Tre modi di essere Pd e quello di Veroli non sembra ancora in partita

Tutto pronto ma non prontissimo per avviare la fase più cruciale per il voto amministrativo, con i dem locali in sospetto di attendismo

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

“Signò, ‘sta mano po’ esse piuma o po’ esse fero…”. Mario Brega buonanima sua e camionista-infermiere resta una delle figure totem del cinema italiano ma aveva solo due opzioni. Quella mano può seguire invece una terza via con il Pd che si conferma uno e trino praticamente in ciascuna delle declinazioni in cui critica, decide e a volte aspetta. “Mena”, punge o si siede.

C’è un guaio grosso e ancora irrisolto per i dem che in questi mesi si stanno opponendo alla ricetta di governo di Giorgia Meloni. E il guaio è che essi non sono ancora riusciti del tutto a coniugare diritto alle opinioni di corrente con dovere di una rotta comune e perseguita da tutti.

Elly Schlein (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

E’ un fenomeno in fase di assestamento ma c’è un fattore ulteriore che non è stato messo nell’equazione: il tempo. Esiste cioè una chiave di lettura urgente che non punta solo alla forza con cui il Partito Democratico di Elly Schlein spunta le unghie al massimalismo di maniera ed affila quelle della concretezza. Quella chiave di lettura è tutta incentrata sul tempo che il Pd ci mette a trasformarsi, a mettersi l’elmetto, a prendere decisioni in curva stretta. Ed a lanciarci sopra la macchina del consenso e delle battaglie elettorali con il grip di chi taglia i cordoli.

Oggi si mormora ma solo in certe stanze del Nazareno e con orrore che il lessico buono non è quello riformista. E che se metti i discorsi di Renzi al contrario si sente Pajetta che bestemmia. Si fa meno tattica e si urla di più, la segreteria gira a mille e poco importa che per lo più giri a vuoto. Poi arriva il calendario che, inesorabile, ti ricorda che i propositi sono una cosa e che i piani sono un’altra.

Come con A Team: abbiamo un piano?

Daniele Leodori e sara Battisti

E allora devi trasformarti in un baleno da Savonarola laico in Hannibal di A Team, quello che amava “i piani ben riusciti”. Solo che, tranne alcune realtà provinciali come Frosinone, non lo sai fare ancora. E quella skill ti manca con le elezioni Europee, provinciali ed amministrative che incombono e con tanti Pd in campo. C’è quello nazionale che come spiega Il Foglio “si avvita in un mare di contraddizioni. Un po’ di qua un po’ di là. Inevitabile quindi che l’elenco delle rivendicazioni si allunghi sempre di più sperando che una coperta lunga sia anche una coperta calda. Addirittura l’Unità di Piero Sansonetti ha sparato a zero sulla segretaria, invitandola a “restituire il Partito”.

In provincia di Frosinone poi c’è quello che per delega ricevuta mette a regime la macchina di concretezza voluta da Daniele Leodori e Francesco De Angelis, che è in uscita ufficiale della guida del Consorzio Industriale del Lazio. Ecco, quel Pd là equalizza e passa la palla ad una Federazione ciociara ligia. Poi c’è quello territoriale in purezza, che a Veroli ad esempio aspetta e traccheggia tra possibili caselle compensative a Palazzo Iacobucci (Provincia) e decantazioni stanche per Piazza Mazzoli (Comune). E non si sa cosa si stia attendendo, a contare dal quadro generale.

Cerquozzi, Parente e il nodo irrisolto

Francesca Cerquozzi

Spieghiamola meglio partendo da un presupposto: l’analisi è su un timing che forse non tiene conto di fattori interni che di quell’attendismo sono contrafforte serio. Tuttavia l’impressione generale, anche a fare la tara ad aspetti tattici più immanenti, è quella del brodo di coltura nel gel delle intenzioni. Nel 2024 a Veroli si voterà per le elezioni amministrative e i dem hanno da tempo in mano il cerino acceso di una rappresentatività in upgrade. Che significa?

Che di candidabili in quota Nazareno lì ce ne sono due, e che tocca decidere chi delle due dovrà correre. E cominciare a spingere. Francesca Cerquozzi ed Assunta Parente sono entrambe degnissime titolari per correre e le primarie sembrano essere il solo strumento per arrivare ad una individuazione innocua e certa. Pochi giorni fa il presidente regionale De Angelis era stato perentorio nel suo intervento a Frosinone. Sapeva ed ha stretto il “brodo” del ragionamento.

Il sunto era stato che dovranno essere i quadri a disegnare il Pd competitivo che ci serve e che non sarebbe stato tollerato alcuno scannamento interno. Ognuno si pesa e chi pesa di meno porta dote al prescelto, senza freccette al curaro. Tradotto? Fate le vostre mosse, fatele in coerenza ma senza la solita logica sicaria e sadomaso per cui ci sono più guai dentro il Partito che in quelli che il Partito vuole battere. E messa meglio ancora? A Veroli, ad esempio, tocca correre e tocca farlo perché in attesa che quagliasse la decantazione delle decisioni di Partito è scattato un fenomeno che in logica consensuale amministrativa è cardine da sempre.

Il civismo di recupero: “Faccio da me”

Il vicesindaco Assunta Parente in Consiglio

E’ quello delle civiche. Attenzione: una cosa è dire che nelle realtà territoriali il civismo è chiave di lettura ed azione ottimale perché lì, nelle cittadine, i bisogni e le alchimie scavalcano l’appartenenza politica. Altro è subire un civismo di ritorno e recupero che germina nel momento in cui la politica abdica, traccheggia o tesse trame troppo complesse. Insomma, l’impressione attuale è che il quadro ernico sul fronte dem sia quello di lasciare che ogni candidat(a)o si faccia magnete civico in attesa di una patente politica che tarda ad arrivare.

C’è una federazione provinciale che ha trasmesso la linea. E che solo ieri, con Luca Fantini e Francesco De Angelis in testa, ha incontrato le delegazioni di Demos, Italia Viva ed Azione. Questo “per costruire un centrosinistra forte e unito e per arrivare coesi all’appuntamento delle elezioni provinciali!”. Ci sono direttive regionali chiarissime e pronte e censurare ogni lotta fratricida e infine c’è una sezione locale che sul tema cittadino ancora non ha toccato palla o che al limite “palleggia”.

Tornando a Verdone, “sì, ma in che senso?”. Con un calendario chiaro di appuntamenti che mettano la spunta sotto la voce primarie, ad esempio. O con iniziative mirate che una volta per tutte facciano sapere ai verolani che votano a sinistra neutralmente propensi a maturare un’opinione come si sta orientando il Pd locale. Per ora tutto tace quindi, e tace mentre sui fronti “avversi” molto è già passato dalla fase carnet alla fase “facciamo così”. Magari proprio mettendo assieme precise realtà politiche disposte a retrovie strategiche rispetto a patrimoni civici di peso.

La roadmap che poi si ferma

Simone Cretaro

In politica il concetto di ritardo è molto più che la semplice enunciazione di un’agenda operativa ferma alle pagine di prologo. E’ un po’ come con il tweet-aforisma di Mesmeri: “Mi piace iniziare a prepararmi con largo anticipo in modo da avere il tempo per arrivare in ritardo con comodo”. Il senso è che a Veroli è tutto apparecchiato da tempo per la roadmap del Pd in ordine alle elezioni del dopo Simone Cretaro.

La Festa dell’Unità di settembre aveva “battezzato” le due candidate, la segretaria provinciale di Luca Fantini ci aveva messo cappello e quella locale di Toni Pironi aveva acceso le caldaie. Poi era arrivato il “bugiardino operativo” di Leodori, De Angelis e della stessa Sara Battisti e ci si attendeva che la lista delle cose da fare diventasse lista delle cose fatte almeno in parte. E invece lì si è andati con le ruote nella mota e alla faccia della trazione integrale. Fermi al preambolo, i dem di Veroli sembrano in attesa di un qualcosa che già c’è.

Cene serotine a base di pecora, direzioni locali convocate dopo cena e di corsa, qualche convegno e molta parlesia da bar, ma null’altro. Nessun comunicato, nessuna decisione, nessun dito puntato su una certa fetta dell’orizzonte e nessuna feluca in testa ad alcuno. L’impressione era ed è che la polarizzazione naturale che gli elettori iniziano a sciorinare man mano che la campagna elettorale si avvicina alla fase finale sia una sorta di lepre da rincorrere e non un levriero da cui farsi inseguire. Eppure fare campagna elettorale nei mesi di esordio significa partire in tempo, sondare il terreno. Raccogliere le forze, consolidare i punti di forza e sanare quelli deboli.

Corse, corridori e blocchi di partenza

Ma qualcosa è andato in corto esattamente mentre i circuiti “avversari” avviavano le loro prove di conduttanza. Non si sa chi sarà a correre per i dem e non si sa nemmeno se i dem locali hanno ben chiaro che qualcuno alla fine dovrà correre. Con Francesco De Angelis che magari attende una telefonata da giorni e che sembra ormai prontoprontissimo a farla lui, perché la democrazia vera oltre che un diritto è una conquista di cui essere degni.

Germano Caperna con Valentina Calcagni e Matteo Renzi

Una chiave di lettura c’è e non va mai persa di vista. Il Pd è uno dei capisaldi di questa alleanza di governo a Veroli ma non è l’unico. Ne sia dimostrazione che il sindaco Simone Cretaro non è un iscritto ai Dem. La vittoria passa per un sottile gioco di equilibri. Nei quali ancora oggi ha un ruolo determinante un ex Dem che risponde al nome di Germano Caperna, oggi accasato con Matteo Renzi che ha seguito per coerenza. Allora quello stop & go e poi di nuovo stop può essere letto in chiave alleanza che il centrosinistra sa di dover costruire se vuole essere competitivo. Così come sa che potrebbe dover compiere un sacrificio nel supremo interesse dell’unità e del risultato.

Il nuovo tempo di De Angelis

Francesco De Angelis (Foto © Massimo Scaccia)

Con il suo addio al super consorzio laziale Francesco De Angelis, che ha anticipato una Pisana destrorsa e in fregola compensativa per le Europee, si è lasciato le mani libere per svolgere il suo ruolo politico a livello regionale. Per realizzare i Dem come li vede lui insieme a Leodori. Cioè combattivi ma non rissosi ed equalizzati dentro per affrontare il “fuori”. Mai come oggi Veroli per lui, tornato alla politica in purezza e tornato “mister” di chi corre, è grano da non sfilare dal rosario di influenza. Se accadesse per mancata sincronizzazione con la base sarebbe smacco grossissimo. E attenzione ché il tizio è più Mazzone che Zeman.

Secondo una simulazione condotta da alcuni analisti economici con il pallino del capello spaccato 10-20 minuti di attesa al giorno possono valere tra 1,5 e il 3% del pil. E’ roba pelosa che profila scenari di pia ipotesi, ma è anche foto fluo di un sintomo che come principio generale sia reale: se aspetti troppo poi parti secondo ed arrivare primi è più difficile.

Ecco, anche a contare che in politica si ragiona per ciocche e non per singoli capelli a Veroli attendere troppo di sapere chi sarà in corsa per Piazza Mazzoli potrebbe costare punti. Punti di consenso al Pd. Quelli e un ribaltone che è in “agguato” legittimo da 30 anni.