Quando cerchiamo la fede le diamo spesso un compito difficile e falso: quello di diventare soluzione ai nostri guai invece che strada per la nostra rinascita.
Pietro Alviti
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Andare a messa ma poi vivere di ipocrisia. E tirare sempre a fregare il prossimo facendosi scudo dell’osservanza delle liturgie. E’ lo spirito immondo da cui Gesù ci può liberare.
La pandemia è l’occasione per riscrivere le nostre priorità. E disegnare la mappa delle cose che hanno valore e non prezzo.
La logica del “che ci guadagno?”. Vale anche per i cristiani. Ma spesso non sappiamo vedere il vero vantaggio di scegliere Cristo: è quello di modellare i nostri comportamenti ai suoi. Per trovare casa e per trovare pace.
Seguire la luce è possibile e doveroso, soprattutto quando la via è illuminata da altro e non la distinguiamo. Perché a non seguirne la rotta come fecero i pastori ci si smarrisce negli abbagli.
Il rito del Capodanno è una convenzione. Ma può diventare non solo una questione formale, bensì il segno di un vero cambiamento: radicale, come lo fu quello di Paolo.
Perché ci facciamo gli auguri? È il segno della speranza. La strada da percorrere per salvare questo nostro mondo. Senza paure. Se Maria ne avesse avute e non si fosse fidata…
Sappiamo cosa dobbiamo fare ma non lo facciamo: è il peccato più grande. Invece di affrontare in maniera unita la pandemia ci scarichiamo dalla responsabilità e cerchiamo un colpevole: i cinesi, le multinazionali del farmaco, i laboratori…
È l’esempio del Battista che dovrebbe guidarci: preparare il terreno a chi è migliore di noi invece di usurparne gli spazi per acquistare un credito che non dà meriti.
La nuova traduzione liturgica “non ci abbandonare alla tentazione”. È l’immagine delle nostre debolezze. E delle nostre tentazioni quotidiane. Spinte dalla falsa consolazione del “tanto fanno tutti così”
Il Vangelo di Matteo al capitolo 25 ci illumina: inutile pregare in maniera pignola se poi non si è disposti a vivere il bene facendolo davvero. Solo chi aiuta è salvo.
Tenebre o luce? Siamo convinti di poter dominare la nostra vita. Ma il Covid ci ha ricordato che non è così. Andare oltre egoismi ed invidie: è il miracolo chiesto da Papa Francesco al Crocifisso di via del Corso
Deboli, distratti e fragili. Ecco perché chi di noi ha messo da parte l’olio dell’amore verso il prossimo ha una scorta sicura. Perché è ‘attrezzato’ a far luce e riconoscere Gesù.
Il Covid rischia di travolgerci. Eppure siamo costretti ad assistere ad un teatro indegno. Nel quale tutti stanno contro tutti. Pensando solo a sé stessi
Gli attentati in Francia ci smuovono l’animo e ci spingono a sfoderare la spada. Ma non è questa la via, e non è la spada che ci salverà. Perché solo chi testimonia amore è davvero salvo.
Valutare i segni, e saper riconoscere quelli che dalla paura ci conducono alla conoscenza. Perché la pandemia, come il tempo di domani, ci ha mandato messaggi che non abbiamo recepito. Ma siamo ancora in tempo.
Sta a noi decidere se accettare un invito o meno. Nulla ci viene imposto. Anche l’invito a lasciare arroganza e superbia di ogni giorno. Credendoci immortali.
La differenza fra quello che la coscienza ci suggerisce e quello che davvero facciamo puo’ distruggerci. Perché solo vivere il bene lascerà il segno su chi ci incontra.
Se ci facessimo le domande giuste scopriremmo che pensare agli altri, alla collettività, è un dono. E che attraverso la resilienza l’uomo puo’ sconfiggere i suoi stessi grandi egoismi.
Con la parabola del padrone della vigna scopriamo che il bene non è un ascensore per innalzarci all’attenzione del Creatore, ma un fine assoluto per essere persone migliori.