I protagonisti del giorno. Top e Flop del 8 ottobre 2020

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

GIOVANNI TURRIZIANI

È lui che ha convinto Marcello Pigliacelli a tornare in campo quando ormai da oltre due mesi aveva deciso di non giocarsi la partita. Facendolo candidare alla presidenza della nuova Camera di Commercio del Basso Lazio, nata dalla fusione di quelle di Frosinone e Latina, costituendo un colosso che è l’ottavo in Italia per peso economico. (leggi qui Pigliacelli: “Obbedisco!”. Torna in corsa per la Camera di Commercio)

Giovanni Turriziani

Giovanni Turriziani in questa partita ha dimostrato gioco di squadra e spirito associativo. Perché ad un certo punto dell’asseemblea convocata per l’elezione del presidente, ha concordato con lo stesso Pigliacelli di optare per la scheda bianca nelle prime due votazioni, vista l’assenza di ben 14 consiglieri su 33.

Non si sarebbe raggiunto il quorum dei 22 in ogni caso, però era fondamentale far costituire il Consiglio con la presenza di metà più uno degli aventi diritto (Leggi qui Super Camera di Commercio: il Covid frena il presidente).

Ecco perché si è optato per la scheda bianca, nonostante si sapesse che non avrebbe portato all’elezione del presidente.

A questo punto tutto si deciderà alla terza votazione, con la maggioranza semplice. E allora si capirà se la strategia di Unindustria sarà vincente oppure no.

Giovanni Turriziani la sua parte già l’ha fatta, perché ha rimesso in corsa l’associazione di categoria in una partita che sembrava già chiusa. Il che testimonia come l’ex numero 1 di Unindustria Frosinone sia già perfettamente entrato nel nuovo ruolo di vice presidente regionale. Ed è evidente a tutti che non intende fermarsi qui.

L’industriale camerlengo.

ALESSIO D’AMATO

Inutile nascondere la realtà. La curva dei contagi nel Lazio sta salendo con numeri che sono tornati a quelli di marzo. Si moltiplicano i focolai di Covid-19 e perfino i cluster, specialmente in provincia di Latina. Oltre che naturalmente a Roma. Ma l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato non arretra di un centimetro e continua e metterci la faccia come sta facendo dal primo giorno della prima ondata.

ALESSIO D’AMATO. FOTO © SARA MINELLI / IMAGOECONOMICA

Non ha cantato vittoria quando nei mesi scorsi i numeri si erano abbassati e spesso in vari territori avevano toccato lo zero, raggiungendo lo status di covid free zone. Non si fascia la testa adesso che siamo chiaramente nella seconda ondata.

Dimostra ancora una volta di saper tenere il ruolo più delicato con una grande capacità nervosa e abilità organizzativa. Inoltre nel marasma di indiscrezioni per il futuro riguardante la Regione Lazio appare fin troppo evidente una cosa. Che a questo punto è proprio l’assessore alla Sanità quello che meglio di altri potrebbe interpretare la continuità dell’amministrazione Zingaretti. E con gli scenari che si stanno aprendo questo fattore non è affatto trascurabile.

Mastino in camice bianco

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Neppure una parola sulla presa di posizione di Nicola Zingaretti. Quella della ‘fatica del doppio ruolo’ che era rivolta anche a lui. Il premier infatti fa gioco di sponda con l’ala ipergovernativa del Pd anche per bloccare un eventuale ingresso di Nicola Zingaretti nel Governo. (Leggi qui Il bersaglio di Zingaretti dietro alla frase sulla fatica per il doppio ruolo).

Giuseppe Conte

Ma in questo modo dimostra ancora una volta che la sua unica forza è quella di tenere un profilo basso. In questa situazione però potrebbe non bastare perché si stanno muovendo troppe cose.

Intanto non ha più il sostegno incondizionato del Movimento 5 stelle. In secondo luogo nel Partito Democratico Nicola Zingaretti non ha alcuna intenzione di tirare a campare. In altre parole nel caso di una crisi di Governo l’alternativa non sarebbero più né le elezioni anticipate né un rimpasto. Ma soltanto il cambio del premier.

E Zingaretti ha detto di non avere alcuna intenzione di fare il ministro. Non di non voler fare il premier.

Raso terra.

GIULIO MASTROBATTISTA

In politica ci sta tutto: dal gioco su tre tavoli nello stesso momento, alla bugia strategica, fino al triplo e anche quadruplo salto mortale. Perché, inutile nasconderlo, la politica è l’arte del possibile. E a volte perfino dell’impossibile, ma mai dell’improbabile.

C’è un limite, che ciascuno fissa dove meglio ritiene. Giulio Mastrobattista, candidato sindaco sconfitto al primo turno nelle comunali di Fondi, ha messo quel confine in una posizione molto rischiosa: la credibilità politica sua, del suo Partito (fratelli d’Italia), della categoria tutta.

Giulio Mastrobattista

Prima che Fondi andasse alle urne aveva stretto la mano a Luigi Parisella, già sindaco e ora tornato in campo con i canini avvelenati verso il suo ex mentore Claudio Fazzone. Perché anni addietro, con Berlusconi a palazzo Chigi e Bobo Maroni al Viminale, ricevette la richiesta di scioglimento d’autorità del Consiglio per ‘infiltrazioni mafiose’. Lui si arroccò, sicuro di essere nel Giusto. Fazzone evitò rischi e fece dimettere i consiglieri determinando il ritorno alle urne. Ed evitando possibili interventi del Ministro.

Parisella non gliel’ha perdonata. E per questo gli elettori ora hanno visto Parisella come la vera alternativa a Fazzone ed il suo candidato sindaco Beniamino Maschietto. Preferendolo a Mastrobattista

Tra Parisella e Mastrobattista c’era stata una stretta di mano. Chi non arriva al ballottaggio, sostiene l’altro. (Leggi qui A Terracina e Fondi è Giunta l’ora… di fare due conti).

Ma i voti di Mastrobattsita a Parisella non si sono visti. E lui glielo ha detto in faccia.

L’altro non ha negato. Non solo. ha confermato di non avere tenuto fede al patto. Tutt’altro, ha fatto votare «molto volentieri Maschietto al ballottaggio. L’ho fatto per una valenza squisitamente politica. Io sono di Fratelli d’Italia. E in quanto tale, avevo l’obbligo politico di far affermare il candidato sindaco appoggiato da altri due alleati dello schieramento. Vale a dire Forza Italia e Lega».

Legittimo. E anche politicamente sensato. Ma così facendo rischia di far perdere agli elettori quel briciolo di fiducia nella credibilità che ancora hanno verso gli impegni assunti dai politici.

Machiavellico ma forse troppo.