Un anno fa il crollo: nulla è stato uguale nella politica di Cassino

Un anno fa il crollo dell'amministrazione di Centrodestra a Cassino. Nulla è stato più uguale nella politica cittadina. Il riepilogo di quanto è accaduto in questi dodici mesi

Alberto Simone

Il quarto potere logora chi lo ha dato per morto

La parola di oggi è: tradimento. È la prima volta che un sindaco viene sfiduciato dal suo presidente del Consiglio. Pensavo di avere persone serie con me, ma tutto si è basato sugli interessi personali“: sono da poche passate le ore 12 del 19 febbraio 2019. Sono trascorse ventiquattr’ore da quando Carlo Maria D’Alessandro è stato sfiduciato. Sono iniziati i fuochi d’artificio per le elezioni comunali. (leggi qui Traditori e affaristi infiltrati in Comune: l’addio al veleno di D’Alessandro).

La conferenza stampa d’addio di Carlo Maria D’Alessandro il 19 febbraio 2019

Oggi, un anno fa. Nulla è stato uguale a prima. La storia politica cassinate ne è uscita trasformata. Non tanto per quello che è successo quel giorno. Ma per cosa quel giorno ha prodotto nei dodici mesi a venire: un centrodestra dilaniato, un centrosinistra resuscitato. Il divorzio tra il sindaco Peppino Petrarcone ed il suo storico assessore Enzo Salera che reclama il suo spazio.

Le ceneri della Lega: la fine del coordinatore provinciale Carmelo Palombo, del coordinatore cittadino Ernesto Di Muccio, del capogruppo consiliare Robertino Marsella. La loro sostituzione in aula con due leghisti per caso: Franco Evangelista e Michelina Bevilacqua. L’abbraccio tra Salera e Mosillo. D’Alessandro che non si rassegna. La disfatta totale di Petrarcone e Abbruzzese. Questi i fatti nudi e crudi accaduti in questi 12 mesi, ma dietro c’è molto, molto di più.

Nulla è più come prima

C’è Mario Abbruzzese che affossato Carlo Maria D’Alessandro illudendolo con una nuova candidatura a sindaco e poi relegandolo come un semplice componente del suo staff, non facendolo salire neanche mai sui palchi. C’è il tentativo di risorgere come l’araba fenice con la ferita che ancora bruciava per aver perso il seggio alla Camera solo un anno prima per un pugno di voti a vantaggio dei Cinque Stelle. Nell’album delle foto di questi dodici mesi c’è il tentativo di risalire la china con un referendum sulla sua persona. Ma come tutti i referendum personali – ne sanno qualcosa i due Mattei “nazionali” Renzi e Salvini, entrambi soccombenti alla riforma costituzionale e alle regionali in Emilia – si è rivelato un boomerang: una sconfitta ogni oltre pessimistica previsione.

C’è un centrodestra oltre il 50% alle elezioni Europee a maggio del 2019, ma negli stessi giorni sul piano locale quello stesso centrodestra non ne ha azzeccata una. Significa sconfitta personale. Le avances a Petrarcone al turno di ballottaggio hanno solo completato il disastro.

Dopo pochi mesi dalla sconfitta elettorale è stato costretto a mollare anche la guida del Cosilam: quello che doveva essere il suo fortino. Invece è stato espugnato da Gianluca Quadrini che così ha bevuto il calice della vendetta politica: ha ripagato in questo modo Abbruzzese per averlo escluso dalle elezioni regionali, averlo messo fuori da Forza Italia. (Leggi qui Abbruzzese via dal Cosilam: Salera fa scattare la trappola).

La ruota del tempo

Mario Abbruzzese con Gianluca Quadrini

La ruota del tempo gira e ora dopo dodici mesi è Mario Abbruzzese a stare fuori da Forza Italia mentre Gianluca Quadrini ne è il vice coordinatore Regionale, in nome e per conto dell’eterno avversario Claudio Fazzone. Tant’è che oggi Abbruzzese si tiene stretto lo scranno di consigliere d’opposizione al Comune di Cassino senza cedere ai pressing di Carmine Di Mambro. Del resto è l’unico ruolo politico che gli è rimasto: e in quella veste, lui che negli anni d’oro è stato presidente del Consiglio regionale del Lazio e ha quindi una esperienza certamente superiore a molti suoi colleghi di maggioranza e di opposizione, tenta di dare lezioni a Barbara Di Rollo su come si conduce una seduta di Consiglio comunale.

Gli avessero detto, a lui che ha diretto i lavori della Pisana, che a distanza di un anno sarebbe finito al massimo a  impartire qualche ripasso al presidente del Consiglio di Cassino, probabilmente il 18 febbraio del 2019 avrebbe fatto qualcosa in più per salvare la “sua” amministrazione di centrodestra.

Ma Mario Abbruzzese, che nella sua carriera politica ha gioito per molte vittorie, ha saputo anche perdere. Con una opposizione finora mai urlata, ma spesso collaborativa.

Carlo l’inconsolabile

Chi non si è rassegnato alla restituzione della fascia è Carlo Maria D’Alessandro: se la sogna la notte, si sveglia sudato e con gli incubi, urla ancora che è stata una congiura e lo hanno tradito. Se continua così saranno costretti a comporargliene una finta per mostrargliela nei momenti più acuti della crisi. Inconsolabile si domanda perché nessuno più lo chiama per intervistarlo: qualcuno prima o poi dovrà dirgli che non è più il sindaco di Cassino.

Mario Abbruzzese probabilmente riconosceva in lui una debolezza, questo l’unico motivo che giustifica il fatto che lo abbia tenuto alla larga dai suoi palchi.

Dopo la sconfitta l’ex sindaco ha occupato gli spazi dei giornali un giorno si e l’altro pure per spiegare la bontà dei suoi due anni e mezzo di governo. Probabilmente non conscio del fatto che i cittadini si erano già espressi in merito il 9 giugno. Crede forse che un domani potrà essere ancora lui il candidato sindaco del centrodestra.

Quale Centrodestra?

Carlo Maria D’Alessandro e Mario Abbruzzese

Già, ma di quale centrodestra? Perchè oggi, di fatto, quella coalizione non esiste più. Se a livello nazionale Lega e Fratelli d’Italia superano il 40%, a Cassino sono due formazioni residuali: FdI non è neanche in Consiglio, Angela Abbatecola e Gabriele Picano, gli esponenti di “peso” del partito in città, non fanno propriamente a gara per starsi simpatici.

Il Carroccio dal canto suo deve accontentarsi di due leghisti per caso che si salutano solo quando non litigano, cioè quasi mai. E la segreteria del partito è sul punto di cambiare nuovamente: introducendo una Direzione cittadina.

Forza Italia, il Partito che si è assunto l’onere di lasciare le impronte digitali sul pugnale che ha inferto il colpo mortale a D’Alessandro, oggi vede  fuori dall’assise tutti i congiurati. Nessun accoltellatore si è salvato. Rossella Chiusaroli, forte dell’appoggio del senatore Fazzone e dell’addio di Abbruzzese prova a ritagliarsi la leadership ma non ha un gran feeling con l’unico consigliere del Partito: Francesca Calvani.

Dispersi tutti gli altri, da Benedetto Leone a Carmelo Palombo passando per Giuseppe Di Mascio e tutta la compagine dei civici: a distanza di anno si può affermare che quello del centrodestra è stato un suicidio di massa. E un regalo al Pd, anticipando quello che Salvini avrebbe fatto a Zingaretti dal Papeete pochi mesi dopo dando al centrosinistra la guida del governo nazionale.

Sudore sulla fascia

Enzo Salera con la fascia

Ma Salera la fascia se l’è dovuta sudare. Dentro e fuori il Partito. Più dentro, che fuori, a dire la verità.

La spinta delle Primarie ha dato al sindaco la volata per conquistare il palazzo di piazza De Gasperi. L’ex assessore ai Tributi indubbiamente non ha sbagliato una mossa. Dai banchi dell’opposizione si è guadagnato la candidatura a sindaco, bravo a sotterrare l’ascia da guerra nei confronti dei “mosilliani” (cioè quelli con i quali ci si era divisi alle elezioni precedenti regalando la città al centrodestra) ha costruito da subito un ottimo rapporto con il suo attuale vice sindaco Francesco Carlino e con l’attuale presidente del Consiglio Barbara Di Rollo.

Il loro sostegno alla sua candidatura alle primarie dello scorso 6 aprile è stato decisivo. Con sole tre liste, grazie anche alla ventata di freschezza portata dalla formazione Demos di Luigi Maccaro, ha convinto per coerenza e programmi: uno dei pochi a non essere scopiazzati.

Grazie al voto disgiunto sulla sua persona (che di fatto è stata la quarta lista della coalizione) ha quindi superato Petrarcone al primo turno ed è andato al ballottaggio. E poi non c’è più stata partita: la sera del 9 giugno, dopo meno di mezzora dall’inizio dello spoglio, Abbruzzese aveva già dichiarato la sconfitto: una Caporetto senza precedenti.

La via del successo

Il segreto del successo? Ha risposto con pragmatismo agli avversari esterni e ha lasciato cuocere nel loro brodo gli avversari interni, che oggi fanno la conta dei danni: Marino Fardelli costretto alle dimissioni da segretario del Pd a marzo scorso non si è neanche candidato e ora si è dato alle iniziative culturali; il fratello Luca Fardelli cerca invano di rientrare nel Pd; l’avvocato Sarah Grieco, vice sindaco in pectore durante la pre campagna elettorale, è oggi fuori da ogni ruolo amministrativo e politico; Giuseppe Golini Petrarcone ha disperso tutto il suo capitale nel centrosinistra con una improbabile coalizione civica pur di avere la candidatura mentre oggi poteva essere il padre nobile dell’attuale amministrazione.

Salvatore Fontana e Peppino Petrarcone

Dell’ex vice segretario del Pd Armando Russo si sono perse le tracce. L’unico che ha ottenuto un vantaggio rispetto a un anno fa è l’ex componente dell’assemblea nazionale del Pd Salvatore Fontana: oggi, seppur all’opposizione, siede in Consiglio comunale. E si fa sentire con tenacia e passione: la sostanza è un’altra cosa.

Il 18 febbraio del 2019, insomma, non è stato solo il giorno della sfiducia a D’Alessandro. La città ha chiuso un capitolo e ha  voltato definitivamente pagina.  La nuova storia è tutta da scrivere, questi primi 12 mesi sono solo la prefazione.