fare ma bisogna investire: su pompaggi, invasi irrigui, repowering, mini-idroelettrico e nuove centrali (azioni in grado di generare 12,5 Twh l’anno). Mazzoncini ha parlato di “una doppia strategia che potrebbe avere un effetto volano sull’economia nazionale, con ricadute positive per 77 miliardi di euro”.

Prima i correttivi, poi la strategia di ampio respiro

E ancora: “Senz’acqua non c’è futuro. Ma in futuro avremo sempre meno acqua. I cambiamenti climatici, gli sprechi e una gestione poco oculata hanno messo a rischio questa risorsa, come denunciato anche dall’Onu”. C’è un timing e ci sono degli step a cui fare riferimento, perché le soluzioni vere non sono mai concettuali, ma devono vedere l’azione andare in endorsement con il calendario. “Sono necessari circa 50 miliardi di investimenti in 10 anni per la salvaguardia del ciclo idrico e della produzione di energia idroelettrica”.

Poi c’è il problema della cultura attiva di conservazione, cioè dell’azione congiunta di istituzioni, industria, cittadini. Lorenzo Tavazzi è andato oltre prognosi e terapia ed è tornato un attimo alla diagnosi, perché la bontà di una medicina sta tutta nella certezza empirica di sapere quale sia la patologia.

“Gli effetti del cambiamento climatico si aggiungono ad alcune criticità strutturali che segnano la gestione idrica in Italia e che vanno opportunamente e prontamente attenzionate”. I soldi non vanno messi solo negli invasi o nelle nuove condutture quindi. “Investire in adattamento e mitigazione del cambiamento climatico è quindi cruciale, in un contesto in cui il cambiamento climatico sta già impattando significativamente il nostro Paese: nel 2022 le temperature sono aumentate fino a 2° C, mentre le precipitazioni cumulate si sono ridotte del 23,2%.

La battaglia di Acea Ato5 e Anbi

Massimo Gargano (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

L’Italia ha un problema: l’acqua erogata non è mai l’acqua utilizzata, il che significa che a mezza strada succede qualcosa. La provincia di Frosinone si è lasciata alle spalle ormai da anni la gestione frammentata e inefficiente delle risorse idriche. Lo ha fatto ai tempi di Francesco Scalia presidente della Provincia di Frosinone: la gestione venne messa a gara unificando tutto sotto un unico soggetto. Il bando lo vinse Acea Ato5. E piaccia o no ma una mano alle falle è stata messa. Se sia una mano adeguata e sufficiente è questione spesso di tifoseria: ma non si può negare che in particolare negli ultimi anni siano state realizzate condotte nuove, impiegati materiali nuovi, efficientate le strutture.

Altrettanto non si può negare che la dispersione sia un punto sul quale ci sarà ancora molto da lavorare e per molto tempo. Certo, non è al livello del 75% in cui stava pochi anni fa: un quarto scarso nei rubinetti ed oltre tre quarti dispersi.

Poi c’è l’acqua per consumo irriguo. Ed a quella sovrintende Anbi. In provincia di Frosinone sta per completare la traversata nel deserto della fusione tra i tre diversi Consorzi: A Sud di Anagni, Conca di Sora, Valle del Liri. I Consorzi di Bonifica propongono da tempo un Piano invasi. Se si crea una rete di bacini l’acqua verrà raccolta per quando ce ne fosse poca e non farà danni ove ve ne fosse troppa, perciò utilizzo e regime e niente alluvioni.

La differenza tra cerotto e terapia

(Foto © Imagoeconomica)

Si può fare o è un gorgheggio pubblicistico? I capoluoghi ciociaro e pontino sono nella black list di quelli che disperdono maggiormente risorse idriche. Frosinone città registra il 53,6% di perdite idriche sul totale immesso (due anni fa era oltre il 60%) e Latina fa peggio, con addirittura il 70,1%. Roma è “appena” il 32,9%. Più case, reti obsolete ed enti che lottano a volte contro i mulini a vento.

Nel computo dell’acqua dispersa, spiega il report, c’è anche l’acqua che viene rubata. E sono ancora in tanti a farlo. Nella sola provincia di Frosinone negli ultimi due anni sono stati scoperti circa 2.600 allacci abusivi: per loro pagavano i clienti onesti. Acea Ato5 li ha portati a regolarizzare la posizione, aumentando così il parco clienti in regola. È un intero paese in più, circa l’1% della clientela.

A pesare sulle perdite sono ancora danni ed omissioni del passato che incidono moltissimo anche sulle strategie del presente. Che devono essere innanzitutto cerotto e poi interventi di ampio respiro. Si lavora su due piani molto spesso inconciliabili quindi: evitare danni nel presente e concepire un futuro senza danni e senza la politica spiccia “dell’aggiustare”.

Anbi Lazio ed Acea Ato5 stanno seguendo da tempo questa doppia strada con particolare attenzione alla seconda, con la l’amministratore delegato Roberto Cocozza di AceaAto5, la presidente Sonia Ricci che si interfaccia con direttore regionale Andrea Renna e con il direttore nazionale Massimo Gargano. Non è solo un problema di idrovore pronte o di sistemi irrigui e captativi più avanzati.

Gli Stati Generali, anche dell’acqua

Proprio in quest’ottica più fattuale e meno “da pulpito” l’Anbi Lazio era stata la prima a dare disco verde agli Stati Generali della Provincia di Frosinone e all’appello lanciato dal presidente della Provincia Luca Di Stefano. Per l’associazione stakeholder, sindaci, forze imprenditoriali e sindacali e parlamentari dei collegi hanno una mission aggiuntiva che la mission originaria contiene.

Non solo trovare soluzioni all’emorragia di imprese da una terra malata di burocrazia adiposa, ma anche all’emorragia di acqua. Quella di una terra che alle imprese deve offrire precondizioni basiche di sviluppo. E senza la regimentazione dell’acqua non si va da nessuna parte, per fare produzione e per asseverare lo sviluppo invece di invocarne la mancanza.

Lo aveva sottolineato la presidente Sonia Ricci. “Ci permettiamo sommessamente di suggerire di lasciare uno step di approfondimento alle problematiche legate alla salvaguardia idrogeologica della Ciociaria. Ed un approfondimento sulla valorizzazione e difesa della risorsa dell’acqua”.

Cosa serve davvero a Frosinone, e all’Italia

Andrea Renna e Sonia Ricci

Servono soldi e canali di utilizzo ottimali per rendere la spesa degli stessi utile, e non solo alla pubblicistica forzosamente “ortopedica” di un’Anbi che è da tempo molto di più che un amministratrice di tubi. Serve un raccordo con il governo centrale che sia più dell’effetto in acuzie cognitiva di un forum che solleva il problema. Da Frosinone a fine mese potrebbe arrivare una linea precisa sollecitata dal “bouquet” del governo di Palazzo Iacobucci, quindi.

Servono una quotidiana messa a terra di strategie costanti, una nuova cultura dei fruitori ed una consapevolezza. Quella per cui non ci può limitare più a dire in mestizia che l’Italia fa acqua, ma che dall’enunciazione del problema si deve passare alla sua risoluzione. Quando? Possibilmente ieri, e senza passerelle.

(Foto di copertina © DepositPhotos.com)