Il M5S a Pofi sul precipizio della rivoluzione tradita (di A. Porcu)

Oggi la seconda assemblea provinciale del M5S a Pofi. Si apre in concomitanza della più evidente crisi che sta attraversando il Partito. La rivoluzione tradita. Sia a livello locale che nazionale. La richiesta dei militanti di tornare alle origini. Il problema che giocare con le bambole è diverso da mettere su famiglia

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Oggi il Movimento 5 Stelle ci riprova: tiene a Pofi la sua seconda Assemblea Provinciale. (leggi qui Il M5S dopo il flop ci riprova: assemblea provinciale a Pofi). La prima non aveva entusiasmato i partecipanti: né per i numeri, né per le decisioni prese. Nessuna. (Leggi qui Niente streaming, assenti di lusso e zero decisioni alla prima Assemblea Provinciale M5S).

 

Il Partito che tenta oggi di riunirsi per confrontarsi non è più quello delle origini. L’approvazione del nuovo Statuto avvenuta a dicembre del 2017 ne ha snaturato buona parte dei principi. In quel documento sono stati cancellati i vecchi divieti che impedivano di imbarcare gli ex politici, vietavano di tenere nel MoVimento chiunque fosse anche solo indagato, prevedevano l’obbligo di candidare solo attivisti. La nuova frontiera M5S: si agli indagati, agli ex politici, ai non attivisti

Poi con il tempo è arrivato il resto: fine dell’obbligo di rendicontazione, fine del maxi taglio agli stipendi, fine dell’obbligo di straming, nessun obbligo di dover ascoltare più la base e fare solo i portavoce degli elettori.

La possibilità di scegliere i propri candidati attraverso le Parlamentarie e le Graticolarie è andato a farsi friggere quando è arrivato il momento di scegliere i nomi da schierare a Camera e Senato. I paracadutati, infatti, ci sono stati anche nel MoVimento.

 

Il Movimento 5 Stelle che si riunisce oggi a Pofi è più simile al Partito Democratico che contestava e non sl M5S delle origini. Il grillismo ha sostituito il Pd: nel bene dei posti di governo e nel male dell’organizzazione.

 

Il fantasma Fontana su Cassino

L’errore che si farebbe oggi a Pofi sarebbe però quello di voler contestare ai deputati Luca Frusone, Ilaria Fontana ed Enrica Segneri tutte le cose scritte sui Gruppi nel corso di questi ultimi giorni. E cioè di essere del tutto scollati dal territorio, non interessarsi del Collegio nei quali sono stati eletti. Essere del tutto assenti dai grandi temi.

Uno su tutti. La prossima settimana Fca Cassino plant farà ancora cassa integrazione. Il ministro Luigi Di Maio ha incontrato il presidente John Elkann ed il nuovo amministratore delegato Mike Manley. Gli hanno annunciato tutta la loro preoccupazione. (leggi qui Gli stabilimenti di Fca preoccupano il governo) Fino ad oggi non risultano iniziative adottate sul territorio in favore dei 51.912 elettori che hanno mandato l’onorevole Fontana a rappresentarli a Montecitorio, nonostante buona parte della loro economia dipenda da Fca. Nemmeno un disperato grido d’allarme

 

La figura di Ilva di Segneri

Altro errore sarebbe contestare all’onorevole Enrica Segneri la magra figura rimediata nella gestione del caso Ilva di Patrica. Si è intestata il successo dell’acquisto anche dello stabilimento ciociaro da parte del colosso indiano Arcelor Mittal quando in realtà lei c’entrava niente. E oltretutto gli indiani nemmeno hanno comprato lo stabilimento di Patrica (leggi qui Ilva, retromarcia Cinque Stelle: gli indiani non hanno mai comprato Patrica).

Sarebbe un errore rimproverarglielo perché l’onorevole Enrica Segneri nulla di peggio ha fatto rispetto al suo ministro Luigi Di Maio. Il quale giovedì ha annunciato un’intesa a “zero esuberi” per il caso Whirlpool: accordo fatto al Ministero dello Sviluppo economico, sulla base di un investimento nei prossimi tre anni che vale 250 milioni.

A sbugiardarlo sono stati ancora una volta i sindacati. I quali hanno messo in chiaro che Di Maio è stato solo uno spettatore dell’acccordo.

Più arrabbiata di tutti la segretaria nazionale della Fim- Cisl Alessandra Damiani. “Come su Ilva, Bekaert, anche ieri con Whirlpool, il ministro Di Maio è corso al ministero per appendersi la medaglia e fare le foto di rito prendendosi meriti di battaglie che non combatte, se non da spettatore, tra l’altro al fotofinish».

 

La Rigenerazione di Frusone

Errore sarebbe pure rimproverare all’onorevole Luca Frusone di ricicciare i comunicati stampa fatti dai suoi attivissimi colleghi che siedono in Regione Lazio. E poi rilanciarsi con qualche settimana di ritardo.

Lo ha fatto nei giorni scorsi con il suo annuncio dei fondi sulla Rigenerazione Urbana. Qualche giornale ha abboccato, qualcuno no: si sono accorti che era farina già macinata. Da Valentina Corrado in Regione. (leggi qui Retromarcia sulla periferia: restituiti i 28 milioni a Frosinone (e pure agli altri)) a metà ottobre.

 

Tra le accuse mosse all’onorevole Frusone c’è proprio questo: la totale perdita di contatto con i territori e con gli elettori. L’essere venuto meno all’impegno di curare i circoli territoriali in modo da fare crescere il Movimento.

Un po’ come avvenuto con gli F35 che, aveva promesso in campagna elettorale il Partito, avrebbero subito un taglio rigoroso. Salvo poi accorgersi che sarebbero saltate alcune migliaia di posti di lavoro nel comparto Aerospaziale che è una delle colonne industriali tra Lazio e Campania. (leggi qui Gli F35 che impediscono a Frusone di rispondere al telefono)

 

 

Il problema di fondo

Il problema di fondo non è Luca Frusone, non è Ilaria Fontana, non è Enrica Segneri. Il problema è un moVimento diventato Partito politico, identico in tutto e per tutto ai putridi Partiti che avevano promesso di seppellire. E che giustamente la gente ha voluto mandare a casa votando M5S.

Il malcontento interno è evidente. Nei Gruppi si parla con chiarezza dei sostenitori in fuga verso la Lega. E si invoca il ritorno alle origini.

I segni di una rivoluzione tradita ci sono tutti. L’inconsistenza di Fontana sul dramma Fca, la figura di Segneri su Ilva, l’evanescenza di Frusone sul territorio. E salendo più su: il ponte di Genova che è ancora sulle carte del povero Toninelli e da lì non si stacca; il via libera al Tap; o l’Ilva di Taranto che continuerà ad avvelenare anziché diventare un gigantesco parco, campando tutti gli ex lavoratori con il Reddito di Cittadinanza. Il si al condono cambiandogli semplicemente nome. Per non parlare di Roma con i cinghiali in mezzo alle strade, i rifiuti dappertutto, i grandi gruppi in fuga a Milano.

Perché una cosa è giocare con le bambole ed una cosa diversa è mettere su famiglia per davvero.