Lo scontro sui rifiuti che sta per travolgere anche la Provincia di Frosinone

Il dibattito sui Rifiuti in Regione Lazio. Il M5S accusa Zingaretti di avere incrociato con il centrodestra. Che, a sua volta, denuncia l'inciucio del governatore con i grillini. Intanto si apre la porta al futuro scontro sugli impianti bio in provincia di Frosinone. Maxi stabilimento o mini ?

Ognuno gioca a non lasciare tracce. A dire che la colpa della puzza non è sua. Ma degli altri. Sul futuro dei rifiuti nella Regione Lazio si sta combattendo una battaglia determinante.

 

Il problema

Il modello sul quale abbiamo gestito i rifiuti negli ultimi vent’anni è superato. Tra poco non funzionerà più.

È il modello che in provincia di Frosinone ha impedito la crisi verificatasi tutt’intorno: a Roma ed in Campania. Si chiama “Ciclo integrato“. In pratica: i Comuni raccolgono la spazzatura, la portano nel loro impianto consortile Saf di Colfelice, lì l’immondizia viene essiccata e tritovagliata, si ricicla il possibile, si trasforma in carburante per termovalorizzatori il grosso e lo si brucia nell’impianto Acea di San Vittore del Lazio, si interra ciò che avanza nella discarica Mad di Roccasecca.

Perché dopo vent’anni non va più bene? Perché gli spazi dove interrare, prima o poi finiranno, perché i termovalorizzatori producono ceneri e pure loro vanno smaltite. L’Europa ha detto che nel 2030 non se ne dovranno realizzare più.

Cosa ne dovremmo fare, allora, dei rifiuti secondo l’Europa? Economia circolare: cioè azzerare i rifiuti e trasformarli in nuova materia prima, riciclando tutto.

 

La situazione

La situazione attuale è critica. Perché una città come Roma è in grave ritardo nella realizzazione delle sue infrastrutture. E il problema non è dovuto solo all’amministrazione del Movimento 5 Stelle ma anche a quelle di centrosinistra e centrodestra che l’hanno preceduta.

I ritardi hanno fatto comodo a tutti. Perché nell’emergenza si lavora meglio. Così, tonnellate di spazzatura sono arrivate per qualche anno a Colfelice evitando il collasso della Saf e consentendole di pareggiare i conti. E di fare altre assunzioni. Con le conseguenze ambientali moltiplicate per chi ci sta intorno.

Oggi Saf non può fare più di tanto: i suoi macchinari sono stanchi e c’è bisogno con urgenza di un ammodernamento. Tanto urgente che i rifiuti organici (gli avanzi di cucina) non possono più essere lavorati e bisogna portarli fuori: con un costo passato da 90 euro a 180 euro per tonnellata.

 

Roma trascina giù il Lazio

Il sistema non funziona perché si sono rivelate sbagliate due previsioni fatte dal Movimento 5 Stelle e dall’amministrazione Raggi.

La prima: il boom della raccolta differenziata a Roma non c’è stato. Il rapporto Ispra 2017 dice che la percentuale certificata su Roma e le province del Lazio è del 42,4%. Tanto per fare un raffronto: lo stesso rapporto dice che la Campania differenziata meglio e sta al 51,6%.

Seconda previsione sbagliata: aumentando la differenziata sarebbe scesa la quantità di rifiuti da trattare.

I numeri dicono che invece l’immondizia è aumentata. Perché siamo di più, la popolazione cresce. C’è un aumento stimato tra il 2% ed il 3% nella produzione dei rifiuti. Che solo a Roma significa poco meno di un milione di tonnellate di indifferenziato da smaltire.

Ogni giorno circa 200 tonnellate di combustibile per termovalorizzatori partono dalla Capitale e vanno ad alimentare gli impianti in Lombardia ed Emilia-Romagna.

C’è anche un altro dato da tenere in considerazione. Il termovalorizzatore di Acerra brucia 725 mila tonnellate all’anno; quello di San Vittore del Lazio ne tratta 380mila dopo l’aumento della produzione, che fino ad un anno fa era ferma a 280mila tonnellate.

 

Il dibattito

Matteo Salvini ha detto nei giorni scorsi che non è possibile andare avanti così. Che si devono realizzare nuovi impianti. Che al Nord ci sono, spetta al Sud risolversi il problema: innescando così un’altra tensione con il Movimento 5 Stelle. Una spaccatura che si è riverberata anche nell’aula della Regione Lazio con il gruppo della Lega. (leggi qui Guerra M5S – Lega in Regione Lazio).

 

Nicola Zingaretti ha bruciato tutti sul tempo. Da ottobre ha dato il via libera alla chiusura del termovalorizzatore di Colleferro. Verrà convertito e da lì verranno ricavati biofuel, bioasfalto e materiali per la bioedilizia dopo un iniziale processo che intercetterà tutto il materiale riciclabile: dalle cellulose alle plastiche. In tutto tra le 200mila e le 250mila tonnellate. (leggi qui La mossa a sorpresa della Regione: stop termovalorizzatori, ora biofuel )

 

Una posizione confermata nel corso del consiglio regionale straordinario sui rifiuti conclusosi martedì alla Pisana.

 

Il No a 5 Stelle

Il Movimento 5 Stelle ha detto no. Accusando Nicola Zingaretti di essersi messo d’accordo con il centrodestra.

«Una vaga e non specificata sostenibilità del ciclo dei rifiuti e la chiusura degli inceneritori per sdoganare la nascita scriteriata di impianti di biogas sui territori, purché si continui a tenere in piedi un disegno industriale la cui gestione rimarrà concentrata nelle mani di poche grande imprese» denunciano oggi i consiglieri del M5S.

Parlano di una visione politica sui rifiuti nel Lazio approvata in maniera bipartisan da Pd e centrodestra che si sono votati a vicenda i rispettivi ordini del giorno.

Il che – dal loro punto di vista – «dimostra che la Giunta Zingaretti non ha affatto bisogno di alcuna stampella visto che la sua maggioranza riesce a convergere perfettamente con le prerogative del centro destra, quando si tratta di tutelare gli interessi di pochi grandi gruppi industriali dietro delle ipocrite operazioni di facciata».

 

Il No del Centrodestra

Se il M5S accusa Zingaretti di avere fatto l’inciucio con il centrodestra, il centrodestra accusa Zingaretti di avere fatto l’inciucio con il Movimento 5 Stelle.

Al Governatore viene contestato di «piegare le esigenze di un territorio che vive un’emergenza ormai cronicizzata, alle convenienze di parte e che pare più disposta a seguire la narrazione immaginifica dei Cinquestelle, che a risolvere il problema dei rifiuti nella nostra regione. Ci si prepara a un governo PD-Cinquestelle?»

Il documento porta la firma dei capigruppo Stefano Parisi (Energie per l’Italia), Antonello Aurigemma (Forza Italia), Angelo Tripodi (Lega), Fabrizio Ghera (Fratelli d’Italia) e Massimiliano Maselli (Noi con l’Italia)

 

 Il dramma dei Comuni ciociari

In tutto questo si inserisce il dramma dei Comuni ciociari. Lo stop alla lavorazione dell’organico a Colfelice ha raddoppiato i costi. Finirà sulle bollette degli utenti nel 2019. E si sommerà agli aumenti già programmati.

Una situazione di fronte alla quale alcuni sindaci si sono già detti pronti a mettere mano ad un progetto di gestione consortile dei rifiuti delle cucine. Con mini impianti nei quali lavorare la produzione di 5 o 6 Comuni, abbastanza per ricavare il metano con cui riscaldare gli uffici pubblici (Comune, scuole…) e vendere il resto ad una o due fabbriche dell’area, ricavandoci anche dei guadagni. Ma no ai maxi business. Come nel caso del sindaco di Anagni Daniele Natalia. (leggi qui Un consorzio tra i Comuni per gestirci i rifiuti organici).

A fiutare il pericolo è stato il suo collega di Roccasecca Giuseppe Sacco. Disponibile a discutere di una possibilità del genere. Contrario in modo netto ad un super impianto da realizzare sul suo territorio. (leggi qui La soluzioni alle super bollette dei rifiuti c’è: la politica finge di non saperlo).

Perché il vero rischio ora è esattamente questo. Che la guerra si accenda tra un super impianto di portata provinciale e tanti mini impianti gestiti in modo autonomo dai Comuni.