Governo in ritardo sulla Zes unica ma Frosinone ballava già da sola: benino

Sono 2.500 i comuni e 20 i milioni di abitanti che aspettano una struttura unica centrale. Ma metterla in piedi si è rivelato difficile e c’è chi da noi in Ciociaria e Pontino guarda oltre. Forzosamente.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

È stato il jingle di questi primi mesi del 2024: la Zes che salva, che incentiva, che toglie affanno e spinge le imprese con fiscalità di vantaggio e pratiche speed. Questo sul fronte di chi la Zes ce l’aveva, ovvio. E dove le bandierine delle Zone economiche speciali non erano state piantate da Palazzo Chigi, invece era cresciuto solo rammarico e ricette alternative. Come a Frosinone e Latina, escluse dalla corsia preferenziale in virtù di un “Isee regionale” che ha Roma nel ventre e che quindi fa ricchezza di Pil e curriculum anche se lascia Ciociaria, Cassinate e Pontino in braghe di tela.

Sembrava quindi un quadro delineato – bello o brutto che fosse – ed erano partite le sfumature sottili per disegnarlo. E soprattutto per procedere spediti malgrado non si avesse quel Nos per accelerare e correre. Facendolo in barba alle regole generali che dicono che un’auto può andare solo a benzina, diesel, gas o elettricità.

Delle Cese e il “bollino” che non aiuta

Marco Delle Cese

Lo aveva spiegato bene l’ex presidente del Cosilam Marco Delle Cese durante una recente trasmissione di “A Porte Aperte” su Teleuniverso. Per lui il bollino, la certificazione di zona depressa che è precondizione necessaria per entrare nel recinto Zes è tutt’altro che un vantaggio.

No, quello a ben vedere ed alla lunga un vero disincentivo allo sviluppo. Perché è come se dicessi alle imprese di essere missionarie, invece che di seguire la mission aziendale, che è quella del massimo profitto con i minimi costi.

Tutto questo con la consapevolezza che, al netto di robusti incentivi di personale, il Sud Lazio adesso può (deve) correre con la nuova governance commissariale del Consorzio Industriale più grande d’Italia. Quello passato dalla presidenza di Francesco De Angelis al commissariamento di Raffaele Trequattrini in una location che la dice tutta su dove stia la vera “ciccia di contesto”: a Frosinone, mica Roma.

Da vitamine a brodino: cosa succede

Insomma, tirando le somme tutto bene anche se non ci sono Zes, e se magari ci si può aggrappare alle Zls portuali come suggerito da tempo dal presidente di Confimprese Italia Guido D’Amico? Non proprio e non solo, ma sul piano nazionale si registra un dato. Che quella che doveva essere un’agile botta di Betotal per il Mezzogiorno che comincia a Sud di Cassino per adesso assomiglia di più ad un rinfrancante ma aleatorio brodino di pollo.

Perché? Perché il cammino della Zes unica per l’intero Meridione era ed è rimasto spina nel fianco di Raffaele Fitto. E perché i fondi di coesione in delega da Stato ad Enti locali non sono ancora a regime.

Spieghiamola meglio: il ministro per l’attuazione del Pnrr ha in agenda il reset delle otto Zes rese operative dal governo guidato da Mario Draghi. Lo scopo era ed è sostituirle con “un’unica grande area di accelerazione degli investimenti”.

Via le otto Zes, ne serve una centrale

Raffaele Fitto (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Lo spiega Il Foglio di Claudio Cerasa. Tuttavia c’era stato chi, come l’economista Nicola Rossi, aveva spiegato a Mariarosaria Marchesano che c’è un rischio. Quello di “creare una fase di incertezza per gli operatori economici. Sarebbe opportuno che il governo facesse chiarezza. Su cosa? Sul fatto che il mandato degli otto commissari delle “vecchie” Zes è scaduto a fine febbraio, “ma nel frattempo la Zes unica non è partita”.

C’è un coordinatore generale, ci sono due alti dirigenti e ci sono i soldi, ma non c’è un piano organico. In pratica “nessuno sa se e come funziona la macchina operativa di Palazzo Chigi e a chi possono rivolgersi le imprese. L’intoppo, come spesso accade da noi in Italia, sta tutto nella zona grigia tra propositi/legiferati e la loro concreta attuazione. Lì, in quella palude bigia vecchia come la nostra democrazia giolittiana e burotossica, tre quarti dell’Italia che vorrebbe crescere stanno sfasciati, come i galeoni spagnoli affondati dai pirati.

C’è la governance ma non c’è la struttura

Il gap è tecnologico e serve innanzitutto una piattaforma centralizzata che sostituisca le singole strutture commissariali. Per fare un esempio dove non c’è cappello di agevolazioni: nel Sud Lazio e con il Consorzio Trequattrini aveva spiegato a chiare lettere che l’ente può farsi carico dell’intero iter autorizzativo per le imprese. E che può farlo in tempi relativamente celeri. Per farlo al top servono anche iniezioni di personale. Ma più ancora che quelle servono un protocollo ed una procedura unici e smart.

Ecco, oggi al Governo mancano ancora quegli strumenti concreti per trasformare le Zes da banderuole di soccorso in autostrade di sviluppo vero. C’è il problema del rapporto diretto con le imprese, il che renderebbe ipoteticamente utile tenere in piedi le singole strutture commissariali i ma “assoggettandole” ad una governance tecnica, tecnologica ed operativa unica. E serve uscire ma non troppo dalla logica dei superpoteri dei commissari.

C’è chi aveva cominciato prima

Carlo Bonomi

Che significa? Che grazie agli stessi in 24 mesi sono stati comunque avviati e finanziati moltissimi progetti, anche al netto dell’assenza della struttura centrale. E che per un po’ bisognerà basculare tra ciò che si è fatto in regime di avviamento della macchina e ciò che si farà a macchina avviata, cioè con un unico centro direzionale.

Lo ha spiegato bene il docente di economia Giuseppe Coco. Il già dirigente alla presidenza del Consiglio durante i governi D’Alema, Amato ed in parte Berlusconi era scettico in esordio.

Nella Zes unica lui ci vedeva “un’inutile interruzione di un modello che, per la prima volta, stava funzionando”. Poi si era ricreduto ed oggi però ha davanti una gigantesca impasse di palazzo Chigi nel mettere a terra quello che aveva messo su carta. Gli imprenditori stanno già storcendo il naso, Confindustria in primis, e Fitto corre sul filo di un timing che è già sottilissimo.

Granisso ha fatto in tempo, e gli altri?

Felice Granisso (Foto © Imagoeconomica)

Perché chi aveva preso fondi, fiscalità di vantaggio e pratiche speed prima ed in fase transitoria ha messo in piedi anche cose belle. Faccende occupazionalmente cruciali, come il salvataggio della Ex Whirpool in Campania da parte della Tea Tek di Felice Granisso. Ma chi volesse accendere i motori adesso non sa a quale struttura fare riferimento. Come la risolviamo? La strada pare quella di prorogare ancora i commissari delle Zes singole.

Poi passare alla gestione centralizzata per gradi e con una perfetta sincronia-travaso tra strutture che scompaiono e mega struttura che affiora. Non è roba facile, a contare che parliamo di 2.500 comuni e 20 milioni di abitanti.

Ci sono già 1,8 miliardi coprire il fabbisogno del credito d’imposta per quest’anno, ma c’è anche il rischio che quei soldi vadano in parte inutilizzati.

A novembre la doccia scozzese

Foto © Marco Cremonesi / Imagoeconomica

Questo a contare che a novembre 2024 l’agevolazione scadrà. Il senso è chiaro. O si cambia davvero ma si sostiene il cambiamento d’ugola e di Gazzetta Ufficiale con quello pratico-tecnico mettendo in piedi un sistema agile e funzionante.

Oppure i territori Zes rischiano di diventare il più grande esempio di doccia scozzese della storia. E con Frosinone e Latina che, sotto la doccia, neanche ci sono entrate. Forse ed a questo punto, a voler giovare meschini, per fortuna.