Coronavirus, la linea calda di Natalia e Lorusso sull’ospedale di Anagni

Le telefonate fra Daniele Natalia e Stefano Lorusso fra emergenza coronavirus e ritorno di centralità dell'ospedale di Anagni

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

Dicono i bene informati che ultimamente la linea telefonica che collega il sindaco di Anagni Daniele Natalia ed il direttore generale della Asl di Frosinone Stefano Lorusso sia piuttosto calda. E che diverse volte al giorno i due si sentano per uno scambio di informazioni sull’emergenza del coronavirus nella zona nord della provincia di Frosinone.

Una parte delle telefonate, di solito, viene spesa nel fare il bilancio degli ammalati, con il direttore che aggiorna il primo cittadino sulla presenza di eventuali nuovi positivi nel territorio del suo comune.

Daniele Natalia Foto © Ettore Cesaritti

Un numero che, almeno per adesso, ed incrociando le dita, sembra essersi fermato. È il segno che quantomeno le misure utilizzate per contenere la diffusione del contagio stanno funzionando.

C’è però un altro tema che, nelle telefonate quotidiane tra Natalia e Lorusso viene toccato ormai costantemente. E’ quello relativo alla possibilità di fare dell’ex ospedale di Anagni un centro per accogliere malati di coronavirus da sottoporre a terapia sub intensiva, e persone da ospitare per il periodo di quarantena.

Riaprire Anagni,: decongestionare Frosinone

Una possibilità che, sempre stando alle indiscrezioni che circolano in città, sarebbe contemplata con favore dal neo direttore dell’Asl che si sarebbe più volte negli ultimi giorni fatto sentire in Regione.

Lorusso, da parte sua, si rende bene conto del fatto che realizzare un centro del genere nell’ex ospedale anagnino sarebbe molto utile per non stressare troppo la struttura dello Spaziani di Frosinone e degli altri ospedali della provincia impegnati nella battaglia quotidiana contro il coronavirus.

Stefano Lorusso © Giornalisti Indipendenti

Battaglia che, per inciso, anche quando avremo superato il famoso picco di intensità, non si interromperà improvvisamente. Sarà invece necessario impegnarsi e tenere alta la guardia ancora a lungo. Di qui, appunto, la necessità di realizzare strutture di supporto adeguate. 

Anagni ha un vantaggio, rispetto a tutti gli altri ospedali chiusi da Renata Polverini: nei giorni in cui gli altri chiudevano, i suoi reparti venivano dotati invece di impianti nuovissimi, in base alla gara d’appalto che era stata da poco assegnata. Paradossi della burocrazia italiana. Inoltre, al suo interno le attività sanitarie hanno continuato a svolgersi, tenendo in efficienza la struttura.

La battaglia per riaprire Anagni in veste di centro di supporto nella lotta contro il coronavirus ne nasconde però un’altra, in prospettiva forse anche più importante. Quale? Quella per dimostrare che in zona una struttura sanitaria serve a prescindere dall’emergenza Covid 19.

Quando il guaio lo fece il Decreto Polverini

Dalla chiusura dell’ospedale, con l’ormai famigerato decreto 80 dell’allora governatrice Polverini (accettato obtorto collo dall’allora consigliere regionale anagnino Franco Fiorito, ma onestà intellettuale impone di dire che chiunque avesse vinto le elezioni avrebbe dovuto prendere una decisione simile), la storia della sanità nella zona nord della provincia ha seguito due strade, vediamo quali.

Ce n’è una ufficiale, fatta di un dimagrimento progressivo e costante, con l’ex ospedale diventato centro di pronto intervento e poi Pat. C’è poi quella popolare, fatta di tanti comitati, associazioni, semplici cittadini, che hanno continuato negli anni a chiedere la restituzione alla zona di una sanità efficiente.

Basandosi su un assunto difficilmente smentibile; se è vero (forse) che ragioni di bilancio non consentono la realizzazione di un nuovo ospedale, e la sanità moderna va sempre più verso un decentramento di strutture e cure, è anche vero che una zona che ospita 80.000 persone non può, in caso di emergenza, avere il più vicino punto di Pronto Soccorso a 20 (se va bene) o 40 minuti di strada.

L’impegno di Buschini
L’ospedale di Anagni

Non a caso, in una delle sue ultime presenze ad Anagni, il Presidente del consiglio regionale Mauro Buschini aveva assicurato lo stanziamento di somme relative alla realizzazione, ad Anagni appunto, di un hub emergenziale con elisoccorso. 

In pratica? Una base del 118 con elicottero, elisuperficie, ambulanze, medici ed infermieri specializzati nella medicina d’urgenza. Un punto con uomini e mezzi in proporzione alla vasta area da servire.

La sfida, dunque, è quella di far convergere le due cose. La prima: riaprire l’ex ospedale come centro per gestire meglio l’emergenza Covid 19. La seconda: passata l’emergenza, convincere chi è ancora scettico della necessità di far restare aperta la struttura anche dopo.

Una lotta che, ad Anagni, vede impegnati anche gli esponenti del Pd locale. Con il segretario cittadino Egidio Proietti. Proprio lui, negli ultimi giorni, incontrandosi con il sindaco, gli ha annunciato tutto il suo impegno per premere in Regione. Un impegno che, al di là del desiderio di impegnarsi per la propria città, nasconde anche la legittima esigenza del Partito cittadino di uscire da quel cono d’ombra nel quale da un po’ sembrava essersi cacciato.

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