I protagonisti del giorno. Top e Flop del 4 novembre 2020

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

PIERPAOLA D’ALESSANDRO

In dieci mesi ha bruciato le tappe come mai nessuno prima. Direttore Amministrativo, poi Direttore Generale facente funzioni per un mese (quando il Dg e la sua vice si ammalarono di Covid contemporaneamente), quindi ancora Direttore Amministrativo. E adesso manager. Il presidente della Regione Nicola Zingaretti ha firmato il decreto di nomina, poche ore dopo il parere favorevole della Commissione Sanità. A dimostrazione che c’era una certa urgenza di chiudere la partita della guida dell’azienda sanitaria di Frosinone. (Leggi qui Asl, D’Alessandro è il DG: Zingaretti firma la nomina).

Pierpaola D’Alessandro

Questo significa due cose. La prima: che Pierpaola D’Alessandro si è sicuramente fatta apprezzare in Regione. E la seconda è che ha preparato bene il terreno anche alla Asl.

Proviene dall’Emilia Romagna e in passato ha lavorato con ruoli di responsabilità con Pierluigi Bersani. Leggenda vuole che sia stato lui a segnalarla a Francesco De Angelis, all’epoca potentissimo monarca nell’assessorato alle Attività Produttive sotto il Governo regionale di Piero Marrazzo. De Angelis la accolse più per disciplina che per convinzione. Scoprì che fu uno dei migliori affari portati a termine: affidandole la gestione dell’Internazionalizzazione, proiettò le aziende del Lazio su mercati che fino a quel momento erano solo mete per le vacanze. (Leggi qui (Leggi qui Pierpaola, il direttore chiamato per trasformare la Asl in una Ferrari).

Per i prossimi tre anni Pierpaola D’Alessandro sarà al timone di una delle Asl più complicate da gestire. Perché più delle altre ha pagato il prezzo delle Macroaree inventate per salvare i posti letto a Roma: invenzione del centrodestra di Renata Polverini. La Governatrice evitò di farsi antipatie a Roma facendo media tra i posti letto in eccesso nell’Urbe con quelli che mancavano a Frosinone. Risultato: a Roma nessun taglio ed in Ciociaria una sanità da Terzo Mondo.

Le è stato chiesto di lasciare il segno. Proiettando la Ciociaria nella Sanità che lei ha amministrato a Bologna: quella fatta di telemedicina e di medicina di territorio, con Pronto Soccorso riservati all’emergenza e gli ospedali limitati ai ricoveri. Altrove è la normalità, qui è fantascienza.

Non è venuta per smacchiare i giaguari in Ciociaria.

ROBERTO COCOZZA

Di lui le cronache si sono occupate soltanto il giorno in cui è stato nominato potentissimo Amministratore Delegato del ramo ciociaro di Acea: il colosso romano che gestisce Acqua e depurazione. Roberto Cocozza, catapultato in Ciociaria dai successi nella gestione di alcune aree strategiche romane, è stato mandato al timone di Acea Ato 5 per vedere se galleggiasse o affogasse: cioè se fosse un manager di talento o solo un tecnico ben preparato.

Roberto Cocozza

La prima scelta che ha dovuto affrontare appena arrivato a Frosinone è stata determinante: indossare la feluca e la diagonale, come un console alla periferia dell’impero. Oppure fare il manager che gestisce Frosinone come un’azienda identica a quella di Roma ma più in piccolo. Quel giorno, Roberto Cocozza ha scelto la seconda opzione.

Risultato: contenzioso che crolla, bollette impugnate che vengono chiarite nell’80% dei casi, satelliti utilizzati per dare la caccia alle perdite. Poi materiali più performanti, nuove tecniche utilizzate finora solo all’estero. (leggi qui Otuc: “Così abbiamo fatto ragionare Acea e tagliato le liti”).

Il primo passaggio alle forche caudine, dove vivere o morire dipende da un segno ‘più‘ o ‘meno‘ sui risultati che gli sono stati assegnati è a dicembre, con la chiusura dei conti. Lì sapremo se le perdite sono diminuite, se il contenzioso è sceso a livelli accettabili. E se la qualità del servizio è degna di una società di dimensioni europee.

Nel frattempo Roberto Cocozza si gode il primo risultato concreto: Otuc dice che oggi 8 casi su 10 di bollette contestate si risolvono. Fino a qualche tempo fa, sarebbe stata una follia il solo pensarlo.

Non fa acqua da tutte le parti.

FLOP

ENRICA SEGNERI

Si è distinta oggi per avere sostanzialmente escluso dalla chat alcuni militanti dei 5 Stelle di Cassino colpevoli di simpatizzare per Alessandro Di Battista. Una decisione paradossale che riporta le lancette indietro di anni. Cioè quando all’inizio i 5 Stelle espellevano parlamentari ed altri eletti che si permettevano di andare in televisione e rilasciare interviste.

In quasi tre anni di mandato parlamentare, esattamente come gli altri suoi colleghi, Enrica Segneri era riuscita nell’impresa di non farsi notare. Ma oggi in un colpo solo ha annullato mesi e mesi di anonimato politico.

Enrica Segneri

Alla fine tutto questo per quale motivo? I 5 stelle ormai sono sempre di meno, e magari i parlamentari dovrebbero cercare di coinvolgere, motivare. E tentare di convincere quei pochi che ancora ci credono, a rimanere. Lei invece ha pensato di escludere dalla chat chi in fondo è schierato con Alessandro Di Battista. Vale a dire uno dei fondatori storici del Movimento, non certo un esponente democristiano della I Repubblica. (Leggi qui Polvere di Cinque Stelle: a Cassino è scontro frontale).

Il risultato è stato quello di avere allontanato degli esponenti che ci credevano e che adesso cercheranno altri interlocutori.

Sbagliato nel metodo, sbagliato nel principio. Tanto per fare un esempio: Claudio Vitalone, potentissimo sottosegretario nella I Repubblica, autorevole magistrato romano, un giorno partì da Mosca dopo avere parlato con Eltsin per catapultarsi subito a Frosinone ed incontrare il movimento giovanile Dc guidato all’epoca da un imberbe Nicola Ottaviani.

Perché in politica si ascoltano tutti. E l’abilità sta nel farsi apprezzare prima ancora che nel convincere. Enrica Segneri non s’è posta né l’uno né l’altro obiettivo: ha bannato. Senza discutere.

Piange il telefono.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA

Ha postato un messaggio di sostegno in favore di Donald Trump su Facebook. Talmente schierato che un banale modello matematico lo ha classificato come notizia falsa ed ha escluso quel post. Francesco Lollobrigida, capogruppo dei Fratelli d’Italia a Montecitorio, s’è adirato, scandalizzato, ha tuonato. (leggi qui Bugie tra Fratelli: Facebook bannò Lollobrigida).

Il problema non è l’algoritmo che ha bannato un messaggio senza che un umano lo verificasse, per ore ed ore. Il problema è che uno nella posizione di Lollobrigida si accorga soltanto adesso che le cose funzionano cosi. Eppure facebook è talmente in uso da essere obsoleto ed i giovani stanno su Tik Tok.

Francesco Lollobrigida

Se non gli avessero cancellato un suo post, il capogruppo del terzo Partito in Italia non si sarebbe mai accorto di una così grave limitazione dei principi democratici nel nostro Paese. E che si consenta ad un algoritmo di bloccare libertà che da noi sono garantite dalla Costituzione, perché prima ne eravamo stati privati.

Colpevolmente in ritardo sui tempi, Lollobrigida dà l’impressione di non conoscere il mondo che lo circonda. E che oggi è già superato.

In ritardo sui tempi.