La biga alata non vola: addio pure alla ex Michelangelo

Dopo il primo fallimento era diventata La Biga Alata ma il suo "volo" è durato poco. Se ne va un'altra azienda. Baldassarra (Seeweb): "Non è colpa di un cigno nero ma è l'inerzia e la gommosità di un territorio”. Capuano (Cisl): "Progetti per Regione e Governo”. Natalia: "Datemi subito il depuratore”

Emiliano Papillo

Ipsa sua melior fama

Va via anche la ex Michelangelo. Manca solo il documento ufficiale ma i sindacati sono già stati messi in allerta. E ritengono molto concreto quel preavviso informale: al punto che hanno riunito le 22 lavoratrici avvisandole che al termine delle ferie c’è il rischio di trovare tutto chiuso. Per sempre.

È l’ulteriore conferma del clima che sta coinvolgendo il sistema industriale di Frosinone. Non è attrattivo. L’altro giorno ha salutato l’industriale Gerardo Iamunno ed ha trasferito la Gran Tour in Friuli Venezia Giulia: denunciando la burocrazia impossibile «non sono stato messo in condizione di lavorare». Gli ha fatto eco il vice presidente nazionale di Confindustria Maurizio Stirpe ribadendo che «il rischio di una desertificazione industriale è ormai dietro l’angolo se non si corre al più presto ai ripari. «Le istituzioni dovrebbero ascoltare di più il mondo dell’impresa per capire quali esigenze vengono richieste al fine di creare nuovo sviluppo e preservare quello che c’è». (Leggi qui: Iamunno se ne va, “In Ciociaria non si può fare industria”. E leggi anche Il magnete smagnetizzato e il requiem di Stirpe per la Ciociaria).

I sindacati si sono riuniti con urgenza. hanno avuto un confronto con Unindustria. Insieme vogliono organizzare un tavolo e formulare proposte concrete da presentare alla Regione ed al Governo. (Leggi qui: Sta franando tutto: vertice urgente Cgil, Cisl e Uil. E leggi anche Attenti al cigno nero: vertice Unindustria – sindacati).

Intanto c’è chi reagisce. Il sindaco di Anagni lancia la sua battaglia per il depuratore industriale. Le aziende lo chiedono da anni. Ha un maxi investimento sull’uscio del Comune e non intende perderlo per un depuratore.

La Biga Alata che vede nubi nere all’orizzonte

Ci sono nubi nerissime all’orizzonte per 22 lavoratrici della Biga Alata, ex Michelangelo di Frosinone. Sono a forte rischio licenziamento. Manca ancora un documento ufficiale ma la proprietà con sede a Napoli ha fatto sapere ai sindacati Uiltec Uil, Filctem Cgil e Femca Cisl che c’è la volontà di chiudere il sito ciociaro.

Ma chi è la Biga Alata? È l’azienda nata dalla ex Michelangelo leader nella lavorazione di tessuti, abbigliamento di qualità. La Michelangelo aveva sede sull’Asse Attrezzato tra Frosinone e Ferentino. Nel 2013 ha attraversato la crisi che si è trasformata in fallimento della Michelangelo con la conseguenza del licenziamento di tutti i dipendenti. Nel 2016 si era rivista un po’ di luce con la Biga Alata azienda campana del settore che aveva di fatto riassunto parte del personale della ex Michelangelo restando nella sede della zona industriale di Frosinone.

Foto © Imagoeconomica

Sotto il periodo Covid durante la cassa integrazione delle dipendenti, l’azienda ha però subito un maxi furto di materiali con forte danneggiamento delle linee produttive. Danni stimati in mezzo milione di euro. Così la Biga Alata aveva deciso di affittare un capannone nel centro del Capoluogo dove lavorano ad oggi 22 donne. I danni alle materie prime ed ai macchinari subiti con il maxi furto hanno però costretto la Biga Alata a cambiare produzioni. Ci sono riusciti senza grossi problemi grazie all’esperienza più che trentennale delle lavoratrici.

“Ci manca ancora un documento ufficiale ma fonti vicine, da parte di esponenti non aziendali ma vicini alla proprietà ci hanno comunicato attraverso una riunione, la volontà di Biga Alata di cessare l’attività a Frosinone ha spiegato Giuseppe Caccianini della Uiltec Uil. “Con questa notizia se confermata le 22 lavoratrici da settembre potrebbero essere a casa“.

Oggi abbiamo incontrato le lavoratrici in assemblea e abbiamo illustrato la situazione. Ora chiediamo un incontro urgente alla proprietà ed alle Istituzioni per scongiurare l’ennesima possibile perdita di posti di lavoro. Dopo la Henkel sarebbe una nuova mazzata per il mondo del lavoro in ciociaria“.

Cigni neri e territorio “gommoso”

Enrico Capuano

La questione del declino industriale è stata al centro del confronto urgente avvenuto tra Unindustria ed i Segretari generali provinciali di Cgil – Cisl e Uil. I numeri sono impietosi: la fuga è cominciata. Il territorio non attira: ci sono aree che funzionano ed altre che sono totalmente ferme. Su tutte però incombe una burocrazia che esaspera. Alla quale si aggiungono norme che vengono interpretate in quel modo solo in Ciociaria.

Tanto per fare un esempio: il titolare di un panificio industriale ha revocato il progetto che intendeva realizzare in provincia di Frosinone; s’è sentito dire che il suo forno di ultima generazione avrebbe comunque immesso delle polveri nell’aria già inquinata della Ciociaria. Come compensazione gli è stato chiesto di comprare una dozzina di auto elettriche da mettere a disposizione della collettività. È andato da un’altra parte. Perché altrove le auto non gliele hanno chieste.

Antonio Baldassarra, Ceo Seeweb. Foto © Alessandro Paris / Imagoeconomica

Sul tema interviene anche Antonio Baldassarra l’industriale che a Frosinone ha fondato Seeweb, diventata protagonista europea nel cloud computing. Da tempo ha una sede a Milano ed altre in giro per l’Europa e si confronta con realtà molto distanti tra loro. Non condivide la tesi secondo la quale la Ciociaria paga il passaggio del ‘cigno nero’ (Leggi qui: Attenti al cigno nero: vertice Unindustria – sindacati).

«Non c’è nessun cigno nero. Il cigno nero per definizione è “inatteso” mentre io non vedo nulla di inatteso ma un “percorso naturale” che ci snoda da anni, da decenni». Se non sono stati il covid e la speculazione sul gas allora cosa è stato? L’ingegner Antonio Baldassarra ha una visione nitida: «Non è un cigno nero ma è l’inerzia e la gommosità di un territorio che lentamente produce i sui frutti negativi quanto velenosi. C’è nulla di “inatteso”, c’è nulla di “pianificato” anzi stiamo osservando gli effetti del “non fare”; del “rimandare”; delle “attese tattiche” che tanto piacciono a taluni. Politici ma anche imprenditori».

La reazione di Anagni

Intanto si registrano le prime reazioni. Il sindaco di Anagni Daniele Natalia convoca un vertice operativo per il 23 agosto. Ha chiamato nella Sala della Ragione il vice presidente della Regione Lazio Roberta Angelilli titolare della delega all’Industria. E con lei i deputati della provincia di Frosinone: Massimo Ruspandini, Paolo Pulciani ed Aldo Mattia (tutti di Fratelli d’Italia) e Nicola Ottaviani (Lega). Ha invitato la presidente e la direttrice di Unindustria, l’amministratore delegato di Acea Ato5 ed il direttore tecnico di Arpa lazio.

Le industrie, nell’area di Anagni hanno problemi legati al sistema di trattamento delle acque. Traduzione: da un quarto di secolo l’area industriale di Anagni non ha un depuratore. In queste condizioni è più difficile fare industria e fare attrazione di nuovi industriali. Perché chi produce e chi ha intenzione di venire a farlo non vogliono preoccupazioni legate agli impianti. Ha sviluppato un protocollo che sta attraendo molte nuove attività: dietro l’angolo c’è un nuovo maxi investimento su Anagni. ma si deve risolvere il problema del depuratore.

Daniele Natalia lo ha capito. Al punto che nella lettera di convocazione annuncia la necessità di individuare soluzioni con cui risolvere in via definitiva la questione.