Quelle cose semplici che la politica non fa: dalla mobilità alla scuola (di C. Trento)

La scuola dimenticata da una politica a consumo: che non si preoccupa di ciò che accadrà tra qualche anno. C'è un legame da recuperare con il territorio. Perché non è vero che i giovani siano interessati a nulla. E meno ancora alla politica

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

In settimana ricominceranno a suonare le campanelle e i ragazzi torneranno tra i banchi.

Se c’è un settore che più di altri fotografa la difficoltà del nostro Paese, quello è la scuola. Non certo per responsabilità degli studenti e dei professori, ma per il disinteresse di una politica che ha sempre altre priorità. E anche quando se ne occupa, lo fa sempre con un “taglio”… politico.

Appunto. È di pochi giorni fa la notizia che nella maggioranza gialloverde è stato raggiunto un accordo affinché i test Invalsi e l’alternanza scuola-lavoro non saranno vincolanti per l’accesso alla maturità. Modificando l’impostazione dei precedenti governi.

Nel frattempo, però, c’è un dato che non può non allarmare tutti. Secondo un dossier della rivista specializzata Tuttoscuola, anticipato in esclusiva dal settimanale L’Espresso, in Italia, dal 1995 ad oggi, il 30,6% degli iscritti non ha raggiunto il traguardo. Parliamo di tre milioni e mezzo di studenti.

D’altronde non c’è statistica, nazionale o locale, che non veda in costante aumento l’esercito dei Neet, acronimo inglese che indica i giovani, di età compresa tra i 15 e i 29 anni, che non lavorano, non studiano e non si formano.

Un’indagine occupazionale condotta dal Centro studi della Cisl fissa al 31,13% il dato dei Neet in Ciociaria. Dove la disoccupazione giovanile è al 47,76%. Mentre gli iscritti ai centri per l’impiego in provincia sono 122.454. Su una popolazione inferiore a cinquecentomila persone.

Il posto fisso è un miraggio e l’unico lavoro al quale si può ambire è quello precario. Infatti, in un anno, c’è stato un boom dei contratti di somministrazione (+ 86,6%) e intermittenti (+ 164,54%).

Uno scenario da profondo sud per la provincia di Frosinone. E allora, quale dovrebbe essere la priorità se non la scuola? Per evitare quel senso di rassegnazione che dilaga ad ogni livello. Mentre andrebbe coltivato quell’entusiasmo magico da “primo giorno di scuola”, da zaino nuovo, da diario da far leggere soltanto al compagno di banco.

Soltanto così si può arginare il “vuoto” che divora la trincea della cultura.

 

Le campagne elettorali che passano

Chissà perché ogni anno si vive nell’attesa che a settembre possa cambiare tutto.

In realtà non è mai così. Al ritorno dalle ferie (per chi ci va), ci si ritrova con le stesse emergenze. Con gli interventi di manutenzione stradale che andrebbero fatti ma restano in attesa, con i lavori di messa in sicurezza degli edifici scolastici effettuati all’ultimo tuffo.

Ma non solo. Esistono delle tematiche che vengono riproposte ciclicamente. Tra queste la mobilità in deroga, ossigeno puro per quasi mille persone in provincia di Frosinone.

Sulla carta la risposta è semplice: sì o no? Alla proroga. Nel mondo reale, invece, si complica tutto, perché servirebbe un’iniziativa politica forte e determinata. Magari con qualcuno che riuscisse a far approvare dal Parlamento un provvedimento per finanziare la mobilità in deroga. Invece questo non succede mai. E intanto passano… le campagne elettorali.

L’elenco naturalmente è lunghissimo e riguarda ogni settore. Nulla cambia. Nelle prossime ore il cda del Consorzio Asi emanerà l’ennesimo bando per la vendita del sito industriale dell’ex Videocon. Tre tentativi sono andati a vuoto. Altro esempio di una pagina mai scritta del libro dei sogni è la bonifica della Valle del Sacco e, in particolare, della discarica di via Le Lame.

 

Il legame con il territorio da recuperare

Qualche giorno fa alla Provincia c’è stato il vertice con gli eletti convocato dal presidente Antonio Pompeo. Proprio sul tema della mobilità in deroga.

Invitati i 7 parlamentari e i 4 consiglieri regionali di questo territorio. Hanno risposto presente in due: i senatori Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia) e Gianfranco Rufa (Lega).

Ora, sicuramente tutti avranno avuto impegni concomitanti, ma possibile che per nessuno la priorità era partecipare al vertice all’ente di piazza Gramsci?

Eppure questa provincia esprime sei parlamentari che fanno parte della maggioranza di governo, tre del Movimento Cinque Stelle e tre della Lega. Ce n’era uno solo. Così come mancava l’intera rappresentanza alla Regione. Poi però non si perde occasione per pontificare sul fatto che questa provincia paga lo scotto del non saper fare mai squadra.

La realtà forse è diversa e cioè che ottenere risultati concreti per il territorio è difficile e complicato.

Mentre un comizio sui massimi sistemi, meglio se social, non costa nulla.

 

Non è sempre vero che i giovani sono disinteressati

Un altro luogo comune è che i giovani non sono interessati alla politica. Beh, solo in questa settimana abbiamo registrato l’adesione di diversi giovani a Fratelli d’Italia e alla Lega. Così come abbiamo visto l’impegno con i quali i Giovani Democratici hanno partecipato alle poche Feste de L’Unità sul territorio.

Forse le cose stanno diversamente.

Da un lato non tutti valorizzano i giovani che si avvicinano alla politica, spesso costretti a superare un percorso ad ostacoli invalicabile. Ma c’è anche un discorso di prospettive e di legittime ambizioni: a fronte di sacrifici, impegno e militanza, chi riuscirà poi ad ottenere una candidatura che conta? Al Parlamento, al consiglio regionale, a sindaco? Non molti.

I big non concedono spazi, bisogna conquistarseli. Ma è sempre stato così. È perfino normale che sia così. Perché Francesco De Angelis (Pd) e Mario Abbruzzese (FI) dovrebbero farsi da parte e lasciare spazi?

Eppure, proprio le elezioni politiche di quest’anno dimostrano che la tendenza si può invertire. Gli eletti di Cinque Stelle e Lega lo dimostrano.

Ma lo dimostrano anche la candidatura e la vittoria di uno come Massimo Ruspandini, che la gavetta l’ha fatta per intero. In altri tempi però. La verità è che oggi anche la politica segue le logiche della comunicazione a “consumo”: meglio virtuale che reale, meglio veloce che approfondita, meglio sintetica che argomentata.

Con il risultato che contano i “mi piace” più che i temi. E alla fine vince chi riesce a fare la battuta migliore. Non il ragionamento più articolato.