La sfida impossibile di Zingaretti: governare le correnti del Pd

Il segretario non nasconde le preoccupazioni dopo la scissione di Matteo Renzi, che punta il dito contro i capi delle correnti. In Ciociaria il congresso provinciale può rappresentare un’occasione. Intanto Stefania Martini, presidente del circolo frusinate, ricorda che lei non fa parte di Pensare Democratico.

Dal salotto di Bruno Vespa a Porta a Porta il senatore Matteo Renzi (Italia Viva) ha spiegato che l’elemento che più di tutti lo ha spinto alla decisione di lasciare il Pd è stato quello dell’impossibilità di cambiare la fisionomia di un partito governato dalle dinamiche delle correnti. Aggiungendo che stesso problema irrisolvibile si trovò davanti Walter Veltroni. Si tratta di un elemento serio. Oggi, in un’intervista al Corriere della Sera, il segretario Nicola Zingaretti ribadisce che per lui la scelta di Renzi rappresenta un errore, non nascondendo le preoccupazioni per la tenuta del Governo. E forse, anche se non lo dice, per quello che potrebbe succedere nel Pd. 

Il presidente del Circolo Pd di Frosinone Stefania Martini

Il nervo è scoperto. Al punto che il presidente del circolo cittadino Pd di Frosinone Stefania Martini mette in chiaro «debbo precisare che sebbene sia vero che il Circolo è nelle salde mani  del segretario Andrea Palladino e della sottoscritta pur tuttavia non risponde assolutamente al vero che la sottoscritta faccia parte dell’area di Pensare Democratico». (Il riferimento è a questo articolo: Il messaggio da Mosca: nulla è scontato nel Gruppo del Pd).

Spiega la presidente Martini: «Non é  assolutamente anormale che presidente e segretario se pur appartenenti a componenti politiche diverse, stiano lavorando unitariamente a livello politico cittadino. Volendole evitare grossolani errori e imputabili quanto falsi cambi di casacca alla sottoscritta ho pensato di scriverle».

Dunque Stefania Martini non fa parte dell’area Pensare Democratico di Francesco De Angelis, Mauro Buschini e Sara Battisti. Ma chi ha mai detto che sia anormale che, pur nella differenza delle correnti, non sia possibile una collaborazione nella gestione di un circolo? Certo rappresenta un’eccezione positiva, che forse andrebbe segnalata sia a Nicola Zingaretti che a Matteo Renzi

Iol Segretario del Circolo Pd di Frosinone, Andrea Palladino

Però è proprio quel richiamo ai “cambi di casacca” che in realtà evidenzia come nel Pd la cultura delle correnti sia una realtà. E forse, a pensarci bene, è proprio questo il fallimento politico più grande di un Partito che Walter Veltroni aveva immaginato a vocazione maggioritaria. Le correnti alla fine influiscono, determinano, condizionano la linea politica, perfino del segretario.

In provincia di Frosinone Pensare Democratico di Francesco De Angelis è largamente maggioritario in questo momento. De Angelis però ha sempre cercato una condivisione. Lo ha fatto prima con Francesco Scalia e poi con Antonio Pompeo. Adesso, dopo lo strappo di Renzi, il congresso provinciale del Pd potrebbe rappresentare un’occasione unica per fare il punto della situazione. E per procedere all’elezione del segretario, chiunque esso sia. Ma soprattutto per analizzare situazioni che sono state rimosse in questo territorio. A cominciare dalla sconfitta alle politiche del 4 marzo 2018. Dove, al di là dell’onda grillina e, in parte, leghista, si verificò un fatto preciso: i parlamentari uscenti del Pd, e lo stesso Francesco De Angelis, non furono messi nelle condizioni di poter essere eletti.

Francesco De Angelis e Antonio Pompeo

Francesco Scalia e Nazzareno Pilozzi vennero candidati fuori provincia, a Maria Spilabotte fu affidata una missione impossibile nel maggioritario, De Angelis dovette cedere lo spazio eleggibile a Claudio Mancini. Se in quell’occasione fosse prevalsa la collaborazione virtuosa tra le correnti sul territorio, forse poteva andare diversamente. Magari solo per De Angelis.

Allo stesso modo il Pd ha rimosso batoste durissime, come quelle delle comunali di Frosinone. Dove sia nel 2012 che nel 2017 non soltanto si è perso, ma si sono consumate divisioni mai ricomposte. Tra Domenico Marzi e Michele Marini la prima volta, tra Fabrizio Cristofari e Michele Marini la seconda volta. In entrambi i casi gli assetti e le correnti nazionali non c’entravano nulla.

Ecco, forse il nuovo corso del Pd che chiede Nicola Zingaretti dovrebbe cominciare da un’attenta analisi di quello che è successo. Per trovare una spinta che consenta di affrontare le tante sfide del prossimo futuro.