Top e Flop, i protagonisti del giorno: 18 febbraio 2021

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

MARIO DRAGHI

Un discorso di altissimo profilo, che ha dato all’Italia un nuovo orizzonte. Ma tra i tanti punti toccati, uno in particolare ha stupito. La sintonia con Papa Francesco e con il Vaticano. Draghi l’ha sottolineata sia per quanto riguarda l’ambiente che sul versante della pandemia.

Vale davvero la pena di soffermarsi su alcuni temi del discorso. Ha detto Draghi: «Il riscaldamento del pianeta ha effetti diretti sulle nostre vite e sulla nostra salute. Dall’inquinamento, alla fragilità idrogeologica, all’innalzamento del livello dei mari che potrebbe rendere ampie zone di alcune città litoranee non più abitabili. Lo spazio che alcune megalopoli hanno sottratto alla natura potrebbe essere stata una delle cause della trasmissione del virus dagli animali all’uomo».

Foto: Roberto Monaldo via Imagoeconomica

«E io – ha proseguito il premier – penso che se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona. Siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore».  Il premier ha citato l’intervento del Papa (22 aprile 2020), in occasione della 50esima Giornata Mondiale della Terra (Earth Day), e nel quinto anniversario della sua lettera Enciclica “Laudato si’” sulla cura della casa comune.

Ma Draghi ha esplicitato anche un’altra sintonia con Bergoglio. Si è chiesto il premier: «Quando usciremo, e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo? Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi sia stata simile ad una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così». Papa Bergoglio aveva spiegato: «La domanda è se usciremo da questa crisi e, nel caso, come. La regola di base è che da una crisi non si esce mai uguali. Se ne esci, ne esci migliore o peggiore. Ma non uguale a prima»

Perfino sulla povertà, il premier ha voluto citare, al Senato, «i dati dei centri di ascolto Caritas. Dati che confrontano il periodo maggio-settembre del 2019 con lo stesso periodo del 2020. E mostrano che da un anno all’altro l’incidenza dei ‘nuovi poveri’ passa dal 31% al 45%. Quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta»

Il presidente del Consiglio chiamato a salvare l’Italia da una catastrofe economica e sanitaria, ha voluto far capire che il suo punto di riferimento è Papa Francesco. In questo modo ha dato un respiro spirituale ad un’operazione che dovrà essere titanica. Ha concluso Mario Draghi, a proposito dello scempio ambientale: «Siamo stati noi a rovinare l’opera di Dio».

Amen.

NICOLA ZINGARETTI

Nel salotto di Bianca Berlinguer, un mostro sacro del giornalismo nazionale come Paolo Mieli, gli ha chiesto a bruciapelo: «Segretario, ma non si è stancato di doversi ricredere su certi assiomi del tipo “mai con…“»? Nicola Zingaretti ha sorriso. Mieli si riferiva alla collaborazione “forzata” con la Lega di Matteo Salvini dopo che c’era stato l’abbraccio con i Cinque Stelle di Beppe Grillo e Luigi Di Maio. E dopo che il Pd si era sbilanciato decisamente troppo sullo schema “O Conte ter o meglio le urne”.

Nicola Zingaretti (Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

La realtà però è che il Partito Democratico rappresenta il perno di ogni tipo di governo di salvezza nazionale.

Il sostegno a Mario Draghi, ha spiegato Zingaretti, sarà totale ed incondizionato. Perché l’Italia ha due priorità ineludibili: la campagna di vaccinazione e il rilancio economico. Ma, ha aggiunto Zingaretti, la politica non è finita. Vuol dire che all’interno della maggioranza ci sarà una forte competizione con la Lega, con Forza Italia e forse anche con i Cinque Stelle. Ha detto il segretario Dem: «La forza del Governo Draghi e il suo successo saranno misurati sui risultati concreti».

«Le priorità del Pd le abbiamo individuate chiaramente. Fermare la pandemia. Vaccinare il maggior numero possibile di cittadini. Creare lavoro e quindi spendere presto e bene le risorse europee, aprendo una nuova stagione di investimenti con progetti puntuali, fattibili. E concentrati su programmi che garantiscano la crescita e la qualità, in un contesto di fortissima competizione mondiale. Garantire politiche attive nel campo dell’occupazione, evitando che la fine del blocco dei licenziamenti diventi una tragedia sociale non più gestibile. Promuovere un piano per l’occupazione femminile». (Leggi qui Zingaretti uscirebbe rafforzato da un Congresso. Ma non si può).

La partita a scacchi con Salvini sarà giocata fuori dal Governo. Nel senso che alle urne verrà premiato chi riuscirà a non scaricare sull’esecutivo di salvezza nazionale le inevitabili tensioni. E’ questa la linea di Zingaretti.

Quella sporca ultima meta.

FLOP

DANILO TONINELLI

Se c’è uno che rappresenta completamente il percorso dei Cinque Stelle al Governo del Paese, quello è il senatore Danilo Toninelli. Oggi, lasciando Palazzo Madama dopo il discorso di Mario Draghi, ha detto: «Non è stato un brutto discorso, vediamo da domani come saranno i provvedimenti. Oggi il M5S voterà sì, da domani ci servono conferme. La nostra sarà una fiducia giorno per giorno. Io ho votato no nella consultazione online. Vedremo il presidente Draghi da che parte sta».

Danilo Toninelli (Foto: Alessia Mastropietro / Imagoeconomica)

Draghi ha salvato l’euro, mettendo all’angolo la Germania di Angela Merkel, guidando la Bce a Francoforte. Draghi è l’uomo che Obama faceva chiamare per risolvere le situazioni economiche e monetarie più complicate. Che Toninelli dica che quello del premier «non è stato un brutto discorso, vediamo da domani come saranno i provvedimenti», è una frase da Scherzi a parte. O da Senti chi parla.

Ma in ogni caso, sul piano politico, nessuno più del Movimento dovrebbe accendere 452 ceri alla statua di Mario Draghi. Primo perché senza il suo Governo si sarebbe andati ad elezioni anticipate e le percentuali del Movimento sono meno della metà del 33% del 2018. Tradotto: in Parlamento non conterebbero quanto oggi. Ma soprattutto il Governo di Mario Draghi cercherà di portare l’Italia fuori dal baratro nel quale è precipitata dopo tre anni di Governi del Nulla cosmico, spinto all’ennesima potenza.

Governi dei quali i Cinque Stelle sono stati il fulcro. E cosa hanno prodotto? Il fallimentare reddito di cittadinanza e il demagogico taglio di 345 seggi. A proposito: Toninelli è quello della frase «mai visto nulla del genere» con riferimento all’applauso a Giuseppe Conte nel giorno dell’addio a Palazzo Chigi.

Il quotidiano La Repubblica si è premurato di ricordare (con foto e audio) che in realtà si tratta di una prassi istituzionale. Stessi applausi a Silvio Berlusconi, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni. Anche perché, sinceramente, per quale motivo si doveva applaudire il Governo Conte se non per prassi istituzionale? Per l’immobilismo assoluto? «Vedremo il presidente Draghi da che parte sta».

Così parlò Toninelli. Draghi starà dalla parte dell’Italia, non ha bisogno della politica. Toninelli e i Cinque Stelle da che parte stanno? Con la Lega o con il Pd? Ha ragione Bersani, che ieri sera ha sentenziato: «I Cinque Stelle hanno detto no solo a me». Però Danilo Toninelli sente il bisogno di sottolineare che lui ha votato no sull’opportunità del sostegno al Governo Draghi.

Dilettanti allo sbaraglio.

DOMENICO ARCURI

L’impressione è che dopo l’era di Giuseppe Conte premier stia per finire quella di Domenico Arcuri commissario dell’emergenza Covid. Il piano di Mario Draghi per contrastare la pandemia poggia su altre basi. Niente più “primule”, non fioriranno nella logistica delle vaccinazioni. Stop alla corsa all’acquisto autonomo delle dosi da parte delle Regioni, limite di somministrazione del vaccino AstraZeneca, per le persone in buona salute, spostato dai 55 ai 65 anni.

Domenico Arcuri Foto © Imagoeconomica / Sara Minelli

E poi, come ha detto lo stesso Mario Draghi in Senato, «vanno messe in campo tutte le energie su cui possiamo contare. Ricorrendo alla Protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari e si deve puntare su tutte le strutture disponibili, pubbliche e private»

Dunque sarà la Protezione civile a coordinare il lavoro dei volontari e dei militari. Una rivoluzione completa dell’organizzazione, della logistica e di tutto il resto. Il baricentro si sposta verso la Protezione Civile. Domenico Arcuri difficilmente potrà avere lo stesso ruolo di questo mesi. In quel ruolo lo aveva voluto Giuseppe Conte.

Sic transit gloria mundi.