Tutti gli incroci che portano al candidato nel Lazio

Partono dalla Sicilia tutti gli incroci politici che portano alla candidatura per la successione di Nicola Zingaretti nel Lazio. Le risposte che Enrico Letta attende. Il gioco sotterraneo di Forza Italia. Le partite di Fazzone ed Astorre

Le risposte arriveranno dalla Sicilia. Da lì inizia a dipanarsi la matassa. Quella delle elezioni che nel 2023 incoroneranno il successore di Nicola Zingaretti in Regione Lazio. Ad osservare con attenzione ogni rotazione di quel filo che si srotola sono tanto il centrodestra quanto il centrosinistra. Ma per motivi diversi e per avere risposte diverse.

Le risposte per Letta

Enrico Letta (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Il Segretario del Pd Enrico Letta sta osservando in silenzio lo scenario. Quello che si sta delineando nel Lazio: il ministro Dario Franceschini e la sua potentissima Area Dem (i cattolici popolari che avevano fondato La Margherita) hanno scelto come successore di Zingaretti il suo attuale vice Daniele Leodori. Competente in amministrazione, dialogante in politica: al punto da poter contare su forti apprezzamenti nella parte moderata del centrodestra. Il Papa Nero della sinistra Dem Goffredo Bettini (al quale è sempre stato vicino, ora non più vicinissimo, proprio Zingaretti) vede meglio Enrico Gasbarra. Politico navigato, già presidente della Provincia di Roma prima di Zingaretti, parlamentare europeo, consigliere di Roberto Gualtieri quand’era ministro prima di diventare sindaco a Roma. Due profili diversi. Entrambi validi, in Leodori prevare l’abilità amministrativa e di sintesi; in Gasbarra quella di rappresentanza e politica.

Tace Enrico Letta mentre osserva i posizionamenti delle truppe. Perché sa che quella in via di definizione rischia di sfociare in una guerra sanguinosa all’interno del Pd laziale. Che coinvolge l’altra grande area: quella di Claudio Mancini il sindaco ombra della Capitale già esponente dei Giovani Turchi orfiniani, origini ciociare (il padre fu una delle figure storiche del Pci).

Le tre aree di Franceschini (e del suo Segretario regionale Bruno Astorre) di Bettini e di Mancini sono in una fase di tregua costantemente armata. L’ultima incursione è stata alle recenti Comunali di Roma: Letta era appena diventato Segretario, Zingaretti stava tastando con la sua solita prudenza il terreno verso il Campidoglio, Mancini era entrato come un centravanti sul pallone diretto verso il Governatore. Ed aveva imposto la candidatura di Gualtieri. Dicono che all’epoca ci fosse un patto non scritto con Area Dem sulla successione in Regione Lazio.

Osservando la Sicilia

Bruno Astorre (Foto: Alvaro Padilla © Imagoeconomica)

Bruno Astorre è come il generale Patton per il presidente Roosevelt. Ha studiato il terreno, pesato gli avversari, impostato la strategia. Passa per lo Statuto: si va alle Primarie di coalizione per scegliere il candidato dei progressisti alle Regionali del lazio 2023. Gli avversari sanno che ha la concreta possibilità di vincerle. E comunque sarebbero sanguinose, senza prigionieri, con il rischio di aprire grossi problemi interni. Proprio perché Astorre è come Patton ma alle sue spalle c’è un presidente che è Franceschini. Non è un caso che il grande architetto della sinistra Massimiliano Smeriglio si sia mosso da Bruxelles per tentare di congelare la situazione. (Leggi qui: Smeriglio, l’architetto dei Progressisti: «Le Primarie devono attendere»).

Enrico Letta ha una via d’uscita. La risposta gli deve arrivare dalla Sicilia. Lì si terranno tra poco le prime Primarie di coalizione con Pd e M5S nella stessa competizione. Come funzioneranno, quanta gente porteranno, come reagiranno i grillini che in parte hanno nel loro Dna l’idio verso ‘quelli di Bibbiano‘: sono tutte risposte che porteranno Enrico Letta a decidere se replicare nel Lazio quell’esperimento.

Ma c’è una variabile. Ancora più importante. Bisogna capire che piega prenderà la scissione del Movimento 5 Stelle: che nel Lazio ha due assessori nella Giunta di Nicola Zingaretti. Ma nessuno può sapere come si muoveranno gli elettori di Virginia Raggi, nessuno può garantire per i suoi voti. E tra lei ed i Dem c’è sempre stata una palese ostilità.

Enrico Letta per il momento si sa che ha posto un vincolo: le Primarie si fanno se non ci sono in campo solo candidati Pd e se la coalizione è davvero larga; perché nel primo caso sarebbe un congresso regionale, nel secondo il preludio di una sconfitta.

Le risposte per il centrodestra

Giorgia Meloni e Francesco Lollobrigida (Foto: Imagoeconomica)

Risposte ancora maggiori le attende il centrodestra. Alle prese con una resa dei conti interna. Matteo Salvini vuole chiudere l’accordo con Forza Italia e dare vita ad una federazione che unisca le forze e ridimensioni le ambizioni di Giorgia Meloni. Nel Lazio si andrebbe ad una lista unitaria Lega – Forza Italia.

Le avvisaglie c’erano già domenica sera, mentre lo spoglio dei Ballottaggi era in corso. Una dichiarazione del Numero 2 di Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida ha delineato con chiarezza la situazione: “al primo turno Fdi ha fatto da traino, è stata decisiva nei Comuni dove si è vinto ed è stata determinante per arrivare ai ballottaggi”. Poi l’affondo: “Purtroppo, a volte, i risultati degli alleati sono stati meno brillanti di quel che speravamo… Nonostante tutto, Fdi non ha mai fatto mancare il suo sostegno ai candidati proposti dal centrodestra, sia al primo che al secondo turno, senza fare mai polemiche che potessero danneggiare la corsa del centrodestra”.

A chi si riferiva? A Matteo Salvini ed alla sua intervista apparsa proprio la mattina del voto: un attacco frontale a Federico Sboarina quello che doveva essere anche il suo candidato a Verona. Nel quartier generale di FdI non l’hanno presa bene: molti l’hanno interpretata come una mossa per spingere il loro Sboarina nel baratro “e poi addebitare a noi la responsabilità di avere perso Verona”.

Osservando la Sicilia

Claudio Fazzone

Silvio Berlusconi ha fatto sapere ai suoi fedelissimi che a questo punto vuole riprendersi la scena. Che ha lasciato fare già troppo ai ragazzi. Non ha mai nascosto la sua insoddisfazione per le scelte fatte alle Comunali dello scorso autunno: Michetti a Roma e Bernardo a Milano.

La partita si gioca tutta in Sicilia. Giorgia Meloni punta alla riconferma del suo governatore Nello Musumeci. Ma le principali perplessità arrivano proprio da Forza Italia: il coordinatore azzurro Gianfranco Micciché ha acceso il semaforo rosso sostenendo che sia una candidatura perdente. Che lo sia davvero o no, la posizione di Forza Italia ha la funzione di far capire a Fratelli d’Italia che in politica i sondaggi non sono tutto e che se vogliono davvero Musumeci allora c’è un prezzo da pagare. E quel prezzo potrebbe essere il Lazio.

Una partita che Forza Italia sta giocando anche in Lombardia. Dove Matteo Salvini nelle ore scorse è sceso in campo a favore della conferma per il suo governatore Attilio Fontana. “La sua candidatura è quella più naturale” ha detto il leader della Lega. Ma giocando sulle indecisioni ed i tentennamenti di Fontana, si è materializzata la disponibilità di Letizia Moratti. Il che sposterebbe l’asse. E comunque fa capire anche alla Lega che non ci sono rendite di posizione.

Il candidato del centrodestra nel Lazio si decide lì. Con Musumeci in Sicilia e Fontana in Lombardia è chiaro che nel Lazio il diritto di prelazione andrebbe a Forza Italia. E lì si aprirebbe una partita tutta interna: tra il potentissimo Coordinatore regionale Claudio Fazzone pronto a versare la caparra politica per la sua candidatura ed il numero 2 del Partito Antonio Tajani. Che per sua natura predilige la collegialità. Non è un mistero che dagli ex amici poi passati con Toti siano giunti messaggi di riconciliazione: passano per la candidatura di Gennaro Sangiuliano, stimato direttore del TG2.