Come i democristiani si stanno riprendendo il Pd

Foto: Paola Onofri / Imagoeconomica

A livello nazionale Dario Franceschini ha iniziato la demolizione politica di Goffredo Bettini. Nel Lazio Bruno Astorre punta sul tridente Leodori-Vincenzi-Leonori. Se poi Zingaretti sarà candidato al Campidoglio, allora alla Regione ci sarà spazio solo al Centro.

Sorride, stringe mani, rassicura, dispensa pacche sulle spalle in quantità industriale. Poi però sa anche alzare la voce e soprattutto sa piazzare i colpi vincenti quando il gioco si fa duro. Quando si devono vincere le partite. Bruno Astorre, senatore e segretario regionale del Partito Democratico, è il numero due di AreaDem, la potentissima e maggioritaria componente del Pd che fa capo al ministro Dario Franceschini.

Nel Lazio Bruno Astorre è il “signore delle componenti”. Con Nicola Zingaretti è schierato sin dalla prima ora. Tra poche ore nel Lazio ci potrebbe essere questo schema a tre punte: Daniele Leodori vicepresidente (lo è già), Marco Vincenzi presidente del consiglio regionale (lo è già), Marta Leonori capogruppo del Pd (zingarettiana ma con uno storico rapporto politico con Astorre). Minimo comun denominatore di questo schema è proprio lui, Bruno Astorre.

Il ritorno dei democristiani

Alessio D’Amato (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Con le dimissioni di Mauro Buschini da presidente del consiglio regionale, l’area proveniente dai Ds si è ulteriormente indebolita. Ma in realtà la ritirata dell’ala sinistra della coalizione era avvenuta prima, vale a dire quando l’allora potentissimo vicepresidente della giunta regionale Massimiliano Smeriglio era stato eletto europarlamentare. Da indipendente, ma nelle file del Pd.

Il massimo esponente di quell’area in questo momento è l’assessore alla sanità Alessio D’Amato, impegnato però sul fronte del contrasto alla pandemia. E quindi con poco tempo a disposizione per potersi occupare anche di politica.

Il peso di Astorre su Roma

Se poi davvero Nicola Zingaretti dovesse essere candidato a sindaco di Roma, allora alla Regione ci sarebbe una ulteriore accelerazione. Nell’ambito della quale l’area centrista è prevalente. Il regista è lui, Bruno Astorre. E’ lui che a Roma bacchetta un giorno sì e l’altro pure Carlo Calenda. E’ lui che continua a chiudere le porte a Virginia Raggi. È lui che si ritrova seduto dalla parte vincente della scacchiera.

Bruno Astorre, Virginia Raggi, Carlo Calenda

Contemporaneamente a livello nazionale Dario Franceschini è impegnato nel ridimensionamento senza alternative dell’agorà di Goffredo Bettini. Per far capire anche a Zingaretti che la candidatura a sindaco di Roma non passa più per il Cardinal Goffredo, ma per il segretario Enrico Letta e per lo stesso Franceschini. (Leggi qui L’endorsement scomodo di Bettini).

Dopo di che una volta candidato al Campidoglio, il gioco è fatto: se Zingaretti vince ha vinto il Pd, se perde la sconfitta è solo sua. A quel punto AreaDem darà le carte pure l’operazione “successione” alla Regione Lazio. E il mazzo (di carte) è già nella tasca di Bruno Astorre.