Top e Flop, i protagonisti di giovedì 6 luglio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 6 luglio 2023.

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 6 luglio 2023.

TOP

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA

Venendo ironicamente incontro a parte di ciò che lo ha riguardato negli ultimi mesi si potrebbe dire che “ha fatto anche qualcosa di buono”. Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida continua a dimostrare che se si “limita” a fare quel per cui è stato chiamato a Palazzo Chigi funziona. E e a non cadere nei pozzetti aperti delle supercazzole lessicali per lui c’è uno score in risalita netta.

Lo dimostra il bando Agrisolare, che pare stare in perfetta linea con il mood green che Pnrr ed esigenze concrete di ogni Stato moderno sottintendono ormai come condizione necessaria. Lo ha spiegato lo stesso Lollobrigda, di cosa si tratti, spiegando anche che si tratta di faccenda con genesi Ue. “La Commissione Europea ha dato il via libera al nuovo decreto del bando Agrisolare. Questa misura del Pnrr, che ha un fondo di un miliardo di euro, prevede finanziamenti a fondo perduto fino all’80% per la realizzazione di impianti fotovoltaici”.

E Lollobrigida ha spiegato anche che quella percentuale che, in alcuni casi, “risulta raddoppiata rispetto al precedente provvedimento”. Il titolare della Sovranità alimentare e delle Foreste ha firmato un apposito decreto pronto a diventare inchiostro in Gazzetta Ufficiale. Con esso verrà istituito un “nuovo regime di aiuti per interventi su edifici a uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale. L’obiettivo è favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili e la riduzione dei costi di produzione delle imprese. Le spese per l’approvvigionamento energetico in media rappresentano oltre il 20% dei costi variabili a carico delle aziende”.

Lo snodo è di quelli importanti su cui l’Italia è stata amaramente (ed ulteriormente) addomesticata dagli effetti energetici della guerra di Mosca contro Kiev. Cioè auto produrre energia da fonti rinnovabili utilizzando i propri fabbricati, “senza alcun consumo di suolo”. Parliamo di uno scopo duplice e necessario: sostenere il comparto ed abbassare le spese di produzione.

Roba da Pnrr, roba da starci sul pezzo, roba che a Lollobrigida potrebbe riuscire molto più e molto meglio che sfogliare ogni tanto la Treccani.

Energetico.

SCALIA – BUSCHINI

Buschini e Scalia

Carl Philipp Gottlieb von Clausewitz, maggior generale nell’esercito prussiano e grande stratega durante le guerre napoleoniche, lo aveva previsto nel suo celeberrimo Vom Kriege, manuale di strategia militare paragonabile per efficacia a quello del suo validissimo collega cinese Sun Tzu vissuto tra i VI ed il V secolo a.C.. Entrambi sostenevano che la guerra non deve essere massacro ma evitarlo, non deve seminare odio perché gli avversari di oggi possono essere i migliori alleati di domani. Come accaduto a Mauro Buschini e Francesco Scalia.

Si erano sfidati nel Pd alle Regionali del 2010. Ebbe la meglio Francesco Scalia: assessore regionale uscente nel governo di Piero Marrazzo; prese più voti di Mauro Buschini che all’epoca era Segretario provinciale del Partito Democratico.

Prima, Buschini da Segretario dei Ds aveva coordinato la campagna elettorale delle Provinciali che erano culminate con l’elezione di Francesco Scalia a presidente. Dopo, Buschini è assessore regionale nel governo Zingaretti e Scalia passa a Palazzo Madama come senatore.

Mai in sintonia nel Pd. Vengono da radici e formazioni ideologiche contrapposte per generazioni: uno si è formato nel Pds ed è fedele alla dottrina di Francesco De Angelis; l’altro si è formato negli ambienti della Democrazia Cristiana e del Partito Popolare. Riformismo contro cattolicesimo democratico. Ma quando è stato il momento hanno saputo fare squadra: insieme hanno contribuito a costruire il ventennio di ‘buon governo del centrosinistra‘ in provincia di Frosinone.

Ora si ritrovano di nuovo insieme. Per quello che potrebbe essere il primo colpo di cannone assestato sui bastioni del nuovo centrodestra regionale: direttamente nelle stanze del Quartier Generale di Francesco Rocca.

Mauro Buschini si è affidato al professor avvocato Francesco Scalia per impugnare gli atti con cui la Regione Lazio intende smantellare gli Egato. Cioè gli enti ai quali affidare l’organizzazione centralizzata della raccolta dei rifiuti nelle province, oggi lasciata ai singoli Comuni. I giudici del Tar hanno esaminato le 37 pagine di ricorso del professor Scalia ed appena poche ore dopo la pubblicazione del decreto sul Bollettino ufficiale Regionale, il presidente del Tar lo ha sospeso con una sua decisione cautelare monocratica. (Leggi qui: La Regione boccia gli Egato, il Tar dice “Aspettate”).

Ad agosto si entra nel merito. Quell’atto porta la firma della giunta Rocca. Scalia e Buschini sono due veterani del centrosinistra: se riescono a dimostrare che la Regione ha sbagliato aprono la prima breccia sul nuovo modello di governo. Dando un forte segnale politico ad un Pd che nei giorni scorsi ha varato la sua riorganizzazione nel Lazio con il congresso che ha eletto Daniele Leodori Segretario e Francesco De Angelis Presidente. E soprattutto dandogli il segnale che questo centrodestra si può affrontare. E forse battere.

Ciao nemico.

FLOP

PIETRANGELO BUTTAFUOCO

Pietrangelo Buttafuoco (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Probabilmente è una delle “penne” italiane maggiormente dotate di capacità analitica. La sua dimestichezza nell’esercitare con profondità una capacità di esercizio critico assoluto sono da sempre la sua croce e la sua delizia. Lo sono perché Pietrangelo Buttafuoco ama da sempre le endiadi concettuali, e quando spiega una cosa lo fa due volte cambiando impercettibilmente il focus.

A volte ci prende benissimo, altre lascia spazio a qualche margine di opinabilità. E Buttafuoco ha scritto di Silvio Berlusconi come si scriverebbe di un profeta che per vergare i suoi “Vangeli” ha usato l’inchiostro simpatico. Quello evanescente di un’azione che alla lunga non ha lasciato impronte. O che sembra destinata a non lasciarne dopo la morte e la fase finale di una vita che risente delle parabole, come tutte del resto.

E nelle ore scorse Buttafuoco ha detto: “Silvio Berlusconi ha disegnato l’Italia a sua immagine. Ma non ha avuto visione: della sua esperienza politica non resterà niente. E il ‘berlusconismo’ non sopravviverà a Berlusconi”. Il dato è per certi versi inoppugnabile e l’endiade funziona, ma fino ad un certo punto. Una cosa è dire che il berlusconismo non sopravviverà al suo inventore, un’altra è non riconoscere che quel modello segnerà la vita degli italiani a prescindere dai colori vivi che lo avevano connotato nella sua fase di esplosione.

Attenzione: il saggio ‘Beato lui’ dedicato al fondatore di Forza Italia e scritto da Buttafuoco, è un ottimo libro. E lo resta anche a prescindere dai suoi margini di interpretazione. Lo dimostra la crudezza dell’analisi che ne fa silloge: “Berlusconi spezza l’alternativa fra quelle che potevano essere l’eredità politica della Democrazia cristiana e l’eredità politica del Partito comunista. Lui spezza questa logica, dà voce alla maggioranza silenziosa degli italiani che non hanno mai avuto né rappresentanza né destino politico e culturale. E riavvia la società”.

Poi l’eziologia di quel che dopo è arrivato: Di questo riavvio della società beneficia Giorgia Meloni, che ovviamente in questa stagione politica ha messo in moto energie”. E sono energie “che altrimenti non avrebbero avuto possibilità di esprimersi in un binario costretto. Come quello in cui era l’Italia che ereditava queste due apparentemente opposte e speculari ‘chiese’, quella della Dc e quella del Pci”.

Ecco perché qualcosa dello scrittore è “impugnabile”. Non è vero che del berlusconismo non resterà traccia perché lo stesso ha fatto il nido in un’altra casa ed ha preso sembianze magari differenti. Ma c’è. È vivo e lascia il segno. Piaccia o meno.

Miope con venia.

DAMIANO IOVINO

I consiglieri FdI Borrelli, Iannarilli, Santucci e il coordinatore Iovino

L’annuncio è arrivato su carta intestata del Partito. Fratelli d’Italia sfiducia il suo capogruppo in seno al Consiglio Comunale di Alatri e ne nomina un altro. Perché Mattia Santucci è voluto rimanere fedele al progetto di centrodestra con il quale, meno di due anni fa, Alatri è stata tolta al centrosinistra ed affidata al sindaco Maurizio Cianfrocca. Non ha voluto seguire il resto del Partito nella scelta di revocare la sua fiducia e portare sull’orlo del precipizio l’amministrazione. Ora Cianfrocca ha un solo voto di vantaggio sull’opposizione. (Leggi qui: Terremoto FdI, sfiducia al capogruppo di Alatri).

Normale dialettica interna. Certo. Se no fosse che la spaccatura di Fratelli d’Italia arriva al culmine di una strategia della tensione innescata dal Partito nello scorso febbraio, reclamando dal sindaco un assessorato in più o la presidenza del Consiglio comunale. Da allora sono trascorsi quattro mesi scanditi da incontri, richieste formali, penultimatum, ultimatum e postultimatum. Tutti con lo stesso risultato: niente in più a FdI. Nè assessore né presidente.

Con l’aggravante che ora è proprio il Partito a spaccarsi. Damiano Iovino è stato il Segretario politico che si è assunto l’onere di portare avanti la partita. Perduta, lo dicono i fatti. Che non sia finita e ci sia ancora tutto un tempo da giocare è un’evidenza. Ma il parziale al momento è questo.

Le crisi al buio non si aprono. In nessun caso e per nessun motivo. Era uno dei fondamentali nella Prima Repubblica. Perché non si sa mai dove si va a finire e con quali risultati. Iovino lo ha scoperto a sue spese. Nonostante in squadra abbia un ex presidente della Provincia che di Prima Repubblica dovrebbe essere istruito.

Partirono per suonare e rientrarono suonati.