Cartesio e Platone, i bianchi di Cori facili ma non banali

Degustare due vini frutto dell'impegno di un 23enne di Cori. Molto più che una beva tecnica. E' l'emozione di scoprire blend importanti. E motivazioni che danno speranza.

Marco Stanzione

Non invitatemi mai a bere...

La giornata inizia bene: il sole splende, gli uccellini cinguettano gioiosi, sono le 9 del mattino e ho già sete. Certo so già cosa state pensando, che Marco ha sempre sete, ed io per questo vi apprezzo, perché siete lettori attenti!

Ho sempre sete, anche quando diluvia, ma vuoi mettere una bella giornata di fine maggio. Con zero nuvole, autoradio a manetta, finestrino abbassato, gomito fuori, vento tra i capelli (autoironia becera). E con la gioia immensa di tornare a far visita ai miei amati viticoltori?

Vi confesso che questa adrenalina mi è mancata parecchio durante il lockdown. Non mi è mancato il vino perché fortunatamente la mia cantina è ben fornita, ho aperto tante bottiglie fuori al balcone. Ma mi sono mancate le storie, le passeggiate in vigna, i racconti e gli sguardi fieri dei vignaioli. Per questo oggi sono particolarmente elettrizzato. Rispolvero un classicone degli Europe, Halfway to Heaven, e mi dirigo verso le terre dell’uva “pantastica”.

La passione della gioventù di Matteo, delle tenute Filippi
Tenute Filippi, i vigneti

Proprio con questa parola Plinio il Vecchio descriveva uno dei principali vitigni autoctoni della provincia di Latina millenni orsono, il Bellone. E proprio nel pontino, a Cori, incontro Matteo Filippi, giovanissimo titolare dell’azienda omonima.

Ha 23 anni: è molto giovane. «Beh anche l’azienda è giovane. Sono praticamente nato a contatto con la terra e l’agricoltura. Mio nonno aveva viti ed ulivi. Coltivava soprattutto per la famiglia e per vendere l’uva alla cantina sociale».

«La passione è stata tramandata anche a mio padre. Solo che lui ha messo da parte le vigne e si è dedicato anima e corpo agli ulivi e agli ortaggi. Io li ho osservati fin da bambino ma ho sviluppato molto di più l’approccio di mio nonno. Sono sempre stato affascinato dalla vigna e dall’amore che ci vuole per fare un buon vino».

Il percorso Bio, un padre convinto

Fu così che nel 2014, a soli 17 anni, Matteo prende la decisione di continuare il discorso che aveva iniziato suo nonno. E di portarlo ad uno step successivo, quello cioè di darsi anima e corpo alla vigna ma per produrre ed imbottigliare vino di qualità.

«Lo immaginavo fin da bambino, avevo le vigne e le conoscenze adeguate, c’era solo da superare la convinzione old school che aveva mio padre, convenzionale sfegatato. È stata dura farlo aprire al mondo del biologico anche con le sue coltivazioni di ortaggi. Ma poi, quando ha capito che i vantaggi a lungo termine erano tanti ed i prodotti qualitativamente superiori, mi ha appoggiato in pieno nel mio percorso e lo abbiamo addirittura condiviso».

La tenuta: vino, olio e ortaggi. Rigorosamente a km zero
Uno scorcio della tenuta Filippi

Oggi infatti Tenute Filippi produce vino, olio e una svariata quantità di ortaggi a km zero tutto rigorosamente in regime biologico. Ma il pensiero è rivolto al futuro. A quello e alle ulteriori evoluzioni che già sono chiare nella mente di Matteo.

«Ora l’azienda è certificata biologica ma il mio più grande obiettivo è quello di ridurre ancora i già minimi trattamenti ed abbracciare il biodinamico, cosa che in pratica già facciamo nei terreni. Lo step sarà completato quando avremo una cantina tutta nostra per poter fare veramente ciò che desideriamo, un vino che rappresenta il territorio, che lo racconta… ma ci arriveremo presto, intanto le prime annate sono già fuori e stanno riscuotendo giudizi piuttosto positivi»

Assaggiamole dunque queste prime bottiglie, la sala degustazione è ampia e luminosa, la madre di Matteo gentilmente ci prepara dei crostini con il paté di olive della tenuta, dunque non ci resta che stappare! 

Cartesio 2018, in etichetta i nomi di chi ci ha sudato
Il Bellone

Prima di stappare questa bottiglia mi soffermo a guardare l’etichetta e noto un particolare bellissimo. Nella colonna descrittiva c’è la scheda tecnica del vino. In essa anche i nomi di chi ha contribuito a produrlo in ogni fase, uomini di vigna e uomini di cantina.

Vi assicuro che è una soddisfazione enorme per chi ci ha lavorato.

L’anno scorso ho fatto la vendemmia per alcuni amici e qualche giorno fa ho assaggiato il vino da loro prodotto. Hanno esclamato: «Marco queste sono uve che hai raccolto anche tu!». Quindi un plauso all’azienda anche per questa accortezza, un sorriso strappato ancor prima di cavare il tappo. Bravi! 

Cartesio è un blend di Malvasia, Trebbiano e Greco, tutte tipologie che ormai vengono coltivate da anni nella zona. Nasce dai vigneti più antichi della tenuta ed è un vino che mi ha subito colpito per immediatezza e bevibilità. Al calice è giallo paglierino, di media consistenza. Al naso subito emergono le note di frutta non troppo matura, erbe e spezie arrivano poco dopo. In bocca è fresco, immediato, pulito, non è molto strutturato ma il suo pregio è proprio quello, la bevuta facile. Ed è proprio questo il periodo per goderselo appieno, il caldo sole estivo, un aperitivo all’aperto. Quale migliore occasione? Un tagliere di formaggi, una mozzarella di bufala, addirittura una pizza Margherita, Cartesio è il vino della vostra estate.  

Platone 2017, il ‘fratello austero’

Non è da meno Platone, il vino prodotto dall’uva “pantastica”.  Il Bellone è diventato ormai un vero punto di riferimento per i viticoltori del pontino. Insieme al Nero Buono di Cori è quello che più rappresenta l’anima del territorio. Platone ne è un degno rappresentante visto che ci troviamo di fronte ad un vino davvero eccellente. Rispetto a Cartesio richiede qualche sorso in più. Assaggiamo la prima annata, la 2017 quindi sono passati già 3 anni dal suo imbottigliamento.  Il colore paglierino tende leggermente al dorato, il naso è un po’ più complesso rispetto a Cartesio.

Emergono da subito dei sentori di frutta matura, note leggermente agrumate, in bocca è fresco, sapido, bilanciato però da una discreta morbidezza che ne fa un vino piuttosto elegante. Il grande pregio di Platone è che può essere abbinato a più tipi di pasto, può essere come Cartesio e anche di più. Può accompagnare l’aperitivo tardo primaverile ma anche dei formaggi semi stagionati. Potrebbe reggere bene anche qualche piatto più strutturato, primi a base di pesce e crostacei. Ma anche carni bianche al forno. Decisamente una bella bevuta!

Una ‘spremuta di territorio’ che guarda lontano

Insomma, i primi passi nel mondo del vino di Tenuta Filippi sono davvero molto incoraggianti, i vini mi hanno convinto ma la cosa che più mi ha stupito è stata la determinazione di Matteo, se pensiamo alla sua età. Idee chiare, chiarissime, due annate fuori a soli 23 anni! Matteo sa bene che il percorso è lungo e tortuoso  ma ha iniziato col piede giusto.

Cartesio e Platone sono vini legati al territorio ma che possono avere un potenziale enorme anche al di fuori dei confini regionali. Credo che con una cantina propria il discorso cambierà radicalmente… e positivamente! E appena la cantina ci sarà, io ci sarò per raccontarvela, promesso.