Il dicembre di Meloni e Salvini, tra nazisti dell’Illinois e piccoli sgarri

Due leader uniti dalle istituzioni ma divisi dalla politica, e pronti a restare amici ma senza dimenticare che non lo sono più

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Lo spartiacque definitivo è stato Firenze. Lì, tra parabole su Davide e Golia e trip olandesi, il Carroccio ha dato avvio alla sua campagna elettorale per le Europee e lo ha fatto all’insegna dei nomi più rappresentativi della destra di muso duro. Si va da Marine Lepen o dal suo vice Jordan Bardella fino all’olandese Geert Wilders, che ha vinto le elezioni. E che è in annali per quel suo “neanche un cent all’Italia” proprio sul Pnrr che oggi permette a Matteo Salvini di fare il bullo pontiere alle Infrastrutture.

Insomma, la crème de la crème dell’Id-Ue è giunta a dare man forte ad un leader politico che è sì alleato ed amico di Giorgia Meloni, ma non fesso. Non al punto almeno da non capire che per il voto Ue o ci si sgancia in punto di identitarismo o saranno badilate sul grugno, forti. E per il Segretario, non tanto per il Partito. Che è radicato su un secondo livello, che da Salvini ormai può prescindere benissimo.

I rapporti tra due leader e il timing Ue

Matteo Salvini a Firenze

Un dicembre, questo già quasi al giro di boa, che pone dunque la questione dei rapporti tra premier di Fdi e vicepremier leghista come non mai. Perché il timing per la ricerca del consenso ormai stringe. E perché i due saranno pure amiconi, ma un po’ come quei pendolari che per 200 giorni l’anno condividono lo stesso treno (ops, altro tema sensibile).

E che si raccontano di coniugi ma non di amanti. Sul Mes l’attendismo della premier sembra un assist al Capitano che il Mes lo odia ma è fuffa. Fa fede e resterà negli annali la battuta di un parlamentare di Forza Italia sulla recente kermesse gigliata di Salvini.

La battuta dell’anno è forzista

Un piccolo capolavoro che attinge al meglio del meglio di The Blues Brothers. Ha detto costui alludendo a quelli invitati da Salvini a Firenze: “Mancano solo i nazisti dell’Illinois” e birba con annesso ritiro del certificato elettorale a chi avesse bisogno di googolare per capirla.

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni si è poi cimentata in un’altra partita che non ha visto svettare la cupola del Brunelleschi, ma quelle moresche di Dubai. La premier, che ormai tollera il suo vice come una micosi ma non lo fa vedere, ad inizio mese è calata nell’arena Cop 28. Il sunto è che i due ormai arrivano a tutti gli appuntamenti in calendario in un clima che giocoforza occhieggia ad un forzoso “volemose bene”, ma è roba che non regge, si vede e si sa. Anche perché gli appuntamenti ormai sono a doppio binario: quelli istituzionali in cui il collante è un obbligo e quelli politici dove è un urticante optional.

Il paradigma Cassino, specchio dei tempi

Fabio Tagliaferri

Un po’ come a Cassino, dove Fratelli d’Italia e la Lega se le stanno dando in maniera molto più franca sul candidato sindaco che dovrà provare a battere Enzo Salera. Il commissario Fabio Tagliaferri sta spulciando petali dal fiore dei papabili con pedigree identitario. Ma il Carroccio non ci vuole stare ad appoggiare un progetto che a parere dei suoi esponenti poggia (anche) sulla promiscuità dimostrata in zona Saf fra i fratelli di Massimo Ruspandini e i dem di Sara Battisti per mettere un altro Fabio al vertice, De Angelis.

Tuttavia se a Cassino si gioca di distinguo e si va netti in contrapposizione, a Roma si va in falso comparaggio e le sfumature le devono cogliere i giornalisti. Perché sì, Meloni e Salvini sono “ancora amici” anche al netto di cose numerose ed evidenti. E continuamente alimentate, peraltro. Il Capitano ad esempio da almeno tre mesi adotta una tattica che nelle sue intenzioni dovrebbe essere dissimulatoria.

Simone Canettieri l’aveva già messa a silloge meravigliosamente su Il Foglio. Così: “La comunicazione leghista segue sempre lo stesso schema: quando Salvini non può parlare, ma gli prude la lingua, lo fanno per lui i capigruppo”.

Gli arieti del Carroccio: Crippa e Romeo

Sante De Angelis, Roberto Vannacci e Carlo Marino

Di solito l’incombenza di sciorinare benevoli cazziatoni agli alleati tocca al vice Andrea Crippa, ma ci sono variabili accettate. Come quella di Massimiliano Romeo, ad esempio, che ad esempio sul caso Lollobrigida non le aveva mandate a dire. E aveva detto (fatto sapere per conto terzi) che la cappellata di “Lollo” sul Freccia Rossa a Ciampino era “una cosa che si poteva evitare”. E la contromossa della premier?

Attivare Guido Crosetto per offrire al generale Vannacci, sogno non tanto proibito proprio di Crippa, un ruolo in E.I. di prestigio assoluto. E disinnescarlo così dalla casella di uomo-totem della Lega alle Europee in circoscrizione Italia Centrale. Cioè dove invece Mario Abbruzzese spera di fare il vagone di prima classe a traino di un locomotore brutalmente veloce. Insomma, lotta e ring sono interni e fanno fede anche gli emendamenti del Carroccio alla manovra, come sempre terminale, che hanno fatto capolino giusto il tempo per lanciare un messaggio. Quelli e lo stesso Salvini.

Che è vicepremier ma soprattutto ministro investito dall’onda d’urto del caso-Lollo e di tanti altri nodi. E che però , pur essendo totem mondiale di loquacità e mimica, sullo stesso è stato più muto di un cavaliere di San Lazzaro di fronte alle truppe di Saladino. (Erano lebbrosi come Re Baldovino IV e combattevano senza elmo e senza urla per spaventare i nemici, come spettri ieratici).

Natale tra congressi, Gabbiani e Pnrr

Elon Musk

Che dicembre sarà per i due, anche a contare che Fratelli d’Italia sta per dare start alla 4 giorni di Atreju con special-guest di Vox e perfino con un Mister X del calibro di Elon Musk? Neanche le belle notizie sul fronte Pnrr sembrano averli riavvicinati e il solo che un po’ ride, un po’ tira un sospirone di sollievo pare essere Raffaele Fitto, che oggi le cambiali le incassa invece di firmarle.

Tuttavia sul resto del fronte non ci sono baci tra truppe. Lo struscio di Meloni ai social democratici tedeschi per barattare un Patto di Stabilità meno greve sarà stato pure un atto di politica “alta e necessaria”, ma di fatto è una piega in chiave di voto europeo. E Salvini lo sa benissimo. Lo sa tanto bene che la mission adesso è quella di tarantolare i sogni dell’Ecr.

Il messaggio è chiaro: la formazione d’area ha una presidente che gioca sui tavoli sbagliati e per un fine che non è poi così giusto. E Meloni? Per ora “abbozza”, come dicono dalle sue parti.

Arianna Meloni alle spalle della sorella Giorgia (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Abbozza e tesse trame la cui utilità da un po’ paiono vedere solo lei, la sorella Arianna, la segretaria Patrizia Scurti, Giovan Battista Fazzolari ed un pattuglione risicato ma mordace di giannizzeri in Parlamento.

Al momento a lei basta arrivare a Natale, quando Ecofin chiuderà la pratica ancora da fumata grigia sul Patto di Stabilità.

E chiudere quella che riferendo alla Camera ha definito “una partita ancora aperta”. Poi, magari con un contratto meno capestro in mano, lei lancerà la sua controffensiva. Interna.