Pd, tensione nel vertice per chiarire le accuse di Pompeo

Vertice infuocato nel Pd dopo le parole di Antonio Pompeo al Manzoni di Cassino. Conferma le accuse. I dirigenti non ricordano la sua disponibilità a dimettersi prima per mettere in gioco il sindaco Salera. De Angelis chiede unità per le Provinciali. Ed analizza i tre scenari possibili. A vuoto il vertice di Alatri del centrodestra

Hanno preteso un chiarimento. Non è stato né tranquillo né pacato. I vertici provinciali del Partito Democratico si sono riuniti per fare chiarezza sulle frasi pronunciate dal presidente uscente della Provincia Antonio Pompeo martedì sera a Cassino. All’assemblea dei sindaci riunita per discutere sul nome del suo successore ha rivelato perché il sindaco di Cassino Enzo Salera si è ritrovato fuori dalla competizione. Ed ha dato la responsabilità alla Segreteria.

Durante il suo intervento al Manzoni ha detto «Faccio politica ormai da un po’ di anni, ho i capelli bianchi. Immaginavo che si sarebbe potuta creare questa situazione. Per questo ho dato la mia disponibilità a dimettermi in tempo utile e fare la sintesi sulla candidatura che il Partito sceglie. Sono stato non chiaro. Chiarissimo. A me fare il presidente della Provincia tre settimane in più non è che mi ha cambiato la vita, diciamo. Ma dal Partito non ho ricevuto alcuna risposta». E così le sue dimissioni sono arrivate un mese dopo la data limite che avrebbe consentito a Salera di scendere in campo. (leggi qui: Provinciali, la bomba di Pompeo: «Così il Pd ha segato le gambe ai candidati»).

La riunione infuocata

La riunione al Manzoni

Letto il resoconto di Alessioporcu.it martedì sera il Segretario Provinciale ha convocato per l’indomani l’assemblea degli eletti. Si è riunita mercoledì nel pomeriggio. Presenti: il Segretario Provinciale Luca Fantini, i Consiglieri regionali Sara Battisti (vice Segretario Regionale) e Mauro Buschini, il presidente uscente della Provincia Antonio Pompeo, il sindaco di Cassino Enzo Salera, il presidente del Consorzio Industriale del Lazio Francesco De Angelis.

Non è stato un confronto facile. Ha avuto passaggi drammatici. Come quello in cui Antonio Pompeo conferma di avere detto quelle cose nel suo intervento al Manzoni. E conferma di avere dato la sua disponibilità a fare un passo indietro con tempi che avrebbero consentito la candidatura a Salera ma anche ad altri sindaci. E di non avere avuto risposte.

Tra i dirigenti provinciali c’è chi gli fa presente di non avere memoria di quella sua disponibilità a lasciare prima la Provincia. Gli chiedono allora quando lo avrebbe detto, in quale circostanza, chi c’era. Antonio Pompeo si sente sotto assedio. Sente puzza di bruciato. E solleva il dubbio che sia tutta una manovra: sollevare la questione Salera durante l’assemblea al Manzoni, convocare la riunione l’indomani a Frosinone, dire di non saperne nulla. Gli puzza il fatto che i sindaci all’improvviso abbiano cominciato a sollevare la questione delle poche settimane con cui Salera è stato tagliato fuori dalla competizione.

Teme vogliano fargli un trappolone e dice “Non provate a darmi del bugiardo”.

Prima le Provinciali

Francesco De Angelis

Raffredda la tensione Francesco De Angelis. Non è questo il momento delle spaccature. Congela la discussione e chiede a tutti di prendersi ventiquattrore per riflettere. Ricordando che in questo momento al primo posto c’è l’unità. Perché tra poche settimane ci sono le elezioni Regionali, prima ci saranno le Provinciali: i numeri in mano a Francesco De Angelis dicono che si possono vincere, entrambe, seppure sul filo di lana. Ma occorre rimanere uniti.

Si passa all’esame dei tre scenari per le elezioni Provinciali. I numeri dicono che occorrono 50mila voti ponderati per eleggere il prossimo presidente. E con altrettanta chiarezza dicono che mai fino ad oggi c’è stato un fronte così forte da eleggere da solo l’inquilino di Piazza Gramsci n°1 a Frosinone.

Il primo scenario è quello evocato al Manzoni: individuare una candidatura di Partito. I numeri non ci sono: «Andremmo a schiantarci». Il secondo scenario: individuare la sintesi su un sindaco civico, aggregando l’area che gli sta intorno. Al momento gli unici ad avere in dote il valore aggiunto di un ampio consenso sono il sindaco di Roccasecca Giuseppe Sacco ed il sindaco di Sora Luca Di Stefano. I numeri potrebbero esserci: «ci si può provare». Il terzo scenario è quello di fare anche questa volta un discorso di secondo livello: cioè un patto tra i Comuni a prescindere dal colore politico. I numeri ci sono «È stato sempre fatto dalla riforma Delrio in poi, potremmo vincere».

La decisione verrà presa nella Direzione di domenica.

Il vertice di Alatri

Maurizio Cianfrocca

Nel centrodestra si è conclusa con un buco nell’acqua la riunione convocata dal sindaco di Alatri Maurizio Cianfrocca. Doveva individuare il candidato della coalizione che oggi governa il Paese (leggi qui: Provinciali, Cianfrocca convoca il centrodestra).

Quasi nessuno ha risposto all’invito del sindaco, se non alcuni Consiglieri della sua maggioranza. Gli altri, senza un input del Partito di appartenenza, non si sono mossi. Pesa la rottura verticale ufficializzata martedì da Fratelli d’Italia. Che rimprovera Mastrangeli di avere compiuto un passo unilaterale. (Leggi qui: Provinciali, la bomba di Pompeo: «Così il Pd ha segato le gambe ai candidati»).

Nonostante fosse chiaro che la riunione non avrebbe prodotto risultati, il sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli è andato lo stesso pur sapendo di trovare nessuno o quasi. Perché lo ha fatto? Per mandare un segnale politico all’intero centrodestra: nel messaggio con cui ha ufficializzato la sua candidatura aveva detto di essere pronto a confrontarsi su un nome alternativo. Ad Alatri ha voluto dimostrare di avere la concreta intenzione di farlo.