Transizione Ecologica? Più urgente quella burocratica

La transizione Ecologica non basta. Per riaccendere la fiamma dello sviluppo occorre, insieme, anche una transizione burocratica. Che detti percorsi chiari e tempi brevi. Comprendendo che energia e rifiuti ora sono strettamente legati

In Giappone hanno steso un cavo sotto al mare ed hanno iniziato a ricavare energia elettrica dal moto delle onde. In Sicilia l’Eni ha iniziato a sperimentare la stessa cosa insieme al Politecnico di Torino: contano di accendere le prime lampadine con quell’elettricità già alla fine di questo 2021. A Roma un signore ha iniziato a parlare di energia che si può ricavare dalle stelle: non è uno scappato dal manicomio di Ceccano bensì l’ex capo dell’Istituto Italiano di Tecnologia Roberto Cingolani che oggi è il nostro ministro ministro della Transizione Ecologica. A Frosinone si discute ancora se ricavare il gas dagli avanzi delle cucine: come se fosse un problema. Stranamente in Veneto non lo è: ogni giorno si prendono i nostri avanzi e ne ricavano tonnellate di metano bio, spingendoci le loro macchine, le loro fabbriche, riscaldandoci le loro case.

Il ministro Cingolani (Foto: Imagoeconomica)

C’è un problema ancora più grave. Rischia di farci perdere altro tempo oltre a quello già consumato per discussioni ormai superate. Lo ha messo in evidenza proprio il ministro Roberto Cingolani presentando il suo programma in Parlamento. Siamo dannatamente lenti, nei confronti degli altri competitor europei, noi dobbiamo riempire tonnellate di carte e di moduli che gli altri non hanno. Una situazione così elefantiaca da far dire al ministro “È necessaria anche una transizione burocratica”.

La transizione burocratica

La situazione in provincia di Frosinone è ancora più grave. Non è un caso che due anni fa si sia accesa una feroce polemica tra il Presidente della Provincia Antonio Pompeo ed il Governatore del Lazio Nicola Zingaretti. Proprio sui tempi che le imprese devono aspettare per ottenere le autorizzazioni.

La denuncia l’avevano fatta, insieme gli industriali di Unindustria guidati all’epoca dal presidente Giovanni Turriziani ed i sindacati Cgil – Cisl e Uil.  Puntavano il dito verso i gravissimi ritardi nelle autorizzazioni ambientali: “Non chiediamo sconti ma solo l’applicazione delle leggi“. Per non decidere, si impiegano tempi così lunghi che nel frattempo la norma cambia e si deve ricominciare l’iter daccapo. (Leggi qui Industriali e sindacati insieme: “Si rischia una nuova Ilva”).

Poi un nuovo affondo: durante un incontro dei sindacati, a novembre era emerso che in provincia di Frosinone servono fino a 5 anni per un’autorizzazione ambientale. Il doppio di quanto si deve attendere in Emilia Romagna. Al momento di scegliere dove investire le imprese tengono conto anche di questo (Leggi qui Le pratiche aspettano. Gli investitori no).

L’affondo

Antonio Pompeo

L’indomani era arrivata la risposta esplosiva di Antonio Pompeo: dal podio del Salone di Rappresentanza che in quel momento ospitava un convegno della Cisl provinciale e regionale. “Più volte abbiamo rappresentato alla Regione Lazio le difficoltà incontrate nello svolgimento dei servizi di natura ambientale, in assenza di una norma regionale. Per questo abbiamo inviato alla stessa Regione un’ennesima richiesta scritta per la riapertura del tavolo tecnico in cui riaffrontare la questione delle convenzioni“. (Leggi qui La rabbia di Pompeo: “Ambiente? Tutta colpa della Regione“). Insomma, colpa della Regione.

Che a stretto giro aveva fatto avere la sua risposta:  «Il ritardo nel rilascio delle autorizzazioni ambientali di competenza e, più in generale, dell’azione amministrativa nel suo complesso è attribuibile all’inefficiente gestione dell’ente provinciale». Firmata da Nicola Zingaretti. (Leggi qui Zingaretti a muso duro: «Pompeo, i ritardi con le aziende sono tutta colpa tua»).

La preoccupazione nel Lazio

La soluzione per le imprese potrebbe arrivare dall’azione di governo annunciata dal ministro. Alle Commissioni Ambiente e Attività Produttive di Camera e Senato il ministro l’altro giorno ha detto che c’è un arretrato da smaltire. E che bisogna intervenire sui tempi del ‘permitting‘, i tempi che intercorrono tra la richiesta di valutazione ambientale di un investimento e il rilascio dei titoli necessari a poter iniziare a produrre.

Monte Carnevale (Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Nel Lazio nei giorni scorsi un’inchiesta della Procura di Roma sull’individuazione dell’area per la nuova discarica cittadina, ha decapitato il settore della Regione Lazio che esamina le richieste di autorizzazione. (Leggi qui Discarica di Roccasecca e Roma: ai domiciliari Lozza e Tosini).

È l’occasione per una riflessione. Da fare approfittando del nuovo vento che ha portato alla nascita di un Ministero della Transizione Ecologica e di un assessorato con le stesse competenze in Regione Lazio.

Molti degli iter autorizzativi si basano su concetti ormai sorpassati tanto quanto le tonnellate di carta che in Italia vengono chieste per le vaccinazioni e per fare nuove attività. I tempi dei modernissimi sportelli unici sono superati da Internet e dalla firma elettronica: i documenti possono essere caricati da casa e le domande fatte dal portale. Invece si continua a ragionare con una logica provinciale, seppure allargata su scala regionale.

Rifiuti, energia e ministero

Il Consiglio dei Ministri

Rifiuti ed energia oggi sono strettamente connessi. Sarebbe più efficace allora una pianificazione nazionale in capo al ministero. Capace di dire quanti impianti di biodigestione servono al Paese e dove; quanta termocobustione serve e dove.

Non è solo una questione di ambiente ma di strategia industriale: lo dimostrano le parole di Carlos Tavares sui costi dell’energia per produrre le auto negli stabilimenti italiani di Stellantis. Come nel caso di Cassino Plant. Occorre una pianificazione energetica nazionale magari unita alla politica dei rifiuti.

Se ci fosse quel processo di transizione burocratica e di snellimento, sarebbe molto più semplice per i territori capire cosa si può fare e cosa no, cosa bisogna avere per stare in regola e cosa no. Non ci sarebbero aziende che aspettano da cinque anni di sapere se possono o non possono investire ed assumere altro personale.

Il paradosso è che da un lato del Paese si accendono le lampadine con l’energia ricavata dalle onde del mare. Nel Lazio si attendono cinque anni per sapere se si può fare o no.