Tutto torna, anche Marino, l’anti-Zingaretti di Conte e poi di Bonelli

L'ex sindaco di Roma che sceglie Avs per tornare in lizza alle Europee ed i possibili effetti, non solo psicologici, sul Pd romano che lo volle fuori

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Corsi e ricorsi della storia, quelli che una volta, non tanto tempo fa, videro Giuseppe Conte impazzire come la maionese e silurare il Campo largo in Regione Lazio. Era il 2022 ed il leader del M5s passò dalla modalità “federatore” a quella “liquidatore” in pochissimi giorni. Il duetto fra Cinquestelle e Pd alla Pisana aveva dato i suoi frutti con un governo step by step nelle Commissioni e l’allora capogruppo Mauro Buschini si era fatto venire i calli ai piedi per andare e venire dai banchi Dem a quelli pentastellati, saggiamente consigliato da Daniele Leodori che tutto osservava dall’alto dello scranno di Presidente dell’Aula.

Cinque anni di governo. E di risultati, secondo alcuni. Ma dipende sempre dal lato dello stadio dal quale si osserva la partita. Fatto sta che al momento di rinnovare l’alleanza per un altro quinquennio tutto si ruppe. Già da fine estate ed in vista delle Regionali per eleggere il successore di Nicola Zingaretti, successe il fattaccio. I fatti dicono che quello di Conte fu un suicidio politico. E se fu dispetto, lo fu al pari di quel tizio che pensando di fare ripicca alla moglie si sforbiciò dentro la cerniera: il M5S passò dall’avere due assessori, un vicepresidente, una commissione ad avere nulla dimezzando di botto la pattuglia dei suoi rappresentanti in Regione.

Fatto sta che Conte annunciò la fine del Campo largo, recitò il de profundis per una formula di governo valida e fece i suoi nomi.

“Uccidete l’anatra zoppa”

IGnazio Marino (Foto: Paolo Cerroni © Imagoeconomica)

Erano nomi che parlavano la lingua della rottura con il Nazareno. E uno di essi era già di per sé simbolo di quella frattura perché con il Nazareno aveva rotto prima di Conte. Prima e peggio: Ignazio Marino portava ancora i lividi di quella mezza congiura interna che lo aveva lanciato fuori dal balcone del Campidoglio, più per moventi che per motivi. Aveva perciò tutte le remore di uno che, se solo ci avesse riprovato a ributtarsi in politica, avrebbe chiesto “ad una mia amica suora di spararmi nel polpaccio se mi fosse di nuovo venuto in mente di farlo”.

Ecco, Marino quelle cose non le disse allora. Le ha dette in questi giorni, e le ha dette perché sì, lui in politica ci si è rituffato. Non a servizio di Conte e per la Pisana, che sta salda in mano al destra centro di Francesco Rocca. No, il professore di chirurgia alla Thomas Jefferson University di Philadelphia ed ex sindaco di Roma rubricato a Piazzale Clodio ed assolto correrà per le Europee di giugno.

Lo farà con Alleanza verdi sinistra. Che in queste ore ha annunciato di avere arruolato per il collegio Nord-Est anche l’insegnante detenuta in Ungheria, Ilaria Salis.

Altro che “sparami al polpaccio”, ecco Avs

(Foto: Stefano Carofei © Imagoeconomica)

Se non è una vendetta quanto meno, a citare Matthias, è un atto di giustizia che sa di vendetta. Tutto sul claim scemo della canzonetta famosa: quella che fa “Lo vedi, (ari)ecco Marino”. Lui che per l’Europa paventa retoricamente una revolverata come cilicio anti tentazione, e che per resistere allo dimonio vuole armare la mano di una monaca. Marino sarà capolista di Avs alle prossime europee nella circoscrizione Centro.

E pochi giorni fa aveva spiegato nel dare nuncio: “Quando tornai negli Usa a fare il mio mestiere di chirurgo feci promettere ad una mia amica suora di spararmi nel polpaccio se mi fosse di nuovo venuto in mente di farlo”. E poi: “Ho sempre creduto nei diritti civili, nel no fermo alla guerra ed alle armi, nella salute pubblica e nella scuola pubblica. Idee, visione e valori che dobbiamo illustrare e su cui dobbiamo cercare il consenso che io sono sicuro esiste”.

La soluzione di continuità c’è tutta: nel Pd renziano Marino era uno talmente “pret a porter” che più o meno gli potevi mettere addosso tutto lo starter pack dell’immensa galassia dem ma sempre con una vestibilità accettabile. Non che fosse banderuola, sia chiaro: è che Marino è sempre stato così. Plastico, a spigoli smussati, e tanto conciliante da essere silurabile come gli accadde con i cascami pezzotti di Mafia Capitale.

Come Edmond Dantes con Mondego

Angelo Bonelli, Ignazio Marino, Nicola Fratoianni (Foto: Alessandro Amoruso © Imagoeconomica)

L’annuncio della scelta di Marino lo aveva dato Angelo Bonelli, Co-portavoce Europa Verde e deputato Avs. Inutile negarlo, al di là della scelta in purezza del chirurgo e malgrado la stessa c’è tutta una lettura sotterranea che incombe “da sotto” sulla sua candidatura. E’ quella per cui Marino possa non solo essere un professionista-politico che ha rispolverato l’eskimo ed il peace and love.

Ma che sia anche un Edmond Dantes che si appresta a fare coriandoli del suo personale Mondego. Cioè il Pd che lo fece fuori e che oggi annovera nella sue file moltissimi tra quelli che diedero il calcio, o che stettero a guardare. Perché di calcio si trattò. Ignazio Marino si rivelò quanto di più efficace per vincere le elezioni ma quanto di più estraneo al mondo della politica. Governare non significa solo amministrare: per quello bastano i direttori generali ed i capisettore. Governare significa fare scelte. E scegliere significa automaticamente accontentare qualcuno e scontentare qualcun altro. Significa mediare, fare accordi, infilare le mani in posti non sempre disinfettati e sporcarsele. Marino era quanto di più estraneo a tutto questo.

“Verso il Pd non ho particolari sentimenti. Non ho mai incontrato Elly Schlein, ma alle primarie mi sono incuriosito ed ho ascoltato una intervista e mi è sembrata donna articolata nell’esprimere il proprio pensiero”. Liscione fatto, poi le obiezioni, morbide, alla Marino. “Però poi conta come traduci le espressioni in voto. Non contano le dichiarazioni sui giornali ma in Parlamento.

Le preoccupazioni di Gualtieri e Zinga

Roberto Gualtieri (Foto: Andrea Di Biagio © Imagoeconomica)

Servono “idee condivise con tutto il continente europeo. La mia voce è una ma credo sia giusto fare questo passo per cercare di dare una mano alla nostra società e continente che deve riacquistare il ruolo che gli spetta”. Insomma, come ha lasciato intendere Salvatore Merlo e traducendo liberamente, dietro tutto quel miele pacioso potrebbe celarsi la più grossa “pompetta al curaro” della storia recente del centrosinistra. E con Roberto Gualtieri “preoccupato” perché “questo non vuole il termovalorizzatore”.

E con Nicola Zingaretti, papabile candidato dem proprio alle Europee per il centro Italia, che “aggrotta le sopracciglia”. Ad ottobre 2015 l’allora Presidente del Pd, antesignano di Stefano Bonaccini, l’ex giovane turco passato al renzismo Matteo Orfini, lo aveva spinto a dimettersi “per carità di Dio”. E lui? Merlo riporta il virgolettato: “Io non solo non mi dimetto. Ma se mi sfiduciate convoco pure una conferenza stampa e faccio i nomi di chi mi aveva consigliato di assegnare gli incarichi a Ozzimo e a tutti gli altri inquisiti in Mafia Capitale.

Andò a finire che invece Marino si dimise, che gli addebitarono fascicoli penali con scontrini come prove regine farlocche. E che il chirurgo uscì di scena senza dare l’impressione di meditare vendetta. Solo che la vendetta non è solo quella cosa da piatti freddi e bla bla bla...

Mafia Capitale come grimaldello

Nicola Zingaretti (Foto © Imagoeconomica)

La vendetta è una cosa che trova sostanza nelle circostanze giuste, ed un Marino in lizza con Avs potrebbe essere il Conte Vlad di un Pd che sul Centro Italia sta scommettendo moltissimo per Bruxelles. C’è poi un’analisi tecnica in purezza squadernata da Il Foglio.

Altro che motivi emozionali: “Bisogna ricordare che nella circoscrizione Italia centrale, nel 2019, alle scorse elezioni europee, per il Pd furono eletti in quattro. Di cui uno con i resti. Insomma il quarto posto fu soltanto un colpo di fortuna. E dovuto al fatto che la sinistra a sinistra del Pd non aveva raggiunto la soglia di sbarramento.

Ma adesso? Con Marino?”. Già, e adesso, con Marino? Quello che fu fatto fuori perché “meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine”? Edmond Dantes è tornato. E dopo il castello d’If è pieno di nervi, muscoli ed ha gli occhi neri e stretti di chi ha sofferto. Pessimo presagio per chi lo sfiderà.