Più centro in Europa e + Europa nel centro, basta riunire Renzi e Calenda

Questione di sbarramento al 4% a volerla vedere tattica e di diga al sovranismo a vederla strategica: ma fare un accordo a tre è difficile

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

L’equazione è semplice: per le elezioni Europee di giugno serve come il pane, e non solo in ottica italiana, una robusta pattuglia centrista. Un’alleanza strategica che metta a crasi nomi di punta come Mario Draghi ed Emmanuel Macron. Cioè le teste di serie di un “campionato” che non vuole più lasciare palla al sovranismo spinto e bellicoso. E per mettere assieme quella pattuglia centrista che tra l’altro abbia la forza di superare la soglia di sbarramento del 4% bisogna che i vari centri italiani si coalizzino.

Oppure che inizino a guardare tutti – anzi, ciascuno – con rinnovato interesse ad un Partito che, da pollicino dei consensi, adesso è briscola d’oro per arrivare a Bruxelles-Strasburgo: + Europa di Emma Bonino. Che però è “di Emma Bonino” in quanto a leaderismo, ma anche di Federico Pizzarotti che ne è il presidente, di Riccardo Magi che ne è segretario e di Benedetto Della Vedova che ne è spin-doctor da sempre. E udite udite non la pensano tutti allo stesso modo in quanto ad apparentamenti per fare centro con il centro.

Renzi e Calenda: da quasi amici ad ex amici

Matteo Renzi e Carlo Calenda (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Si tratta di una faccenda strana assai, in cui ognuno degli attori invoca la necessità di una piattaforma moderata e senziente. Ma ciascuno di essi ha remore a ché quella piattaforma prenda vita come esito di una scelta collegiale. E non è finita, perché anche tra coloro che oggi vedono in + Europa il razzo vettore per arrivare a meta elettorale utile ad un disegno strategico e non ad una conta mesta ci sono avversità. E sono le peggiori, perché sono le avversità degli “ex amici” che non hanno trovato una quadra e che quel fallimento se lo rinfacciano-rimpallano da maggio 2023. Chi sono? Ovviamente Matteo Renzi e Carlo Calenda.

L’ultimo sondaggio politico di questa settimana che va in chiusura dice che Italia Viva piace al 3,5% degli italiani. E che Azione ha un 4% di elettori che lo voterebbe, mentre + Europa sta tra il 2,3 ed il 2,4%. Cioè quanto basta, per quest’ultimo, per contare come il quattro a tressette da solo, ma per essere sette a denari in team. Questo se decidesse di andare con uno tra i due Partiti che devono superare il 4% con certezza ed accedere alla stanza dei bottoni di Strasburgo. Quel due e passa percento è la polizza per esserci, per chi se lo mettesse in cordata.

Di necessità virtù per superare il 4%

EMMA BONINO INTERVISTATA DA LAURA COLLINOLI

Insomma, la situazione è quella della necessità e della virtù, ma sono robe che – poche ciance – in politica hanno dignità da sempre, solo che per metterle a regime serve una strategia. E quella ce l’hanno sia Renzi che Calenda, solo che a loro manca il passo finale, il guizzo con cui capire che non è che ognuno di loro deve ammaliare il Partito della Bonino solo per tenersi a galla di soglia. No, lo scopo largo sarebbe appunto quello di andare molto più che sopra la linea di galleggiamento e fare una trimurti che spinga di nuovo il draghismo ai vertici decisori dell’Ue.

Ma qui son dolori, perché i due ex fornai del Grande Centro impastano la stessa farina ma fanno ormai pani diversi. Ed hanno scelto la strada dei due centri in cui ognuno aspira ad essere “più centro” dell’altro. E con una buona dose di livore personale a complicare il tutto. Carlo Calenda marca il partito di Bonino da tempo ma Carlo Calenda è anche noto per essere uno che “si sgancia facile”.

Caso Vicano, Sardellitti striglia Carlo

Per i fatti della provincia di Frosinone glielo ha ricordato proprio in questi giorni l’assessore di Frosinone Alessandra Sardellitti. Lo ha fatto cogliendo l’usta di una vicenda giudiziaria finita all’acqua di rose, quella con cui il Tribunale di Cassino ha assolto gli ex presidenti e il direttore della Saf: Mauro Vicano, Cesarle Fardelli e Roberto Suppressa. (Leggi qui: Nessun traffico di rifiuti: assolti Vicano, Fardelli e Suppressa).

Vicano in particolare aveva pagato uno scotto amarissimo, perché era finito nella casella M5s dei cosiddetti “impresentabili” e si era giocato la matta della candidatura alle amministrative del capoluogo. Calenda, che lo aveva in team con la Sardellitti, aveva ceduto alla botta di giustizialismo ex ante ed aveva “scaricato” Vicano. (Leggi qui: L’indecenza dei 18 candidati ‘impresentabili’).

Le sciocchezze a cui non ha creduto Mastrangeli

Riccardo Mastrangeli Foto © Stefano Strani

E Sardellitti gielo ha ricordato sui social. “Operazione Maschera: assolto con formula piena Mauro Vicano, in qualità di presidente SAF. Che ci facciamo ora con la lista degli Impresentabili, in cui Mauro compariva, insieme ad altre 17 persone? Chi gli restituisce i danni subìti nelle elezioni amministrative del 2022? Carlo Calenda, tu che ne hai preso immediatamente le distanze, ora che cosa vuoi dirci? Grazie al Sindaco Riccardo Mastrangeli che di queste sciocchezze non ne ha mai tenuto conto”.

Tutto questo per dire che per puntare ad un centro solido in Ue bisogna superare certe eccentricità fisiologiche. Tra le quali spiccano anche quelle di un Matteo Renzi che, ospite di Bruno Vespa, è stato più Renzi che mai. “Io se fossi la Meloni mi ci butterei a capofitto se Macron, Scholz, Sanchez proponessero Mario Draghi alla guida del Consiglio europeo. Credo che Meloni dovrebbe fare carte false per Draghi”.

Ecco, quelle carte false le vorrebbe fare anche lui nel suo “piccolo” di candidato non “peffinta”, ma ignora beatamente che quelle briscole potranno essere figlie solo di un accordo a tre con Calenda e + Europa. Il guaio dell’ex premier è quello di sempre: parla molto meglio di come poi agisce.

Le tre possibili vie per + Europa

Benedetto Della Vedova (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

E veniamo al corteggiato: ecco, anche lì non c’è una granitica visione. Lo ha messo bene a fuoco Mario Lavia su L’Inkiesta. “I voti di Più Europa fanno gola a tutti. Sia ad Azione sia a Italia Viva, che dietro le quinte stanno lavorando alacremente a un accordo per le elezioni europee dove bisogna superare lo sbarramento del quattro per cento. Ma siccome i radicali non sono degli sprovveduti, in attesa che le decisioni maturino rilanciano se stessi e la propria parola d’ordine – gli Stati Uniti d’Europa –, curiosamente fatta subito propria sia da Carlo Calenda sia da Matteo Renzi”.

Questa è tattica auto-promozionale però, e tutto sommato alzare la maglietta sulla “tartaruga” senza arrivare ai pettorali ci sta. Per febbraio è in agenda una convention voluta da Riccardo Magi: ci andrà gente del calibro di Carlo Cottarelli, Marco Bentivogli, Renato Soru, Giusy Nicolini e Nathalie Tocci. Il senso è che il partito una sua piattaforma europeista ce l’ha già, solo che non ha i numeri per applicarla. E quindi deve utilizzare quel protocollo sia come affermazione identitaria che come camola per allamare altri centristi: non inquadrati o tesserati su sponde avverse.

We have a dream: gli Stati Uniti d’Europa

Il presidente già pentastellato Pizzarotti guarda mezzo languido a Calenda almeno come Calenda guarda a lui, roba goehtiana di affinità elettive, anzi, elettorali. Ma Bonino ha un nodo al fazzoletto grosso come un popone di quando Calenda “ruppe” il patto quando il Pd si mise in equazione. Benedetto Della Vedova guarda invece altrove, anzi, guarda all’interno e punta a strutturare la corsa del partito. Lo fa con un occhio possibilista a Renzi. E c’è una parte di + Europa che infine spera in un “miracolo”.

Quello di “fare da collante tra Azione e Italia Viva riuscendo a varare un’unica lista nel segno di Renew Europe. Che è il partito europeo del nuovo ministro degli Esteri francese Stephan Sejourné.

Poi la frecciata: “Il quale pochi giorni fa aveva auspicato una convergenza degli italiani per superare lo sbarramento”.

Di Nobili intenti, ma solo su carta

Luciano Nobili (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Luciano Nobili insiste su un claim che contiene al suo interno già la sua stessa fallacità, se non si andasse a quadra. “L’obiettivo di Italia Viva verso le europee è provare a costruire, grazie al voto di tutti i riformisti, le condizioni perché Mario Draghi sia alla guida del Consiglio dell’Unione Europea”.

Solo che tra un “mai con Renzi” ed un “Calenda ‘ddechè” questa speranza che un po’ negli ambienti dei post radicali ci ha fatto il nido sembra essere più roba di accademia che di messa a terra.

Con buona pace di Mario Draghi, a cui non resta che fare Draghi: cioè operare dove lo considerano un fine appetibile, e non un mezzo da propaganda.

Quindi non tra i Partiti italiani. A cui oggi sembra servire più come antidoto che come vitamina.