Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore
TOP
FRANCESCO BORGOMEO
È arrivato in provincia di Frosinone tra mille diffidenze: era l’uomo che parlava di ceneri che potevano essere messe nell’impasto per fare le ceramiche. Chi aveva fatto prima di lui quei ragionamenti poi si era scoperto che non aveva belle frequentazioni e nemmeno intenzioni industriali sane. Francesco Borgomeo invece, filosofo per formazione, risanatore di aziende per professione, allievo del professor De Rita ed amico del professor Prodi, in Ciociaria le buone intenzioni le ha portate tutte. E ci ha pure lastricato una via fatta di sampietrini, sulla quale ha salvato 500 posti di lavoro tra Anagni e Roccasecca.
L’industria sta cambiando. L’Automotive è ad una svolta, come aveva profetizzato Marchionne: nel mondo resteranno solo 4 o 5 player. Lo ha capito anche Unindustria, la potentissima associazione che unisce gli industriali del Lazio. Che ha scelto, per la prima volta, di mettere a capo della sezione Cassino-Gaeta un imprenditore che non operasse nel ramo automobilistico. Proprio Francesco Borgomeo. (Leggi qui Unindustria, Borgomeo al timone del cambiamento).
È chiarissimo che una nomina del genere abbia avuto il via libera di gente come Maurizio Stirpe ed Angelo Camilli, a dimostrazione di come Francesco Borgomeo abbia saputo scavare in questi anni la dimensione dell’autorevolezza e della rappresentanza.
È stato quello che ha avuto il coraggio di alzare la voce e denunciare gli appetiti delle mafie sull’economia nascente in provincia e legata all’economia circolare. L’unico che abbia avuto il coraggio di chiedere più controlli dello Stato sulle aziende di questo comparto per impedire che i clan possano comprarle.
Scegliendo Borgomeo Unindustria punta la prua verso le nuove frontiere industriali che passano per l’economia circolare, il green. E punta su uomini capaci di alzare la voce e fare una proposta industriale in grado di tenere a bada anche gli interessi criminali.
Il futuro è adesso.
ALESSIO D’AMATO
Ancora una volta Rt, cioè l’indice di contagiosità di questa pandemia nel Lazio è sotto quota 1, precisamente a 0,8. Vuol dire che una persona contagiata non riesce ad infettarne un’altra. Ma ormai la considerazione da fare è un’altra ed è più globale: perché questa regione non soltanto è stata inserita in fascia gialla all’inizio ma ha saputo mantenere questa dimensione. Non era affatto scontato.
C’è riuscita grazie ad alcune misure adottate nell’indifferenza generale, prima fra tutte l’obbligo della mascherina anche all’aperto. Quando ancora la seconda ondata di Covid non era neppure arrivata.
In questo particolare momento, nel Lazio stanno funzionando benissimo le Uscar, cioè quelle unità che sul territorio vanno a controllare preventivamente le rsa, le Case di Riposo e tutte quelle situazioni ad altissimo rischio.
Soprattutto però sta funzionando quel cordone invisibile ma efficace del tracciamento negli aeroporti nei porti e nelle stazioni ferroviarie. Considerando che in questa regione c’è sempre una capitale che si chiama Roma ed è abitata da 3,5 milioni di abitanti. Inoltre l’impostazione dei Covid Hospital e del continuo aumento di posti letto sta caratterizzando non soltanto Roma ma anche le altre 4 province.
Se Nicola Zingaretti è il leader politico, Alessio D’Amato rappresenta la mente ed il braccio operativo della resistenza al virus.
Il mediano con testa e polmoni (senza virus).
FLOP
MELONI – SALVINI
Per mesi hanno ripetuto che la pandemia non poteva significare disco verde ai documenti economici del Governo. Oggi invece il centrodestra compatto ha votato Si allo scostamento di bilancio. Tutto il centrodestra, non soltanto Forza Italia di Silvio Berlusconi, che per la verità aveva sempre detto che sarebbe stato questo l’approdo finale.
Hanno votato si anche la Lega di Matteo Salvini e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Il perché è chiarissimo: si sono dovuti arrendere a Sua Emittenza Silvio Berlusconi. Se non lo avessero fatto avrebbero condannato tutto il centrodestra ad anni ed anni di opposizione, visto che in tutti i Paesi occidentali non esistono forze conservatrici e liberali che si limitano a votare contro in tempi di pandemia.
Il voto di oggi sullo scostamento di bilancio dà ragione a chi come Silvio Berlusconi e Antonio Tajani ripete che il centrodestra deve fornire un progetto alternativo di Paese, assumendosi delle responsabilità.
Ormai è evidente che nel prossimo futuro Forza Italia, anche con il 7%, pesa di più del 40% del capitano e di Giorgia Meloni, così come avvenne anni addietro per il suo amico Bettino Craxi che una percentuale minima teneva le redini del pentapartito.
A questo punto però sia Giorgia Meloni che Matteo Salvini dovranno spiegare a colonnelli, capitani e furieri, come si fa a conciliare l’opposizione assoluta a Pd e 5 Stelle con il semaforo verde allo scostamento di bilancio. Perché non è possibile tenere insieme lo spirito sovranista con la visione di moderni conservatori.
Smarriti nel bosco azzurro.
ROBERTO DE DONATIS
Era una bella creatura politica, senza molta forma ma prometteva di esprimere tanta sostanza. La Piattaforma Civica inventata 5 anni fa da Roberto De Donatis aveva messo insieme gli esponenti di centrosinistra e centrodestra, dopo avergli fatto ammainare il simbolo. Come forma politica, un obbrobrio, infatti ha vissuto 5 anni di frizioni e fughe in avanti ed indietro. Come sostanza, se c’è stata lo diranno gli elettori tra qualche mese. Ma il dato certo è che la creatura si è ribellata al suo creatore.
E’ accaduto nelle ore scorse, durante la riunione di Giunta che a Sora doveva procedere con gli adempimenti sul Bilancio. Il sindaco Roberto De Donatis all’ultimo istante ha fatto inserire 5 punti all’ordine del giorno. Suscitando la ribellione dei suoi assessori, chiamati a votare argomenti senza avere avuto il tempo di esaminare le carte. (Leggi qui La Giunta mette il sindaco alle strette sulle indennità).
A chi ha provato a contestare ha detto (nella sostanza, non in modo letterale) «te la vedi tu con i dipendenti quando non riceveranno l’indennità a causa del nostro mancato voto».
Alla fine il voto è arrivato. Ma non l’unità politica. Tutt’altro. Il sindaco e la sua maggioranza ormai sembrano viaggiare su infinite strade diverse. La sua ambizione è quella di lasciarli correre e quando si accorgeranno che le loro strade non li portano ad aggregarsi in maniera efficace, farsi di nuovo avanti per fare da federatore in una Piattafirma Civica 2.0.
Ma le premesse non sono quelle di 5 anni fa. E se il collante deve essere una pratica portata all’ultimo istante, significa che il mastice politico è finito. La ribellione significa che gli assessori si sono stancati di fare la pezza.
Verso la zattera civica.