Top e Flop, i protagonisti del giorno: martedì 6 dicembre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 6 dicembre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 6 dicembre 2022.

PASQUALE CIACCIARELLI

Pasquale Ciacciarelli

Ci sono luoghi comuni solidi e radicati come i santuari in montagna, mossi da riti e liturgie autoalimentate dai secoli di tradizione. Come la pecora al sugo nelle vecchie feste de L’Unità, la pizza al sabato sera, l’abilità dei camionisti nello scovare le trattorie dove si mangia bene ed a buon mercato. Impossibile immaginare i primi senza associarvi i secondi. Il consigliere regionale Pasquale Ciacciarelli ha deciso di aprire la sua campagna elettorale per il bis alla Pisana sfidando proprio i luoghi comuni. In pratica? Convention di apertura senza cena per gli elettori. Nemmeno panino e birra. (leggi qui: La sfida di Ciacciarelli: senza cena vediamo chi viene).

La cena dopo il comizio elettorale è un classico, sostituito solo da panino e birra qualora si voti in estate. È una calamita, infallibile quando devi riempire una sala troppo grande o una piazza che rischia di apparire desolatamente vuota. Invece Pasquale Ciacciarelli ha voluto vedere chi venisse realmente al suo evento; contare i presenti andati lì consapevoli che lo avrebbero ascoltato, senza poi trovare la tavola apparecchiata.

Una scelta di sostanza, al di là della forma. Perché questa delle Regionali 2023 sarà una campagna molto veloce, nulla a che vedere con quella che elesse Iannarilli, Formisano e De Angelis vent’anni fa: partì ad ottobre e finì a maggio dell’anno successivo; raggiungendo picchi glicemici preoccupanti per qualunque diabetologo. Tra i candidati ci fu chi faceva l’antipasto in una tappa, il primo in quella successiva, il secondo in quella dopo, dolce e caffè a fine tour.

Rompere uno schema è sempre rischioso. La sala piena all’Edra Palace di Cassino l’altra sera ha mandato un’indicazione chiara: riunione fast, interventi lampo, un’ora e poi tutti a casa. La prima campagna elettorale d’inverno inizia a scrivere le sue regole. E sono quelle dettate da Ciacciarelli.

Pance vuote urne piene.

ENZO SALERA

Enzo Salera

Rivoluzionare uno schema politico è sempre un rischio. Perché una cosa sono i rulli di tamburo e gli squilli di tromba, cosa diversa sono le truppe che poi si lanciano realmente all’assalto. Condizione ben riassunta nella frase proverbiale ‘Armiamoci e partite‘ già di uso corrente nel frasario italico del sec XIX tanto da trovare meritato riconoscimento nell’edizione del 1891 del Nòvo dizionàrio universale della Lingua Italiana redatto da Policarpo Petrocchi. Ne è consapevole il sindaco Dem di Cassino Enzo Salera che ha lanciato il suo assalto al santuario del Partito Democratico Provinciale.

La maledizione contro quel gruppo dirigente l’ha pronunciata durante la difficilissima campagna elettorale che tre anni e mezzo fa lo portò a strappare Cassino al centrodestra; “senza l’aiuto del Pd, anzi con la loro ostilità” ebbe a scrivere poche ore dopo il suo giuramento da sindaco a Nicola Zingaretti.

In questi anni, poco alla volta ha iniziato ad aggregare: prima i sindaci del Cassinate, poi quelli di un’area ben più vasta riunendoli in una Consulta. Fino ad uscire allo scoperto e mettersi di traverso alla candidatura del leader Francesco De Angelis alla Camera, proponendo una di territorio, nonostante le due cose fossero compatibili. Ora il colpo grosso che prelude all’assalto finale: la riunione dei sindaci al Manzoni di Cassino per mandare all’aria l’asse che avrebbe messo insieme Pd e FdI nel nome del sindaco civico di Roccasecca Giuseppe Sacco. (Leggi qui: Provinciali, la bomba di Pompeo: «Così il Pd ha segato le gambe ai candidati»).

Ha concepito una sintesi politica che ha portato sul nome del sindaco Dem di Arce Gino Germani. Che al Manzoni aveva tuonato “Mai con i fascisti” e poi si è ritrovato ad essere appoggiato da FdI. (Leggi qui: Provinciali, tutti divisi appassionatamente).

Quella di Enzo Salera è una scelta simile a quella di tutti i rivoluzionari: senza vie di mezzo, o si vince e si ribaltano le cose o si perde e si finisce al muro. E non tutti hanno il fegato necessario. Nelle ore scorse ci sono stati gli scricchiolii nella sua maggioranza: i rumors dicono che nella notte ci sia stata la ricognizione delle truppe e la messa in linea di tutto il fronte. (Leggi qui: Provinciali, la corazzata di Salera diventa una barchetta).

Salera sa bene che non può permettersi di perdere. Perché ha già incamerato l’inimicizia del sindaco di Roccasecca al quale ha fatto saltare la candidatura e che l’ha messo in tacca di mira “Alle prossime comunali di Cassino farò campagna con chiunque sia contro Salera”. Inoltre, l’altra ala del Pd ora sarà legittimata a non seguirlo nella corsa per la rielezione del 2024, ripagandolo dell’operazione Manzoni. Enzo Salera lo sapeva: le rivoluzioni non sono una cena di gala ma lasciano morti e feriti politici sul campo. L’ha affrontata lo stesso, con lo spirito che solo i rivoluzionari hanno.

O Piazza Gramsci o morte.

FLOP

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Denunciato alla Corte Penale Internazionale sotto la voce “crimini contro l’umanità“, decisamente non depone bene. Matteo Salvini usa da sempre le carte bollate contro di lui come il vessillo con cui i fantaccini della Grande Guerra si drappeggiavano il torso mentre puntavano il Carcano 91 contro il nemico. Ma stavolta l’operazione rischia di sfuggirgli di mano.

Attenzione: non è perché Salvini sia imputabile o addirittura passibile di condanna per “crimini contro l’umanità”. Sulla faccenda scherzeremmo poco anche a fare la tara alla ruvidezza del personaggio. Ma per un altro motivo più sottile. Perché nel mainstream la cosa fa male ad un Governo che sta facendo di tutto per darsi ossigeno europeista.

Riassumiamo: il vicepremier, ministro e Segretario della Lega è inserito da qualche giorno in un dossier-esposto che ha preso la via poco piacevole della Corte Penale Internazionale dell’Aja. Con lui ci sono, dei “nostri”, anche Federica Mogherini e Marco Minniti in un “fascicolo” che è stato rubricato ieri a protocollo nei Paesi Bassi.

Chi ha stilato quell’esposto? Una Ong a trazione giuridichese, lo European Center for Constitutional and Human Rights. E il tema? Quello scotta: “Crimini contro l’umanità nei confronti di migranti e rifugiati, intercettati in mare e sistematicamente riportati e detenuti in Libia, dove sono sottoposti a detenzione sistematica“. Cioè, da Berlino dicono che i respingimenti avrebbero incentivato la barbarie sull’altra sponda ed incrementato la popolazione dei campi-lager libici. E chi dei respingimenti è stato autore diretto è complice quasi in vincolo associativo delle nefandezze dei carcerieri nordafricani.

Cosa chiede la Ong alla Corte? Di “indagare sulla responsabilità penale individuale di funzionari di alto livello degli Stati membri dell’Ue e delle agenzie dell’Ue in merito a molteplici e gravi privazioni della libertà personale, risultanti da operazioni di intercettazione in mare tra il 2018 e il 2021“.

Ma il dato è un altro: con tutto il rispetto per Mogherini e Minniti quello che oggi ha incarichi attivi e di vertice è il solo Salvini. Vero è che nel dossier c’è anche il premier maltese ma se cominciamo a dire che Malta è come l’Italia domani diremo che Ascoli Piceno è come Brasilia e non ne usciremo più.

Insomma, non è l’indagine che in quanto a merito pare un po scarsa, ma il fatto che Salvini alla stessa abbia opposto il suo solito vernacolo eroico con un roboante “a testa alta” in chiosa. Perché il vicepremier deve avvisare il ministro che quando vedesse il segretario della Lega magari gli dice che adesso lui è un pezzo d’Italia, e deve sostituire gli slogan con una cosa chiamata politica.

Il passato che torna.

GIANCARLO GIORGETTI

Giancarlo Giorgetti

Ha un merito, merito grande, quello di aver riesumato l’Enrico Letta migliore. Che della manovra varata dal Governo di cui Giancarlo Giorgetti è parte attivissima ha detto: “La manovra è senza visione, più che una legge di Bilancio è un Dl aiuti 5 che non ha visione”.

E di Giorgetti proprio questa skill era stata sempre apprezzata: la assoluta capacità di mettere su ampio raggio e in respiro strategico i problemi di un’economia che punta sempre più alla giugulare la gente in Italia. Stavolta però il ministro sembra essere ingolfato. Ingolfato e trincerato dietro un minimalismo che lui vorrebbe camuffare da modalità “stiamo sul pezzo”.

Analizziamo le sue parole. “Quello che ha fatto il governo è prendere atto della realtà e la prima realtà che riguarda l’Italia e l’emergenza energetica“. Vero. Verissimo ma di solito i governo non “prendono atto”, operano per cambiare lo stato dell’arte se non è in sintonia con il benessere della Nazione. Per il titolare dell’Economia invece il Governo ha fatto “tutto quello che serve per mettere in protezione famiglie e imprese sui prezzi dell’energia“. Vero a metà, anche a contare le ovvie divisioni partigiane sul tema. Perché sul disaccorpamento si è rimasti al palo.

Poi il terzo gargarismo poco “giorgettiano”. Il tema della sostenibilità del debito con cui confrontarci ogni 15 giorni, “con un approccio prudente, senza pazzie di bilancio“. Vero poco, perché nessuno chiedeva pazzie ma maggior buon senso nell’evitare di farle.

Giorgetti non è mai stato un leone ruggente e borioso e questo di lui piace, piace il fatto che lui sia un puma silenzioso che i problemi li sbrana senza troppa cagnara pubblicistica, ma stavolta che ha deciso di essere un micio da tinello bisogna dirglielo. Perché gli artigli non servono tanto a lui, servono all’Italia.

Troppe fusa.

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