Indiscreto – Spifferi romani (Martedì 9 febbraio 2021)

Spifferi dai palazzi romani. I derby della Pisana: cosa s'è messo in testa Astorre.Lo scontro dietro le quinte tra Leodori e D'Amato. Che non disdegnano la candidatura. A sindaco. Ma Zinga va a fare il ministro o no? La risposta è... A proposito di centrodestra: il bluff di Silvestroni. Ed il destino 'toscano' di Conte

L’importanza di avere un banca (e Renzi cosa farà?)

Avere una banca serve. Ditelo a Giuseppe Conte. L’avvocato sa che non tornerà al Governo, che la discontinuità chiesta dai Partiti a Draghi gli precluderà ogni strada. Così come non è affatto allettato all’idea di correre a sindaco di Roma: si guadagna troppo poco e si rischia seriamente di finire indagati o, al meglio, di fallire miseramente e vedere così compromesse la propria carriera politica e la propria immagine.

E allora? Come svernare per due anni, cercando di scalare il M5S senza finire nel dimenticatoio? L’ormai quasi ex presidente del Consiglio sta escogitando quella che nel Pd chiamano la “soluzione Gualtieri”. Conte vuole infatti candidarsi alle elezioni suppletive nel collegio di Siena, lasciato libero da Pier Carlo Padoan, dimessosi dopo essere stato nominato presidente di Unicredit.

Giuseppe Conte

Beppe Grillo e Goffredo Bettini sarebbero già d’accordo. Ma le incognite restano. Quando si voterà? Il Capo dello Stato ha detto chiaramente che la pandemia sconsiglia elezioni anticipate. Un principio che varrà anche per le Regionali in Calabria (11 aprile), le amministrative e le suppletive (in programma in primavera)? O verranno spostate? Quanto dovrà aspettare Conte prima di diventare onorevole?

Ma c’è poi un altro quesito: che cosa farà Matteo Renzi, che in Toscana qualche voto lo muove eccome? Accetterà di sostenere il suo acerrimo nemico? Magari non farà come con Gualtieri, quando rinunciò a candidare Federica Angeli (poi sedotta dal grillismo di rito raggiano) per sostenere Gualtieri alle suppletive del collegio Roma Centro. No… magari Renzi uno sgambetto proverà a farglielo con una candidatura alternativa.

Comunque, Conte l’ha pensata bene. La “soluzione Gualtieri” consentirà di sopravvivere al prossimo ex ministro dell’Economia. Perché non dovrebbe funzionare pure con l’aspirante leader del centrosinistra?

Ministro sì ministro no. Ma che ne so?

Mi si nota di più se vado o se non vado? Nicola Zingaretti ripensa al totem della sinistra Nanni Moretti ma in cuor suo ha già deciso. Al Governo vuole andare eccome! Porta la firma di Zingaretti la proposta di far entrare tutti e cinque i leader nel prossimo governo Draghi, Matteo Salvini compreso. Porta la firma di Zingaretti l’idea che comunque il segretario del Pd nell’esecutivo dovrà pur esserci in qualche modo.

Il problema è che non tutti sono d’accordo. Ammesso che nel Governo dei migliori ci sia posto per lui (e sicuramente c’è posto), è il Pd a fare resistenze. Dario Franceschini vuole essere confermato alla Cultura e vedrebbe male l’ingresso del Segretario nel Governo, perché questo finirebbe inevitabilmente per ridimensionarne il ruolo. Andrea Orlando anche ha ambizioni da ministro: lo chiede praticamente da un anno e non ne fa mistero. C’è poi Base riformista: gli ex renziani puntano a blindare il loro leader Lorenzo Guerini.

Nicola Zingaretti (Foto: Imagoeconomica)

Insomma, tanti galli a cantare, decisamente troppi. Anche perché dietro c’è il futuro del Pd. Dopo il voto di fiducia tra i Dem ci sarà il redde rationem post-crisi, con AreaDem e Base riformista decise ad aprire la questione della Segreteria. Come arrivare fino al 2023 senza poter essere scalzato? In un Partito dilaniato dal correntismo il tema Zingaretti è aperto e lui lo sa. (Leggi qui Zingaretti, il congresso Pd e l’eterno potere delle correnti).

Andare al Governo ne blinderebbe la leadership fino a fine legislatura e sarebbe poi lui a dare le carte e fare le liste. Franceschini e gli ex renziani voglio evitarlo; gli ex comunisti sarebbero d’accordo ma vogliono capire il perché. E in mezzo c’è lui, Zingaretti, che spinge. Ma a Draghi interessa qualcosa delle correnti del Pd? Pare di no…

Il derby della Pisana. E Astorre s’è messo in testa il Cuppolone

I tormenti zingarettiani fanno breccia alla Pisana, dove ci sono cinquanta cristiani che vogliono capire se dovranno dire addio a due anni di legislatura e attrezzarsi per un’altra sanguinosa campagna elettorale. Spettatori interessati anche le centinaia di persone che lavorano per i consiglieri nei gruppi consiliari. Un esercito di potenziali persone in cerca di nuova occupazione che trema.

Ma in questo panico generalizzato, c’è chi prova a lucrare politicamente. Bruno Astorre, ad esempio, s’è messo in testa che se davvero Nicola Zingaretti dovesse entrare al Governo riportando al voto anche la Regione Lazio, il candidato sindaco di Roma più forte è Daniele Leodori, suo fedelissimo. E pazienza se l’attuale vicepresidente della Giunta è di Zagarolo! Dopo Ignazio Marino del resto vale tutto.

Bruno Astorre (Foto: Alvaro Padilla / Imagoeconomica)

Ma ad ambire alla candidatura a sindaco c’è anche Alessio D’Amato, assessore alla Sanità alle prese con emergenza Covid e piano vaccinale. I due, si dice dietro le quinte, si stanno letteralmente scannando da un oltre un anno, già prima che esplodesse il mascherina-gate.

Anche la giunta regionale e il Consiglio – lato centrosinistra – sono divisi tra chi sta con Leodori e chi sta con D’Amato. “Di solito situazioni come queste finiscono male per tutti e due”, profetizza un altissimo dirigente nazionale del Pd.

Ma intanto Astorre lavora alla sua tela, che prevede un ticket con Roberta Lombardi, o come vicesindaco o, addirittura, come candidata alla Regione Lazio. Intanto, il destino dei consiglieri e dei loro collaboratori è appeso a Mario Draghi.

Il bluff di Silvestroni

E il centrodestra cosa fa? Su Roma regna il caos, nonostante il bluff di Marco Silvestroni. Il segretario provinciale di Fratelli d’Italia assicura che “il tavolo di coalizione si sta riunendo”, che “sta discutendo sul nome di Guido Bertolaso che è sicuramente un buon candidato ma bisognerà vedere se sarà un buon sindaco”. In ogni caso – assicura Silvestroni – il nome verrà sciolto a breve e Giorgia Meloni annuncerà all’Urbe il candidato.

Marco Silvestroni (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Peccato che non sia vero nulla. Il tavolo del centrodestra è fermo e non si riunisce da mesi. Le conseguenze del sostegno di Forza Italia e Lega al futuro governo Draghi magari non avranno ripercussioni sulla coalizione, ma di certo la situazione politica non consente di pensare ai candidato sindaco. Né per Roma né per le altre città. Tutto fermo.

I leader non discutono di Roma da prima dell’inizio di dicembre e nel frattempo Bertolaso ha preso il volo, tornato in Lombardia a occuparsi di un piano vaccinale regionale che andrà avanti almeno un annetto. Difficile che molli tutto. E un altro nome all’orizzonte al momento non esiste. E per complicare ulteriormente le cose, Fratelli d’Italia vuol portare al tavolo nazionale anche la scelta dei presidenti di Municipio, che notoriamente non son dei giganti della politica né dell’amministrazione pubblica (vale per il centrodestra come per il centrosinistra e il M5S…). Ce lo vedete Berlusconi che parla del presidente del Municipio delle Torri? O Salvini che s’accanisce per avere il fortino del XV? Più facile che Tajani provi invece a sgambettare Gasparri per mettere i suoi.

Insomma, roba da ridere. Come il bluff di Silvestroni. E alla fine dal caos potrebbe prendere forma davvero la candidatura di Chiara Colosimo, che nessuno conferma ma nessuno esclude. Nonostante la Meloni sia stata categoria: “Io un nome di FdI per avere la candidatura di bandiera a Roma non lo farò mai”.