Andrea Renna, il jolly che tutti volevano tra le carte

Dagli esordi come fotoreporter a Il Tempo per passare alla Coldiretti di Gaibisso, fino al training con Scalia passando per la Camera di Commercio di Annunziata. Per poi approdare alla Bonifica del Lazio e portare il nuovo vento green che ha superato l'idea dei vecchi carrozzoni. Parlando in modo comprensibile sia dal politico che dal tecnico. Il linguaggio che gli insegnò papà Luciano.

È stato l’asso nella manica per molti presidenti. Da quello della Camera di Commercio a quello della Provincia di Frosinone. Dalla Regione Lazio (in Assessorato) fino alla Coldiretti. Per approdare infine all’Associazione Nazionale delle Bonifiche Italiane. Meglio ancora del celebre Mister Wolf nel capolavoro di Quentin Tarantino Pulp Fiction. Il personaggio del film è stato reso immortale dalla battuta dell’attore Harvey KeitelSono il signor Wolf, risolvo problemi”. Invece Andrea Renna i problemi li anticipa e li disinnesca.

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Il suo è un percorso cominciato con i calzoni corti: sviluppando le fotografie in bianco e nero della redazione di Frosinone de Il Tempo.
da sinistra: Luciano Renna, Gianluca De Luca, Enzo Salines, Giulio Celletti, Raffaele Maietta, Umberto Celani: i maestri del giornalismo in Ciociaria negli Anni 70

«Assolutamente si. Ed è un motivo di orgoglio l’averlo fatto per circa 15 anni riuscendo nello stesso tempo anche a terminare gli studi: una cosa di cui vado fiero. L’attività di fotoreporter di Cronaca mi ha spalancato la finestra su un mondo che altrimenti non avrei compreso: mi ha premesso di sviluppare un modo di comprendere in fretta le cose, sintetizzarle in un solo scatto, realizzarlo. E tutto in pochi secondi. Tutto questo seguendo le orme di un grande papà come Luciano Renna».

Che cosa le ha insegnato la camera oscura?

«Che bisogna saper aspettare e saper decidere il momento giusto. Difficilmente c’è una seconda occasione. La foto o la fai in quel preciso istante oppure non sarà mai la stessa. Allo stesso modo nella Camera Oscura dove si sviluppava la pellicola in bianco e nero miscelando gli acidi ed i fissativi: mezzo misurino in più faceva la differenza tra un grande scatto ed una foto bruciata. Ho avuto la possibilità di imparare grazie a nomi come Tonino Casinelli, Edoardo e Lino Palmesi. A gente del mestiere infinito, capace di sviluppare le foto tenendo la sigaretta accesa: senza avere paura che quella luce potesse mandargli all’aria il lavoro. Tenere qualche secondo in più un negativo o avere una fonte di luce piccola come una sigaretta accesa significava non fare uscire le foto sul giornale. Oggi la tecnologia aiuta molto. Qui stiamo parlando del 1987/’88».

Arriva il primo di tanti bivi incontrati nella vita: o il fotoreporter o l’impiegato in Coldiretti. Alla corte di un pezzo della storia politica nazionale chiamato Gerardo Gaibisso.
GERARDO GAIBISSO

«Gerardo Gaibisso allora era ispettore confederale. Era un ruolo importante a livello nazionale. Insieme ad altri ragazzi, fra cui ricordo il compianto Gianni Lisi, fui chiamato nella sede di Frosinone. C’era da organizzare la campagna per le Europee del 1990. Al termine, in quella tornata il più votato fu Giulio Andreotti, seguito da Arnaldo Forlani e il terzo fu proprio Gerardo Gaibisso. Ci riuscimmo senza tecnologia. Alle 5.30 della mattina eravamo pronti a partire. Io ero alla mia prima esperienza con la politica: mi ha formato molto. Dalla fotografia si passò infatti anche un po’ allo scrivere e a saper coordinare un lavoro. Il tutto, stando attentissimi a non sprecare: ricordo che realizzammo a Tele Universo assieme al compianto Peppe Magnapera lo spot che poi venne distribuito a tutte le tv del centro Italia e risparmiando parecchi milioni di lire».

Coldiretti era un’organizzazione agricola ed allo stesso tempo una poderosa macchina del consenso, proprio grazie a Gaibisso. (leggi qui È morto Gerardo Gaibisso, il democristiano scomodo)
Renna con Gianni Lisi

«Io ho enunciato la classifica dei primi tre proprio per questo. Per spiegare come in quel momento storico l’organizzazione agricola che mi onoro di aver diretto garantisse una lobby di senatori e deputati significativa. In quel momento storico prendere la terza posizione nella graduatoria degli eletti nella DC non era né facile né scontato».

Quanto era diversa la politica di quell’epoca da quella di oggi?

«Sostanzialmente molto. Non c’era la tecnologia di oggi e c’erano persone di carisma che lavoravano sulla possibilità di caricare le folle. E di caricare le azioni con i connotati di un programma. Poi c’era quella che secondo me rimane anche oggi una delle ricette vincenti. E cioè non trascurare i particolari ed essere vicini a tutte le realtà del territorio senza escluderne nessuna».

Renna, Andreotti e Scalia
Però c’è stata anche una vita di mezzo. Tra l’epoca degli Andreotti, Forlani e Gaibisso e quella evanescente di oggi c’è stata anche un’altra generazione. Quella degli Scalia. Ogni volta Andrea Renna si è ritrovato al suo fianco come capo segretaria o responsabile delle comunicazioni. Com’era Francesco Scalia?

«Un’ottima persona ed un ottimo professionista. Come politico secondo me è uno di quelli che è riuscito con pragmatismo e volontà ad anticipare i fatti. Con fiuto e lungimiranza». (leggi qui Francesco Scalia, quello che 20 anni fa realizzava i sogni di oggi. E oggi non sogna più).

Noi abbiamo conosciuto lo Scalia pubblico. Visto da dietro le quinte com’era?

«Credo lo stesso di quello che appare. Anche questo è un vantaggio. La naturalezza cioè di come appari, e di come riesci a farlo sia in attività pubblica che privata».

Secondo lei perché Scalia ha lasciato la politica?

«Perché ha ritenuto che un ciclo si fosse concluso ed è tornato il professore universitario e l’avvocato di fama nazionale».

In genere si torna alle origini quando si è rimasti delusi.

«Se così fosse ne avrebbe buone ragioni: Scalia ha dato tantissimo alla politica».

Il rapporto con Scalia è un altro bivio della sua vita professionale: viene chiamato a coordinare la comunicazione del neo eletto presidente mentre si trova a svolgere quella stessa mansione nella Camera di Commercio appena riformata.
Andrea Renna con l’allora presidente della Camera di Commercio Luigi Annunziata

«Mi piace ricordare Luigi Annunziata che pure scommise sul sottoscritto. Annunziata ha condotto nella riforma la Camera di Commercio appena rinnovata dalla legge 580/93. Per ironia del destino, circa 27 anni dopo quell’esperienza oggi mi trovo ad affrontare da direttore quella stessa esigenza nei Consorzi di Bonifica. Prima la Camera di Commercio era intesa come ente che emetteva un ruolo e non raccontava ciò che faceva per il territorio. E di cose ne faceva tante. Con Annunziata iniziammo un percorso che poi si è sviluppato ulteriormente fino ad oggi. Percorso che ha permesso all’ente camerale di diventare perno delle attività decisionali ed economiche di questo territorio».

Altro bivio: dopo quello a Il Tempo, la carriera in Coldiretti, l’esperienza in Camera di Commercio con Annunziata, la lunga parentesi con Scalia presidente in Provincia e assessore in Regione, arriva il momento di un’altra scelta. Lascia Coldiretti dove ormai era pronto al salto a direttore Regionale dopo avere guidato sedi provinciali importanti come Roma e Viterbo e come Grosseto. Capisce che il ruolo dei Consorzi di Bonifica sta cambiando. Prima venivano considerati dei carrozzoni. Oggi se io le dicessi ‘direttore fa caldo’ lei mi darebbe una risposta sensata. Che cioè il clima sta cambiando. (Leggi qui Gargano, la mia battaglia contro il deserto per evitare che raggiunga il Lazio).

«Il clima è cambiato e purtroppo in peggio. Nel senso che ci sono effetti tropicali anche da noi. Si passa da temperature e periodi di siccità, momenti in cui si farebbero le macumbe per avere un po’ d’acqua a momenti in cui ne arriva troppa. Questo crea problemi su un tessuto idrogeologico che oggi non risponde più a questo carico. La sfida che oggi i Consorzi di Bonifica si sono data è quella di puntare su una cultura della prevenzione e non più solo su quella dell’ex emergenza».

Cosa ha pensato quando l’hanno chiamata e le hanno chiesto di fare il direttore dei Consorzi di Bonifica del Lazio, dandole come mission quella di tutelare il clima e difendere il suolo? Li ha presi per matti?
Andrea Renna e Massimo Gargano (direttore Anbi nazionale)

«No, però credo che nel contesto delle bonifiche che seguo da due anni, prima come direttore di Roma poi del Lazio insistano ottime persone. Partendo dagli operai, che sono quelli che lavorano in silenzio. Sono loro che garantiscono, di certo con margine di miglioramento, sicurezza idrogeologica ed irrigazione. Questo per la produzione agricola che genera i prodotti del Made in Lazio. Parliamo di eccellenze che noi cerchiamo non solo di consumare, acquistare e regalare, ma anche di garantire».

E’ vero che se sbagliate a fare i calcoli sull’acqua poi non si riesce a garantire la produzione?

«Bisogna tenere presente sia l’aspetto dell’irrigazione che quello della salvaguardia idrogeologica. Quando lo fai vicino a degli aeroporti come Fiumicino bisogna stare attenti. Perché esistono dei canali che ancora sono ibridi. Canali che garantiscono da un lato l’importanza di irrigare i prodotti agricoli e dall’altro se poi sono troppo carichi di acqua quando piove forte possono creare problemi. Soprattutto in un tessuto come l’area prospiciente la Capitale che purtroppo è sotto il livello del mare».

Il suo direttore nazionale Massimo Gargano, per dare l’idea del vostro compito disse una cosa. Che se non funzionano le idrovore a Fiumicino non atterrano gli a Roma. E’ così?
FOTO © IMAGOECONOMICA / CARLO LANNUTTI

«E’ la verità. Purtroppo su questo manca anche una parte di comunicazione che possa aiutare a comprendere. Perché si dà per scontato guardando le piste dell’aeroporto, si intuisce che è sotto il livello del mare. Se non ci fossero le idrovore, che sono di fine ‘800 assieme ad altre più moderne non si potrebbe garantire decollo e atterraggio dei voli. Questo da Fiumicino a Ciampino ma anche per quelli militari a Pratica di Mare».

Insieme al suo direttore nazionale Massimo Gargano state promuovendo una campagna di modernizzazione delle infrastrutture, per sprecare meno acqua possibile

«Stiamo cercando di lavorare in questo senso. Anche con la sede centrale del direttore Gargano e del presidente Vincenzi. Da Governo e Regione sembra che stiano arrivando le prime risposte importanti, tramite i fondi legati alla progettualità. Oggi servono progetti esecutivi. È il presupposto chiesto dall’Unione Europea. Il Green Deal reclama progetti esecutivi, pronti ad essere finanziati».

Gli altri direttori erano più di profilo tecnico. Renna invece l’hanno chiamato proprio per il profilo politico. Invece di andare a parlare di idraulica lei va a parlare con la politica. E lo fa dicendo “dobbiamo realizzare questi progetti, fare i canali, fare irrigazione diversa”.

«Siamo tutti uniti da una stessa necessità. Quella di non sprecare l’acqua. Poi dalla necessità di fare una progettualità anche legata agli invasi, che possono essere importanti quando l’acqua manca. Io però credo che la fase politica debba avere un unico obiettivo. E cioè quello di salvaguardare il territorio da un punto di vista ambientale e idrogeologico. Questo, lasciando stare bandiere ed eventuali ‘casacche».

Albino Ruberti Foto © Paolo Cerroni / Imagoeconomica
Quanto è stato difficile dialogare con la Regione Lazio?

«In Regione Lazio sono stato facilitato da due elementi. Il primo: avendo fatto il capo segreteria ai tempi dell’assessorato Scalia conoscevo da allora l’ambiente ed è stato più facile orientarmi. Il secondo e più importante: in Regione Lazio ho incontrato una persona di rara sensibilità che risponde al nome del dottor Albino Ruberti, capo di Gabinetto del presidente Zingaretti. Il dottor Ruberti ha mostrato una competenza ed una prontezza nel comprendere il problema che non è davvero comune. Con altrettanta rapidità ha individuato le possibili soluzioni legislative e giuridiche. Senza volermi sostituire alla politica, mi permetto di rilevare che il dottor Ruberti Sarebbe uno straordinario sindaco di Roma».

In alcuni territori si sono accorti della vostra presenza perché sono iniziate ad arrivare le cartelle della Bonifica da pagare.

«Significa che abbiamo lavorato così bene da evitare allagamenti e tracimazioni in quelle aree, al punto che nessuno ha avvertito la necessità della nostra presenza. Diciamo che quando lavoriamo bene diventiamo invisibili: di noi ci si accorge quando le cose non funzionano e le strade si allagano. Per quanto ruguarda le famigerate cartelle: magari in alcuni territori non si era abituati a riceverle. Mentre non è successo con le strutture più a nord, Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Piemonte. Io credo che la salvaguardia ideologica interessi tutti noi, a prescindere dal fatto che si abiti vicino ad un canale o ad una zona definita R4, cioè a rischio massimo».

Sonia Ricci © Imagoeconomica / Daniele Stefanini
Da pochi mesi al fianco di Andrea Renna c’è come presidente un ex assessore regionale all’Agricoltura, Sonia Ricci. Quanto è ingombrante?

«La dottoressa Ricci ha avuto questa esperienza politica importante. Però ha anche un’attività imprenditoriale ancora più importante. Ce l’ha in una delle organizzazioni di produttori più significative, non solo regionali ma anche nazionali. Ha un ottimo rapporto con tutte le forze politiche e con le associazioni del territorio. Credo perciò che sia la persona giusta in questo momento per cercare anche di far comprendere in Regione a al di fuori quanto sia imporrante l’attività dei consorzi».

«Le altre Anbi, di tutte le altre regioni, sviluppano attività che noi stiamo facendo. Per esempio di fare delle piattaforme telematiche per fare gare. Attività questa che tra l’altro è un obbligo di legge».

«Noi le facciamo come Anbi e le mettiamo a disposizione di tutti i consorzi di bonifica del Lazio. Lo facciamo per le attività legislative ed altro. Ecco, questo dobbiamo fare: sistema. Forse negli anni addietro, magari per altre vicissitudini siamo stati manchevoli in questo: nel fare sistema per il territorio. Se si fa sistema, si ragiona e soprattutto si comunica ciò che si fa condividendolo, magari poi si determina un lavoro più importante e gravoso da fare. Tuttavia da un punto di vista dei risultati si colgono anche grandi opportunità. E sono opportunità che prima non c’erano».

Andrea Renna con Giulio Andreotti
Direttore Renna, lei cambia spesso mestiere perché si diverte di più in ognuno di questi o lo fa perché comunque dopo un po’ si annoia?

«Le sfide non mi spaventano, neanche da un punto di vista delle preoccupazioni che in esse hanno una percentuale significativa. Sono tutte attività svolte nel contesto di rapporti significativi. Forse anche questo un po’ aiuta. Non so quindi se ci sia un perché. Alla fine credo che il perché sia un valore che il sottoscritto non sviluppa. Io cerco solo di fare il più possibile».

Cosa le ha insegnato papà Luciano Renna?

«Tutto. Oggi manca più di allora, anche se proprio in questi giorni cadono ormai i 15 anni da che non c’è più. Lui mi ha insegnato tutto. Ad avere rispetto per gli altri, mi ha insegnato una professione, ad ascoltare tanto prima di parlare troppo. Inoltre credo che nel lavoro che faccio ho avuto la possibilità di lavorargli affianco anche in momenti particolari che si sono rivelati utili».