Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore
TOP
NICOLA ZINGARETTI
La Direzione nazionale del Partito Democratico ha approvato a valanga sia la sua relazione politica che il Si al referendum. Lo ha fatto dopo che il Segretario aveva ancora una volta ricordato a tutti quanto stare al governo del Paese imponga dei sacrifici. Perché altrimenti non si capirebbe la differenza tra il Pd e le forze populiste.
Nicola Zingaretti sa benissimo che alle Regionali il centrodestra con ogni probabilità vincerà. Ma sa altrettanto bene che a questo punto, per come si sono messe le cose, è davvero complicato che il Governo possa cadere. E infatti il premier Giuseppe Conte sarà ospite domani della Festa Nazionale de L’Unità a Modena.
La votazione di oggi ha dimostrato che questa Direzione Nazionale è largamente favorevole al Segretario. E che se quindi qualcuno vorrà davvero provare a scalzarlo, dovrà avere il coraggio di uscire allo scoperto sui territori e nelle singole province.
Capo.
ALBERTO LA ROCCA
Rimessi in garage secchiello, paletta e ruspa (si fa per dire) con le quali ha contribuito alla ricostruzione della viabilità di Genova dopo il crollo del ponte Morandi, Alberto la Rocca è tornato al suo passatempo preferito: la politica. Anche in questo caso dovrà costruire un ponte.
Scottato negli anni passati dalla sua candidatura in prima persona, quattro anni fa ha creato un laboratorio di idee. Con il quale ha contribuito alla messa a punto dei programnmi elettorali dei candidati, senza scendere in campo in prima persona.
Con la benedizione del Coordinatore regionale di Forza Italia Claudio Fazzone sta provando ad accendere la luce nel centrodestra di Sora. E far capire che la differenza si fa costruendo e non demolendo. Perché il problema di Forza Italia e del centrodestra a Sora è quello di mettere in campo, in prospettiva, non soltanto un candidato a sindaco, non soltanto una lista. E non soltanto dei potenziali consiglieri, ma una politica di idee di programmi e di confronto.
Alberto la Rocca non si candiderà a sindaco. A Claudio Fazzone ha proposto di costruire un ponte tra Forza Italia e gli altri Partiti del centrodestra. Che ad oggi sono divisi.
Così il costruttore, già presidente di Ance, l’associazione dei Costruttori Edili, ha incontrato nei giorni scorsi il commissario di FI Vittorio Di Carlo di fronte ad un abbondante vassoio di abbacchio. (leggi qui Un abbacchio, due incontri, tre divisioni).
Poi nelle ore scorse, dicono fonti romane di FdI che hanno preteso di essere informata ad ogni passo, La Rocca si è sentito con Massimiliano Bruni.
La distanze non sono insormontabili. Un avvicinamento c’è stato. Presto per dire se culminerà in un centrodestra unitario o meno, alle prossime elezioni Comunali. Ma intanto, per la prima volta, a Sora si tenta di ragionare come squadra. Mettendo sul tavolo la città, le Provinciali, le Regionali, le Politiche. Perché – ha spiegato La Rocca ai suoi interlocutori – Cassino e Frosinone «sono diventate grandi quando sono riusciti a dividerci e noi non siamo stati capaci nemmeno di eleggere un consigliere provinciale. Senza unità Sora è condannata all’irrilevanza».
Calce e cesello.
FLOP
STEFANO BONACCINI
A questo punto viene da chiedersi se davvero il presidente dell’Emilia Romagna vuole provare a proporsi per la guida del Partito Democratico. Perché in Direzione Nazionale la sua posizione non è emersa e neppure è stata fatta emergere.
Nel gennaio scorso vinse le elezioni con il sostegno decisivo delle Sardine. Ma anche con la carta bianca totale che gli aveva dato Nicola Zingaretti. Non è una questione di riconoscenza ma di politica pura.
Un certo Matteo Renzi prima di prendersi il Pd aveva concorso e perso contro Pierluigi Bersani, accettando quindi di poter stare all’opposizione per un certo periodo. Se poi Bonaccini fa affidamento sui vari Dario Franceschini, Matteo Orfini, Luca Lotti, Giorgio Gori, allora farà bene a svegliarsi.
Perché alla resa dei conti nel Partito Democratico prevale sempre e comunque quell’impostazione governativa della quale lui stesso ha beneficiato.
Il ragazzo si farà, forse.
PAOLA VILLA
Doveva essere la donna della Provvidenza, quella che assestava la spallata definitiva al sistema dei Partiti che da sempre hanno governato Formia dal dopoguerra. E invece la sindaca rischia di essere l’esorcista che risveglierà dal sepolcro proprio il sistema dei Partiti.
La crisi di governo che si trova ad afrontare da alcuni giorni è solo l’ultima in ordine di tempo: in 27 mesi ben 6 assessori hanno lasciato la sua amministrazione. Più che una giunta civica sembra un governo sudamericano.
Impietoso il paragone con la vicina Gaeta dove è la politica tradizionale, pura e ‘becera’ a gestire: in pochi anni, l’amministrazione di Cosimino Miutano ha reso centrale la città in tutto il golfo.
Il caso di Paola Villa non è da attribuire all’inesperienza o all’incapacità della professoressa. Tutt’altro. Lei ce la sta mettendo tutta per scardinare il vecchio sistema. Ma è proprio questo ad emergere: che senza il vecchio sistema le città, le Province, le Regioni, il Paese, non si governano.
E’ la politica ad avere ricostruito l’Italia quando era in macerie, è il civismo a non farla funzionare oggi. Vale tanto per Formia come per il Paese.
Non è il fallimento di Paola Villa, ma Formia è la cartina di tornasole del fallimento del Civismo.
Totem in bilico sulla rupe.