La lezione di Mulè su Bari e quando anche alla Saf partì la gogna precoce

Forza Italia e il garantismo tattico ed "etico": che mette gli azzurri quasi sempre contro le iperboli degli alleati "manettisti"

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Forza Italia così non ci è diventato, ci è nato. Garantista, a volte anche oltre il limite consentito da un garantismo che non dovrebbe mai avere quella brutta metamorfosi. Quella che lo fa passare da argine contro il “manettismo” a muro contro l’esercizio dell’azione penale. Insomma, nella contorta vicenda di Bari, del sindaco Antonio Decaro e dell’ex toga Michele Emiliano ci sono tutti gli ingredienti per spezzare la maggioranza di Governo.

Farlo soprattutto a livello di quadri e vulgata ideologica, ma farlo con forza assoluta. Una forza che in queste ore ha trovato un decoro inaspettato. E non perché Giorgio Mulè non sia persona avvezza al decoro, ci mancherebbe, ma perché il vicepresidente della Camera in altri contesti non è stato immune da posizioni “pasdaran”.

Lo spirito del Cav ed il suo ultimo scritto

Antonio Decaro (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Ma stavolta no, non poteva e non lo ha fatto. Non poteva perché su ogni cosa degli azzurri aleggia lo spirito del Cav, particolarmente attivo dopo la pubblicazione del suo ultimo scritto. E non lo ha fatto perché Mulè non vuole consegnare Decaro ad una gogna giustizialista ex ante che ne pregiudicherebbe anche le velleità europee per giugno, peraltro ribadite da Elly Schlein in queste ore.

Cavalleria da perfetto “figlio” del Cavaliere, quella di Mulè? No, o quanto meno non solo. Il dato di fondo è che le colpe politiche sono cose che vanno combattute, ma senza chiedere aiuto al “populismo giudiziario”. E’ già successo in passato, in Forza Italia, in tutta Italia ed anche da noi, in provincia di Frosinone. Molte volte.

Successe ad esempio con la Saf nel 2015, e sempre sotto quell’egida di brand tetro dell’Antimafia.

Vicano, Fardelli e Suppressa sulla graticola

Ci furono indagati, la mistica pop del ciclo dei rifiuti in perenne appalto ai malommi fece il suo lavoro nell’opinione pubblica e gli iscritti a registro divennero mostri prima di ogni giudicato post dibattimento. E pagarono pegno amarissimo. Quale? Mauro Vicano dovette rinunciare a candidarsi Sindaco di Frosinone. Cesare Fardelli uscì di scena con le stimmate nere (ed ingiuste) del trafficone. E Roberto Suppressa venne utilizzato per additare un modello criminonegno che non era mai esistito.

Ma quelli erano gli anni in cui anche solo un’ombra di lampeggiante a via Ortella scatenava solo 3 cose: appetiti politici avversi, fregole mediatiche ossessive e giustizialismo tanto forcaiolo quanto ignorante. Non andò come molti speravano ed a febbraio erano andati tutti assolti “perché il fatto non costituisce reato”.

Cesare Fardelli

Non avevano commesso alcun crimine nel fare quello che fecero. Traffico di rifiuti, veleni sotto traccia, tutto inconsistente. Eppure il blitz dell’Antimafia del 2015 fu cosa con viraggio media clamoroso e con esiti politici giganti. Almeno fino a quando ex presidenti e direttore della Saf non sono stati assolti dal Tribunale di Cassino, grazie anche alla sapienza giuridica degli avvocati Domenico Marzi e Sandro Salera.

Una lezione da trarre, lezione difficile

C’è una lezione da trarre? Sì, ma è dura da imparare in un Paese polarizzato come il nostro e Giorgo Mulè lo ha voluto ricordare a Il Foglio. Lui senza se e senza ma sta “con Silvio Berlusconi, sto con il risorgimento del garantismo. Io non tifo ‘Gogna Italia’. Non raccogliamo le pietre che sono servite a lapidarci. Non c’è solo un messaggio etico, nelle parole di Mulè, ma anche uno politico ed immanente. I Partiti, anche quelli della “sua” maggioranza, che fanno il paio con il “manettismo” sono la prova provata del distinguo che gli italiani devono fare.

Daniela Santanché (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

Anzi, che dovranno fare alle Europee nello scegliere un centro moderato che non vuole gogne. E se Fratelli d’Italia e Lega battono molto sul caso Decaro-Antimafia-Scioglimento il Pd non è da meno.

Non lo è sul caso di una Daniela Santanché a cui è stato recentemente notificato un 415/bis Cpp. Di cosa parliamo?

La scriminante con gli alleati di FdI e Lega

Di un avviso di conclusione contestuale delle indagini, l’atto che in Procedura è quasi sempre anticamera della richiesta di processo da parte degli inquirenti. Perciò la destra che si eccita con le Procure è altro dal centrodestra che punta ad affermarsi senza “aiutini”. Quella destra là a Mulè provoca “disagio. A Bari non vanno declamate le parole della procura. Forza Italia porta sul suo corpo le cicatrici del becero giustizialismo. Diamoci una calmata. La destra non cavalchi la tigre. Sia chiaro: io non ammaino la bandiera del diritto, né voglio un uso politico dell’antimafia”.

Foto: Giuliano Del Gatto © Imagoeconomica

E il decalogo della domande poste dagli alleati sul caso a Mulè evoca “la sporcizia contro Berlusconi, i dotti articoli dei mafiologi, di chi per anni ha usato i fascicoli per infangarci. Io da Michele Emiliano voglio invece sapere cosa significa la parola ‘affidarsi’”. Che significa? Che per Forza Italia e per un Antonio Tajani pronto a fare ricca messe a Bruxelles il vero tema è la lotta politica.

Mafiologi, attacchi e contraddizioni

“Gli avversari si possono e si devono inseguire mettendoli di fronte ai fatti e alle loro contraddizioni. A Bari è evidente l’inadeguatezza. Trovo ad esempio sconcertante che nessuno, compreso Decaro, abbia fermato don Angelo Cassano che, sul palco, ha dato al ministro Piantedosi, un galantuomo, ‘del vero criminale’”. C’è un fatto, un filo sottile e tenace che unisce la vicenda della Saf di Colfelice, quella di Bari e centinaia di altre. E’ quello per cui un atto giudiziario, qualunque sia la sua natura procedurale, è per una certa Italia sufficiente a mettere fuori gioco personaggi pubblici e persone.

Giorgio Mulé (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

E non è giusto. Non lo è al punto che non è sbagliato parlare di “superiorità morale” di chi non cade in questi tranelli.

Il problema semmai è che quella superiorità medesima non dovrebbe essere scriminante buona rispetto ad un contesto distorto, ma regola unica.

La “superiorità morale” e tattica degli azzurri

Solo che, non essendolo, essa viene buona anche per segnare un discrimine politico che faccia presa sugli elettori. Mulè lo sa benissimo e lo ha detto: “Io rivendico la superiorità morale di FI su questi argomenti. Noi siamo la risposta al trinariciuto giustizialismo dei grillini e di una certa sinistra”.

Riccardo Mastrangeli (Foto: Stefano Strani)

A Mauro Vicano non andò così bene, non ebbe sparring etici di rango a difendere la sua presunzione di innocenza. E fu proprio il Movimento Cinquestelle ad invocare ed ottenere la pregiudiziale che lo allontanò dalla corsa per il Comune di Frosinone. E che lo spinse ad appoggiare Riccardo Mastrangeli al ballottaggio concorrendo a consegnargli vittoria e “ticket” di inquadramento in Giunta. Per il centrosinistra fu un suicidio doppio, del quale nessuno ha mai chiesto conto al Movimento 5 Stelle. (Leggi qui: L’indecenza dei 18 candidati ‘impresentabili’).

Perché a volte e troppo spesso da noi va così: la leggenda della legge come fattore funzionale serve a cambiare storia e geografia della politica. E lo fa imboccando la sliding-door di future alchimie e fragilità che, come è accaduto, poi vanno a massa critica. Ed innescano problemi.